PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

martedì 25 settembre 2018

Green card Lottery 2020, ci siamo quasi!

Cari amici, ci siamo anche quest'anno!

Fra qualche giorno - precisamente da mercoledì 3 ottobre a partire dalle 12 ora di New York (le 18 in Italia) - verranno  riaperti i termini per presentare la domanda di partecipazione all'annuale Lotteria Green Card, la DV-2020.


Quest'anno, una Lottery più che mai certa, visto che nel frattempo sono falliti tutti i tentativi di coloro che (presidente Trump in testa) intendevano chiuderla o riformarla.
Negli scorsi mesi, infatti, gli stessi repubblicani presenti nel Parlamento americano hanno negato per ben cinque volte l'appoggio necessario all'approvazione del progetto Trump di abrogare o modificare la Green Card Lottery.

L'ultima volta (a giugno) i repubblicani "dissidenti" sono stati ben 112, e alla Camera dei Rappresentanti la votazione di appoggio alla riforma presentata dai colleghi di partito ligi alla linea Trump, è stata bocciata con 301 contro 102.

La lotteria che ogni anno mette in palio 50.000 Green Card - il permesso di residenza e lavoro per gli stranieri negli Stati Uniti - è dunque salva.

Allora scaldate i motori, preparate gli amuleti o date via alle novene, ricordando sempre che il modulo da compilare per la partecipazione alla lotteria è presente nel sito ufficiale della Lottery  (questo) che sarà in funzione però solo a partire, appunto, da mezzogiorno - ora Usa orientale - di mercoledì 3 ottobre e fino a mezzogiorno di martedì 6 novembre.
Ricordo che la partecipazione alla Lotteria Green Card è gratuita, ma solo attraverso il sito ufficiale del governo americano che, appunto, è .GOV.
Attenzione, dunque, a non abboccare ai numerosi siti commerciali presenti sul web che chiedono un inutile contributo per la partecipazione e la compilazione del modulo.

Ci vediamo il 3 ottobre, dunque!


© dario celli. Tutti i diritti sono riservati 







domenica 16 settembre 2018

Marocco: Solidarietà internazionale


Marocco: عرب عرب صعب زيز (Moulay Brahim-Errachidia) 
Cooperativa femminile di coltivazione, produzione e confezionamento di datteri
 finanziata dal Popolo Americano

domenica 8 luglio 2018

Sembra ieri...

Era il 1991 e questa era una pagina pubblicitaria di Radio Shack, famosa catena americana che ancora oggi vende gadget e novità elettroniche.
Oggi, tutto quello che viene pubblicizzato (totale costo $4084,12 se non ho sbagliato i calcoli, ed erano pure prezzi in saldo, con sconti che in quei tre giorni speciali andavano dal 30% al 50%!) è contenuto in un unico smartphone:
- Stereo portatile
- Radio sveglia
- Cuffiette stereo
- Calcolatrice portatile
- Computer
- Cellulare (pesantissimo, da spalla!)
- CD Player (oggi non è nel cellulare, ma serviva
  comunque per ascoltare musica)
- Radar Detector (con apposita APP)
- Scanner da tavolo
- CB radio (con apposita APP)
- Segreteria telefonica
- Telecamera
- Altoparlanti
- Telefono da casa con 20 numeri memorizzabili
- Registratore vocale.

venerdì 20 aprile 2018

Il salto nel buio



"Ho immaginato tante volte momenti come questo, giorni come questo.
Ho pensato a come sarebbe stato guardarmi indietro e fare un bilancio dei miei primi anni a New York. Ho desiderato vedere la me stessa del prossimo futuro, con una manciata di nuove esperienze sotto il braccio e qualche sogno realizzato.

Tre anni oggi sono atterrata al JFK con un bustone giallo nello zaino che conteneva i miei documenti d’immigrazione, grazie alla vincita della Green Card alla Lotteria.

Tre anni oggi mi sono seduta in una saletta appartata dell’aeroporto aspettando il mio turno per il famoso timbro sul passaporto.

Tre anni oggi, un taxi mi ha lasciata davanti a una casa di Brooklyn, in una zona dove non ero mai stata prima, insieme alle mie due valigie, ad aspettare qualcuno che non ero nemmeno sicura arrivasse.

