PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

sabato 3 dicembre 2011

4 - SULL'ARRIVO DI IRENE, SU UN PUGILE CAMPIONE DEL MONDO
E SUL SOGNO

26 ago, 12:27 p.


Negli Stati Uniti tutto è più grande, esagerato: le strade, gli spazi, le auto, la stazza delle persone, le porzioni dei piatti.
Al gigantismo americano non sfuggono, ovviamente, nemmeno i fenomeni atmosferici.

Qui li chiamano subito "storm", i temporali: tempesta.
Perché effettivamente spesso sono subito tali.
Un po' di anni fa fui sorpreso - mentre ero alla guida sulle montagne a nord di New York - da un temporale di dimensioni "americane". Anzi, il  "meglio" del temporale (pardon, della "tempesta") ci aveva - per fortuna - preceduto di poco.

Dunque mi trovai a guidare in strade con alberi caduti, pali della luce divelti, paesini senza corrente elettrica ma con le sirene (tipo guerra, avete presente?) che ululavano sinistre. 
Da italiano non mi feci troppe domande, sperando si trattasse solo di antifurti impazziti.
 Ma sapevo che non poteva essere così. 

Ebbi conferma quando mi trovai a dover far dar la precedenza ad una una specie di enorme "arca di Noè" con le ruote, che andava chissà dove ad alta velocità e a sirene spiegate. 
Mai vista una cosa del genere...


Come mai mi capitò di vedere, un'altra volta, un incendio così vasto come quello che vidi nelle montagne dell'Iowa. Talmente vasto che era stato ritenuto inutile l'intervento dei mezzi aerei. "Domani dovrebbe piovere - ci disse uno sceriffo che fermava tutte le auto che passavano - ma voi, intanto, andatevene da qui".


L'anno scorso, poi - mentre percorrevamo in auto l'autostrada che in California cammina parallela al confine con il Messico - solo quando ci siamo trovati improvvisamente nel bel mezzo abbiamo capito che quello che si intravvedeva da decine di chilometri di distanza non era un temporale.
 Ci sembrava strano, infatti, visto che il cielo era sereno e il sole scottava con i suoi 39 gradi. 

No, non poteva essere un semplice temporale, ci dicemmo quando fummo avvolti da una strana nebbia marroncina.
 
Tempo qualche secondo e vedemmo il camion davanti a noi (manco a dirlo, enorme) sbandare, con il suo rimorchio che si sollevava su un lato da terra per poi andare a sbattere ripetutamente e rumorosamente al suolo.

Ci trovavamo, insomma, nel bel mezzo di una tempesta di sabbia.


Visibilità una decina di metri decisi di comportarmi come se mi trovassi nella nebbia nordica, mentre il silenzio era piombato nell'auto.

Decisi anche di guardare cosa facevano gli altri automobilisti, sicuramente più abituati all'evento.

Per la verità volevo superare quel camion (che continuava a sbandare di qua e di là) ma vedendo che nessuno lo faceva obbedii al categorico "no" che mi dissero le mie compagne di viaggio.

Ora sorrido a ricordarlo, ma poi - quando uscimmo dopo una ventina di minuti da quell'inferno buio e potetti riposare le mani che avevano stritolato il volante - ci siamo confessati che ognuno di noi aveva temuto che fosse giunto "il momento".

Il premio per la fine più originale immaginata, venne assegnato ad Alessandra, che già vedeva l'auto sollevata dal vento (dopo il camion, ovvio), roteare un bel po' nell'aria per  poi schiantarsi oltre confine, in qualche zona desertica del Messico, proprio ad una manciata di chilometri alla nostra sinistra. (Inutile dire che l'infausta previsione prevedeva che i nostri corpi non sarebbero stati più ritrovati...).


Per ora non ci sono notizie certe sulle intenzioni di Irene: i meteorologi sono d'accordo che solo sabato si capirà meglio quale direzione prenderà e quali venti si porterà con sé. 
Per ora si ipotizzano evacuazioni per chi abita sulla costa atlantica newyorkese: pare dunque potrebbero essere ore difficili per le lussuose ville degli Hampton e di Long Island. 

Ma Irene, come una donna capricciosa, potrebbe repentinamente cambiar direzione nella serata di sabato, quando la pioggia dovrebbe tornare su New York, e disperdersi nell'oceano.
Oppure, appunto, venire verso Manhattan.

Permettetemi di fare gli scongiuri più sconci...


Come si può immaginare, per un popolo per il quale l'argomento "tempo e previsioni" è fra i preferiti nelle conversazioni, queste sono ore straordinarie.
 
Da Portobello's, le tv poste in ogni angolo sono accese sempre su Ny1, la più importante televisione locale. I reporter sono già lì, sul lungomare, a scrutare l'orizzonte. Erano tutti euforici, stamane, quando qui ha iniziato a piovere. 

Portobello's è una rosticceria non lontano dalla costruenda Freedom Tower, laddove fino al 2001 c'erano le Torri Gemelle. Il padrone si chiama Antonio, il quale non ho ben capito se fa questo come secondo lavoro o se il suo secondo lavoro è fare il manager di pugili.
Alle pareti del suo locale (si mangia bene, ma sono certo che, a vederlo, un turista italiano non ci metterebbe mai piede...) le foto dei suoi ragazzi. Ma soprattutto gli articoli della stampa americana (ma anche italiana) su chi ce l'ha fatta.
Come Paul "Magic Man" Malignaggi, "siciliano di Brooklyn".

Il suo palmares è esposto: 33 incontri, 29 vittorie, 7 per KO.

Da Portobello's entrano (proprio come nei film...) poliziotti col panzone (altro che il mio!), impiegate magre ed eleganti e operai voracissimi.
 Antonio saluta tutti per nome, e a tutti fa una battuta spiritosa che finisce sempre con una risata collettiva. Sui loro piatti sempre almeno una "slice" di pizza. Anche se, senza offesa, io ho preferito un ottimo pollo.

Lui ("apro io, ogni mattina alle 6") è nato a New York da genitori siciliani. "Che fai, vuoi pagare? Minchia, per chi mi hai preso??", mi dice quando tiro fuori il portafoglio. 

Mi ha portato Lello, da Portobello's.

Nato in provincia di Benevento, Lello - dopo aver fatto visita ad un parente - ha deciso di rimanere qui. E' andato per un po' "avanti e indietro", poi ha fatto il grande passo.

L'anno scorso lo avevo lasciato gestore di un circolo di Brooklyn, frequentato solo da anziani italiani "che stavano lì a giocare tutto il giorno, senza consumare". Ma in un anno la sua vita è cambiata: con il secondo matrimiono ha conquistato, infatti, la Green Card. Non solo: ha pure trovato un lavoro da dipendente.

E' assunto regolarmente come responsabile dell'ingresso di un edificio sede di un sindacato con 150 fra dipendenti e dirigenti. "Mi annoio un po': devo stare all'ingresso a controllare che tutto sia a posto: i documenti dei visitatori, gli ascensori, le luci, le uscite di emergenza. Ma l'anno prossimo voglio fare l'esame per diventare responsabile di tutto il building", aggiunge, raccontandomi che la cosa più divertente del suo lavoro è il momento delle esercitazioni per evacuare l'edificio. 
Che lui decide "a sorpresa", ogni sei mesi, schiacciando il tasto dell'allarme generale. 
Esercitazioni obbligatorie per legge e che si svolgono alla presenza di alcuni Vigili del Fuoco.


Non si vergogna di parlar di soldi e stipendio, come tutti gli americani, Lello.

Guadagna 650 dollari netti la settimana (450 €uro), 1800 €uro al mese, già decurtari dei 45 dollari settimanali che versa per l'assicurazione sanitaria, la sua quota di contributi pensionistici e l'adesione al sindacato; dei 10 dollari per un'altra assicurazione; e dei 25 dollari di contributo per la "pensione sociale". 
"Ma lavora anche mia moglie", mi racconta.

"Arrotonda" lo stipendio facendo ogni sabato notte il responsabile della sicurezza all'ingresso di in una discoteca. Per 120 dollari a volta fa attenzione che tutto, almeno nell'area di sua responsabilità, fili liscio: filtra gli ingressi, lascia fuori potenziali attaccabrighe che, dice, riconosce ormai al volo.

Poi chiama i taxi quando i clienti glielo chiedono, oppure li accompagna personalmente all'auto. E qui scattano le mance: "Una media di 200-250 dollari (138-173 €uro) a settimana solo di mance", che si aggiungono così ai 120 (83 €uro) di cui sopra.


Non so, invece quanto guadagni il sorvegliante di un garage che mi ha chiesto se avevo bisogno di aiuto, vedendomi questo pomeriggio consultare con aria perplessa la cartina di Manhattan: so però quasi tutto della sua vita, che lui mi ha raccontato in meno di un minuto. Viene da Haiti, è negli Usa da dieci anni, è sposato con una figlia.
"Siete italiano? Allora parlo francese. Lo sapete tutti il francese in Italia, no?" E in quel momento ho subito immaginato mademoiselle Pagano - la mia prof del liceo - sganasciarsi dalle risate nell'aldilà.

Gli chiedo come sta qui: "E' una lotta fra topi; ma sono riuscito a mandare all'università mia figlia - mi dice tutto orgoglioso - e questo mi basta".


Certo, raccontata così sembra (quasi) perfetta New York e l'America.
E so che non è assolutamente così.

Però come appare davvero magica New York se la si osserva dal "roof top garden" di un grattacielo della 5a strada.

Ingresso gratuito, consumazione obbligatoria se ci si siede, per due aperitivi alcoolici e una coca cola ci è arrivato un conto di 35 dollari.
 Direi che 24 €uro valevano ben questo spettacolo, che si poteva godere senza limiti di tempo.
Da questo 30° piano, New York sembra facile. 
Il sogno, qui, appare maledettamente a portata di mano.


 

1 commento:

  1. Commenti
    #5 16:53, 26 agosto, 2011
    Sì, sono stato qui!
    E' ad un passo dal Flatiron...

    dario.celli

    #4 15:57, 26 agosto, 2011
    dario sei stao lì su? davvero?

    utente anonimo (IP: ae8a7386abf3cb7)

    #3 15:30, 26 agosto, 2011
    'A Marioo: effai 'sto biglietto!
    E dopo la Giordania, anche tu, dai!

    dario.celli

    #2 13:22, 26 agosto, 2011
    UN BACIO VELATO DALLA GIORDANIA!
    utente anonimo (IP: c6a83e18b45263e)

    #1 11:40, 26 agosto, 2011
    Portobello's fantastico.... Dario mi stai facendo venire una voglia di tornare a New York che tu neanche immagini...oggi poi hai parlato del mio carissimo amico Lello grazie al quale proprio li a New York ho passato una delle mie più belle vacanze quasi quasi faccio il biglietto.....
    utente anonimo (IP: cdbd53da595d149)

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