Quel 19 aprile 2015 è stato il più grosso salto nel buio che io abbia mai fatto. Ma, come molti avevano anticipato, il difficile non è partire, è RESTARE.

Il difficile è resistere quando non hai ancora un lavoro, non conosci nessuno, non hai alcun tipo di routine e tutto ciò che ti è familiare vive a 6.500 chilometri di distanza.

Il difficile è abituarti a pensare in un'altra lingua.

È capire le sfumature di una cultura diversa.

È imparare da zero cose che davi per acquisite e arrendersi al fatto che non potrai mai capire certi nuovi meccanismi.

Dopo tre anni, mi sono lasciata alle spalle un bel po' del 'bagaglio' che avevo portato dall'Italia.
Ho abbandonato la negatività, il pessimismo e l'atteggiamento del 'tanto non cambia niente'.

So da dove nasce e che è ampiamente giustificato dai fatti ma, oltre un certo limite, diventa una profezia che si auto-avvera. 

Qui dicono 'Fake it til you make it', 'Comportati sempre come se fossi certo che ce la farai': il cambiamento inizia dal nostro atteggiamento verso le cose, inizia dal modo in cui pensiamo e ci rapportiamo al problema, inizia dal modo in cui lo affrontiamo 'nel nostro piccolo'.


Ho smesso di criticare quel che non va dell'Italia perché era uno spreco di energie: non ne è mai nata una discussione costruttiva. Il dibattito si polarizza, le critiche non vengono recepite e diventa una mera battaglia di retorica e piccolezze.
Ho spento il neurone del pettegolezzo.


'If you don't have anything positive to say, SHUT UP', dicono qui: 'Se non hai niente di positivo da dire, STAI ZITTO'. E qui, onestamente, ogni giorno ho appena il tempo di occuparmi di un quarto delle cose che m'interessano e mi appassionano: le vite degli altri non sono tra le mie priorità.

In questo viaggio, essere da soli ha sia vantaggi che svantaggi.
All'inizio, in particolare, pesa non poter condividere gran parte delle esperienze. Perché chi 'resta' non può capire, e chi 'ci è passato' molto spesso ha fatto un percorso talmente diverso che il confronto è complicato.

Ma, stringendo i denti abbastanza a lungo, mi ci sono abituata alla solitudine.
Con un po' di creatività e di positività, l'ho fatta diventare un punto di forza, una condizione intorno alla quale mi si è aperto un ventaglio infinito di possibilità.

Ho smesso di avere paura della solitudine, ed è stata una delle più grosse conquiste a cui questo viaggio mi abbia portato: non c'è senso di libertà più grande di quel che si percepisce quando si superano le proprie paure.

Sono libera di andare una settimana a camminare nel deserto.
O nei boschi.
Libera di salire su un aereo e andare verso un altro Continente.
O di scegliere un autobus a caso e vedere dove mi porta.
Libera di muovermi o di restare ferma.
Libera di avere la mia routine o di cambiare continuamente.
Libera di essere chiunque io scelga di essere.

Parte di queste libertà è anche dovuta al fatto che ho scelto di chiamare casa New York City.

Una città dove tutto diventa possibile.
Dove i sogni si tirano fuori dal cassetto e diventano piani da realizzare.
Dove il tempo va più in fretta.
Dove non passa giorno senza che impari qualcosa di nuovo.
Dove i parametri di normalità sono così diversi che ci si abitua a essere considerati matti.
Dove tutti corrono ma, se qualcuno cade, si fermano ad aiutarlo almeno in tre.

Tre anni, due lavori e mezzo, due appartamenti e un moroso dopo, cerco di non dimenticarmi di ringraziare il destino che mi ha offerto questa nuova vita.
Ma cerco anche di ricordare che la fortuna aiuta gli audaci.

E il mio motto è ancora 'Memento audere semper'.
'Ricorda di osare sempre'".

(Alessandra Perotti)

martedì 17 aprile 2018

Il pugno del bandito Vargas

Da ragazzo pensavo, davvero, che tutto fosse "politica". 

Deve aver pensato la stessa cosa il pugile americano Rod Salka, nato 35 anni fa a Bunola, Pensylvania.
Alto 1,70, da quando è professionista ha gareggiato nelle divisioni "Pesi leggeri", "Superpiuma", "Superleggeri".

Uno scricciolo, insomma, ma in grado di mollare pugni micidiali. Prova ne sia il suo "palmarès": su 29 incontri effettuati, finora ne aveva vinti 24, con sole cinque sconfitte, quattro per ko e una "ai punti". 

Nell'ultimo, svoltosi tre giorni fa, il suo avversario era il pugile messicano Francisco Vargas (anzi, Francisco Javer Vargas Pelaez), 34 anni, nato a Mexico City, nome di battaglia "El Bandido"

Quasi un simbolo, per il Messico, visto che Vargas ha rappresentato il Paese americano alle Olimpiadi del 2008 nella categoria "superleggeri" ed è stato campione mondiale dei pesi "superpiuma" tra il 2015 e il 2017.







"El bandito  è conosciuto dagli appassionati della boxe del Continente americano per essere talvolta spietato, grazie ai suoi pugni: come accadde lo scorso dicembre quando, a Las Vegas, il suo destro quasi staccò un orecchio all'avversario inglese Stephen Smith.

L'incontro con Rod Salka questa volta è stato organizzato al "Fantasy Springs Resort Casino" di Indio, California. 




Ora, dovete sapere che Indio è una cittadina americana di nemmeno 90mila abitanti della contea di Riverside, distante 86 miglia, 138 chilometri, da MexicaliMessico

Tra l'altro dei suoi 90 mila abitanti, più di 51 mila (dunque il 68%) sono "latini", di origine ispanica. 

Che questo incontro di boxe, dunque, potesse assumere altri significati e richiamare temi più "caldi" - più d'attualità, più "politici", diciamo - era facile da intuire.

La tensione (per fortuna tutta sportiva) era altissima: giocando sul suo soprannome - "El bandido", appunto - Francisco Vargas, si è presentato ai fotografi bardato sobriamente così.

Ok, va bene: si trattava di colorita pre-tattica, spesso protagonista nella boxe per vanità o per innervosire l'avversario.   
Ma...

Ma quando "El bandido", salito sul ring, ha visto Rod Salka si è capito immediatamente che quell'incontro di pugilato sarebbe stato differente.

Il suo avversario americano, infatti, oltre alla croce cristiana tatuata sulla schiena - e fin qui nulla di particolarmente strano - l'altra sera indossava un paio di pantaloncini sui quali era disegnato un muro.


Un muro di mattoni blu e rossi, come i colori della bandiera Usa.
 
E per chiarire che non si trattava affatto di un casuale disegno soltanto "somigliante" ad un muro, sulla cintura dei suoi boxer campeggiava a grandi caratteri la scritta "America 1st", "Prima l'America"






Esatto: proprio lo slogan che ha portato alla Presidenza Usa Donald Trump (seppur non con la maggioranza dei voti dei cittadini americani, com'è noto), da Trump utilizzato in chiave "anti immigrazione". 
In particolare messicana.

Il pugile americano Rod Salka è infatti un convinto Repubblicano: nell'aprile del 2016 ha persino tentato la strada politica presentandosi alle elezioni per il partito Repubblicano nel 38° distretto della Pennsylvania. 

Eccolo qui, uno dei suoi manifesti elettorali:



Elezioni dalle quali, però, ne è uscito con le ossa rotte.
I suoi 11.130 voti non sono infatti bastati per sconfiggere l'avversario democratico di quel collegio, William Kortz II, che invece ha raccolto 21.271 preferenze, pari al 65,65% dei votanti.

E non è finito in modo diverso nemmeno quest'altro match, questa volta di boxe.
Per tutte le sei riprese, infatti, "Bandido" Vargas non ha mai perso di vista l'avversario: non solo centrando il "bersaglio grosso", il torace - più volte colpito - ma anche il volto e soprattutto la cintura.

Proprio dove si leggeva lo slogan "American 1st"...




Fino al 5° round.

In quei minuti "El bandido" alternava micidiali colpi al volto ad altri alla cintura. 
O meglio, sulle parole tanto care a Donald Trump.  

Dopo due fortissimi colpi alla scritta, negli ultimi istanti dell'incontro è arrivato un "uno-due" al volto: un uppercut, seguito da un fulmineo gancio al viso.

Che hanno fatto vacillare indietro il pugile americano.
Con l'occhio sinistro tumefatto, Rod Salka si è a questo punto appoggiato con la schiena alle corde, mentre un braccio cercava appoggio per non crollare a terra.
Mentre si inginocchiava sul ring suonava il gong, con lui che, sfinito, si rifugiava al proprio angolo.

Ma...

"No mas!", ha urlato il telecronista messicano, nello stesso istante in cui allenatore e secondi del pugile americano allargavano le braccia urlando, appunto, "basta!".

E' finita...

Il "Fantasy Springs Resort Casino" di Indio, California  - affollato da decine di migliaia di persone in stragrande maggioranza americani di origini messicane o messicani - è esploso in un boato di urla, applausi, abbracci.

Con migliaia di persone che poi hanno brindato per tutta la notte alla vittoria de "El Bandido".

Perché, è ovvio, spesso gli incontri sportivi non sono soltanto ciò che semplicemente sembrano.
Soprattutto se, ad un incontro di boxe contro un avversario messicano, un pugile americano - proprio a pochi chilometri dalla linea di confine - si presenta con i pantaloncini sui quali è disegnato il muro di Donald Trump.

Ancora lontano, peraltro, dall'essere costruito.
(Sempre se - detto fra noi - lo sarà mai...).




© dario celli. Tutti i diritti sono riservati 

sabato 7 aprile 2018

"Se tanta gente di poco conto, in luoghi di poco conto, facesse cose di poco conto, la faccia del mondo cambierebbe"

Quando ero ragazzo - più o meno quindicenne - su un tavolo della sede di un gruppo di Torino, in Corso San Maurizio, mentre confezionavamo dei polli che avevamo acquistato all'ingrosso e che avremmo venduto a basso prezzo (in mercatini illegali...) lessi una frase scritta a pennarello che da allora mi è rimasta impressa nella mente:
"Se tanta gente di poco conto, in luoghi di poco conto, facesse cose di poco conto, la faccia del mondo cambierebbe".
E' una frase che, da allora, mi ha guidato per tutta la vita.

Ho pensato a questo, oggi, quando ho letto la storia di una maestra di Riccione, Elena Cecchini. 

La maestra Elena, nella sua classe, ha un bambino di nove anni che soffre di crisi epilettiche: e allora ha deciso di spiegare in un dettato - in termini semplici, adatti ad alunni di una scuola elementare - cosa sia l'epilessia e cosa loro devono fare, in attesa che arrivino i soccorsi degli adulti, nel caso il loro compagno abbia una crisi mentre è in classe.
Spiegando, appunto, come devono comportarsi, la maestra ha affidato ad ognuno dei suoi scolari un compito semplice e preciso:

Giulia e Davide, per esempio, devono immediatamente spostare i banchi per far spazio;
Angelo e Michele devono aiutare il loro compagno a sdraiarsi per terra cercando di tranquillizzarlo;
Ahmad e Lucia hanno il compito di prendere il cuscino;
Enrico e Beatrice devono invece correre ad avvisare i bidelli;
mentre Andrea e Francesca devono andare di corsa a prendere la medicina che è nell'armadietto e darla subito al primo adulto che arriva.

La maestra Elena ha fissato anche dei turni "a rotazione", cosicché in un mese tutti i bambini della sua classe siano coinvolti e sappiano affrontare - psicologicamente e praticamente - questo tipo di emergenza senza aver paura e senza "girarsi dall'altra parte".
E anche perché tutti loro siano eventualmente pronti ad affrontare emotivamente un evento simile, quando questo dovesse riguardare, per strada, una persona sconosciuta, bambino o adulto che sia.

Ecco, io penso che ad una maestra di questo tipo (so solo che lei si chiama, appunto, Elena Cecchini e che insegna in una scuola elementare di Riccione) dovrebbe essere data una medaglia: perché ha fatto capire in modo semplice e pratico ai suoi piccoli che, davvero, "se tanta gente di poco conto, in luoghi di poco conto, facesse cose di poco conto, la faccia del mondo cambierebbe".

Sul muro esterno di una sgangheratissima scuola elementare in Sierra Leone, il Paese più povero del mondo (scuola che era senza vetri alle finestre, senza luce elettrica e acqua corrente, i cui tetto e muri erano miracolosamente rimasti su dopo la decennale e cruenta guerra civile cui anche i bambini furono costretti a partecipare combattendo e amputando braccia a colpi di machete, o uccidendo), un giorno lessi quest'altra frase scritta a vernice e a grandi caratteri: "Gli insegnanti costruiscono il futuro della Nazione".

In silenzio mi inchino di fronte alla maestra Elena Cecchini di Riccione e a tutti i nostri insegnanti che ogni giorno hanno il difficile, difficilissimo, compito di far crescere i nostri bambini insegnando loro anche l'amore per il prossimo. 
Mi raccomando: se qualcuno fra voi eventualmente la conosce, la abbracci da parte mia e le porga i miei più sinceri e commossi complimenti. 

Ecco: quando sento storie di questo tipo divento più ottimista, e penso che l'Italia e il mondo non sono, forse, del tutto perduti...


© dario celli. Tutti i diritti sono riservati 

lunedì 12 marzo 2018

Italia: pubblicità progresso...


Sicuri sicuri che nella nave non ci sia nemmeno un macchinista, un cuoco, un aiuto cuoco, uno sguattero non italiano?
Nemmeno un meridionale?

(Che schifo, questa pubblicità...).





martedì 6 marzo 2018

Sentire per la prima volta...

Lo so, il dibattito fra le persone sorde sull'impianto cocleare è serrato. 
C'è chi, all'interno della comunità delle persone sorde, non è infatti d'accordo al suo utilizzo e preferisce rivendicare con orgoglio la propria situazione.

Ma vedere la reazione, la commozione, di una persona sorda quando per la prima volta SENTE il suono di una parola, è emozionante.

(Soprattutto tenendo conto di ciò che questa ragazza ha poi sentito dal suo fidanzato... ;-) ).



sabato 24 febbraio 2018

Elezioni politiche: il caso della lista fantasma in America


Uno spettro si aggira per l’America: lo spettro dell’annullamento delle elezioni politiche italiane in quel collegio.

Non si ha idea, almeno al momento, come il Ministero degli Interni riuscirà a districare questa matassa, ma quel che è certo è che si tratta di una situazione assai complicata dai risultati poco prevedibili.

Il pasticcio è nato quando gli italiani iscritti all’Aire residenti nella “Circoscrizione Centro e Nord America” (trecentomila italiani che eleggono nel Parlamento italiano due deputati e un senatore) hanno ricevuto a casa la loro scheda elettorale.

Su questa, erano stampati i simboli dei partiti “italiani” che tutti conosciamo e quelli tradizionalmente specifici che si occupano degli italiani all’estero.

Tranne uno nuovo, che ha attirato immediatamente l’attenzione di tutti i connazionali negli Usa, in Canada e nei Paesi dell’America Centrale, e il cui nome, più che altro, sembrava uno slogan: “Free Flights to Italy”, “Voli gratis per l’Italia”.
Qualcuno è sobbalzato sulla sedia, mentre qualcun altro ha sorriso pensando che sarebbe proprio un sogno una sorta di finanziamento da parte dell’Italia per far tornare "a casa",  periodicamente, i suoi emigranti.

Gli italiani all’estero, rispetto a chi risiede nella Penisola,  hanno un vantaggio: la maggior parte di loro segue la politica italiana con un certo distacco, condito talvolta da una velata nostalgia, talvolta da un po’ di comprensibile risentimento.
Sta di fatto che tutti (in particolare coloro che da anni animano i circoli e le sezioni dei partiti italiani negli Usa e in Canada) si sono guardati in faccia chiedendosi a vicenda chi diavolo fossero “quelli” del “Free Flight to Italy” Party…
Fra le prime a farsi un po’ di domande è stata Selvaggia Lucarelli, direttore del sito “Rolling Stone” che ha dedicato a questa nuova (e strana) lista un articolo dal titolo “L’inquietante storia di un candidato fantasma”.
“Sulla scheda elettorale arrivata agli italiani residenti all’estero appare un simbolo misterioso ‘Free flights to Italy’ di Giuseppe Macario. 
Indagando su chi sia il candidato, ci si imbatte in una sorta di surreale spy story tra titoli di studio inventati, accuse di diffamazioni via web, persone impaurite e società fantasma a Panama”.
A Selvaggia Lucarelli è bastata qualche telefonata per farle  capire - fra risposte imbarazzate e il classico (italianissimo…) “scarica barile” - che dietro a questa misteriosa formazione politica dal nome così bizzarro c’è qualcosa di poco chiaro. 
Il ministero degli Esteri, interpellato, ha infatti scaricato la questione sul ministero degli Interni, dove però è stato fatto notare che la presentazione di una lista per gli italiani all'estero è di competenza della Corte d'Appello di Roma.
Dove, in effetti, lo scorso 28 gennaio liste e simboli sono stati depositati.

Anche quello della misteriosa "Free flights to Italy". 
Immaginiamo dai suoi esponenti: e cioè "Macario Giuseppe (detto Joe)", 36 anni, e "Borrelli Bettina Anna Maria", la di lui 71enne madre (o zia, o cugina: non è ancora chiaro...).
Il loro partito, o meglio la loro "organizzazione" (visto che affermano di essere una Ong) dichiara che avrebbe come scopo - si legge nella presentazione che compariva sul web e che hanno inviato a "La Voce di New York", autorevole giornale on line Usa - quello di "aiutare i figli di cittadini italiani nati in America del Nord, Canada e America Centrale che desiderano ottenere la cittadinanza italiana tramite lo 'ius sanguinis'; e quello di elargire "borse di studio a cittadini italiani in America così che possano andare a studiare in Italia"
Offrendo fra i vari servizi, "il rimborso dei biglietti aerei per gli italiani residenti all'estero".
Rimborsi, si assicura nelle pagine del sito, arrivati nientemeno a quota 26mila.
O meglio, "si assicurava".
Già, perché quando la vicenda ha iniziato a venire alla luce - con troppe domande che rimanevano senza risposta - il sito ha repentinamente chiuso i battenti.
Resta su "You Tube", invece, un breve comizio presumibilmente di Giuseppe Macario (rigorosamente invisibile, con la voce "fuori campo") inserito in rete lo scorso 25 gennaio, con il sottofondo di "Con te partirò" celebre brano di Andrea Bocelli, presumibilmente senza il suo permesso o il regolare pagamento dei diritti d'autore.
Cliccate al centro del simbolo, se volete ascoltarlo.


Negli scorsi giorni, "La Voce di New York" ha pubblicato le dichiarazioni di tutte le liste italiane che partecipano alla competizione elettorale nella "Circoscrizione Centro e Nord America".

E dalla lista "Free Flights to Italy" ha ricevuto la dichiarazione riportata fra virgolette poco sopra.
Successivamente, chi ha cercato di approfondire la questione (capendo innanzitutto la storia del leader del partito, Joe Macario) si è perso in un labirinto di attestati a suo nome (non si sa quanto autentici...), di titoli accademici altisonanti, di suoi libri che sarebbero stati pubblicati negli Usa e conservati nientepopodimeno che alla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d'America di Washington DC, di sedicenti uffici di rappresentanza a Panama, Los Angeles, San Francisco, New York e Winnipeg (Canada), di sue docenze (smentite) in Università americane, e di dottorati di ricerca conseguiti, tra gli altri, nella prestigiosa Princeton University...

Si arriva, infine, a leggere che il leader della lista dichiarava di aver partecipato anche alla scrittura di sceneggiature per produzioni televisive e pubblicitarie: come per lo spot di Calzedonia, che ha come protagonista Julia Roberts.

Non solo: ci sono connazionali negli Usa che hanno segnalato anche altre (sedicenti) attività sue o dell'organizzazione "Free flights to Italy": come l'acquisto di prodotti alimentari italiani difficilmente reperibili negli Usa e la  loro spedizione gratuita.
Solo che quando queste cercavano di avere informazioni maggiori, scrivendo alla mail di un misterioso "giuseppe81" non ricevevano risposta alcuna.
Inutile cercar soccorso nel suo profilo Facebook. Quest'ultimo, infatti, conteneva foto di altre persone: un noto fotografo americano e quella - pensate un po’ - di un pornodivo.
Pagina fb peraltro cancellata nelle scorse ore. 

Così come il candidato Giuseppe Macario risulta irraggiungibile al suo numero di cellulare.

Un mistero, insomma. 

Come misteriosa appare la trafila burocratica che ha consentito la presentazione della lista a Roma. 

Dalla scheda compilata al Ministero dell’Interno risulta che la sede del movimento “Free flights to Italy” sia a Fiano Romano (centro non lontano dalla Capitale) anche se alla via e al numero civico registrato - una semplice palazzina di due piani con finestre ben protette da tapparelle chiuse - non compare alcuna targa o insegna della formazione politica.

In effetti lì risulterebbe essere residente Giuseppe “Joe” Macario, il candidato: anche se a “La Voce di New York” lui stesso aveva dichiarato di risiedere e operare negli Usa ormai da cinque anni. 

Non solo.

In questa vicenda pare non si possa nemmeno fare affidamento sulla “dichiarazione di trasparenza” che accompagna la presentazione della lista elettorale: questa, infatti, risulta sì autenticata da un notaio (con tanto di firma e timbro) ma lo stesso - quando è venuto a conoscenza della vicenda - ha dichiarato di non averla mai apposta.

Interrogato da “La Voce di New York”, il Ministero dell'Interno ha precisato che la normativa che regola la presentazione delle liste elettorali non è di sua competenza bensì della Corte d’Appello di Roma. 
In effetti simboli e firme devono essere presentate presso la relativa Cancelleria, con l'intera documentazione che successivamente verrà esaminata dall'Ufficio Centrale per la Circoscrizione Estero

Firme che la legge prevede, in questo caso, siano ben cinquecento.  
Ma c'è chi mette in dubbio che esistano davvero 500 persone che hanno sottoscritto i moduli di presentazione della misteriosa, e fino ad allora inesistente, lista di Fiano Romano.

E mercoledì 28 febbraio la Procura della Repubblica di Roma ha aperto una indagine giudiziaria dopo la denuncia presentata dal notaio romano Luigi d'Alessandro in merito alla propria firma e al timbro, atti da lui ritenuti apocrifi.
Altro argomento di indagine, riguarderebbe l'effettiva esistenza delle 500 firme autenticate.

Così come ha presentato un esposto una delle liste che si è presentata (il MAIE) con uno dei suoi candidati, Leonardo Metalli, che si è costituito "parte civile".

Come se tutto ciò non bastasse, in questa oscura vicenda entrano sorprendentemente anche numerose denunce giudiziarie per “cyberstalking”: in rete esiste infatti un sito -  giuseppemacario.info (cliccare sul nome) - aperto da chi (giovani donne di svariate nazioni, ma non solo) afferma di essere state sue vittime.
Sito aperto proprio con lo scopo di smascherare questa persona, si legge in quelle righe, che nel corso della sua vita avrebbe utilizzato anche un'altra identità e aperto vari siti "civetta".


Ad oggi la vicenda non appare ancora conclusa.

Il problema è che, in questi giorni, migliaia di italiani residenti negli Stati Uniti, in Canada e in America Centrale hanno regolarmente votato e spedito loro schede elettorali, o lo stanno per fare.Qualcuno, chissà, votando magari anche per la lista “Free flights to Italy”, abbagliato dal sogno di venire ogni tanto in Italia a spese dei contribuenti italiani.

Ma non pochi elettori del Nord e Centro America si chiedono ora se, alla luce di tutto questo, la competizione non rischi di essere invalidata, almeno in quel collegio elettorale.
Anche alla luce di un esposto presentato alla Procura della Repubblica di Roma da uno dei candidati italiani nel Collegio "Nord e Centro America", che si è costituito "parte civile".

Chissà cosa penserebbe di tutto questo Mirko Tremaglia, storico esponente del Movimento Sociale Italiano ed ex ministro "Per gli italiani nel mondo" nel primo Governo Berlusconi, che spese una vita affinché l'Italia si dotasse di una legge che permettesse il voto degli italiani all'estero.
Legge, infatti, che porta il suo nome, e che è stata approvata dal Parlamento dieci anni prima della sua morte.

In verità fra critiche e perplessità, visto che sul voto estero non è possibile alcun controllo: né sulla segretezza del voto dei singoli né, tantomeno, sul fatto che le schede (spedite al domicilio delle famiglie residenti, una per ogni componente maggiorenne) siano poi compilate effettivamente ognuna dai singoli elettori in possesso, anche, della cittadinanza italiana.

Un pasticcio nel pasticcio, dunque.


© dario celli. Tutti i diritti sono riservati