PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

lunedì 19 marzo 2012

L'America incredibile (1): niente obbligo di presentazione documenti per chi vota

"Ma l'America sarà sempre lì a sconvolgere le nostre certezze e a metterci in crisi"...

Ho scritto questa mia frase già un paio di volte, in queste pagine: e ho deciso che la ripeterò ogni qualvolta mi troverò ad occuparmi di qualcosa che, appunto, sconvolge le nostre certezze ("noi" nel senso di noi italiani, e italiani più o meno vagamente interessati alla politica e alle cose che succedono nel mondo, e più o meno vagamente di sinistra)...
La notizia che mi ha fatto sbarrare gli occhi è la seguente: lo Stato del Texas aveva varato UNA LEGGE CHE IMPONEVA L'IDENTIFICAZIONE DEGLI ELETTORI AL MOMENTO DEL VOTO.
Ovviamente mi aveva principalmente sbalordito il fatto che fino ad allora quella norma non fosse prevista. 
Avete letto bene.
Già perché l'identificazione per i cittadini che si recano a votare non è né prevista, né obbligatoria nella stragrande maggioranza degli Stati Usa.
Il Texas aveva deciso di legiferare obbligando l'identificazione dei votanti: la legge introdotta dal Governatore Rick Perry (già candidato repubblicano per le presidenziali) stabiliva che in caso di elezioni, gli elettori dello Stato si sarebbero dovuti presentare ai seggi elettorali muniti di uno dei sette documenti ufficiali muniti di foto: patente, passaporto, porto d'armi ecc.  

Preparatevi a sgranare anche voi gli occhi, ora.

Il Dipartimento di Giustizia americano (il ministero centrale, quello del Governo di Barak H. Obama) ha però bloccato la legge.
Secondo il dipartimento di Giustizia Usa, la nuova legge sull'obbligo di identificazione dei votanti penalizzerebbe gli americani di origine ispanica, negando in sostanza il loro diritto di voto.

Ed ecco perché: "Gli ispanici mancano in modo sproporzionato sia di patente di guida, sia di documenti di identità - ha dichiarato Thomas Perez, sezione per i Diritti Civili del Dipartimento di Giustizia -. "In Texas fra le 800 mila persone sprovviste di un documento di identificazione, il 38% è di origine latina".

Dunque, via la legge.
Incredibile, eh?

Sono (anzi, erano) otto gli Stati americani che in questi mesi avevano varato una legge statale sulla identificazione dei votanti. A dicembre era stata fermata quella della Sud Carolina, una settimana fa quella del Winsconsin, lunedì scorso quella del Texas...
Nella cartina qui sotto, gli Stati americani o che per legge NON prevedono il possesso di un documento di identità per votare (in azzurro) o che NON HANNO ALCUNA LEGGE IN MERITO (in grigio).
Negli Stati disegnati in giallo è permesso votare presentando qualunque tessera con foto, anche se non si tratta di documento ufficiale.

In sostanza, solo negli Stati disegnati in verde è in vigore una legge che obbliga gli elettori a presentare al seggio un ufficiale documento di riconoscimento.
Era, anzi: eliminati Texas, Sud Carolina e Wisconsin ormai ne restano cinque.
Per ora...

© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

domenica 18 marzo 2012

New York di sotto (e di sopra...)


Che l'America sia piena di matti, lo avrete capito; sia se ci siete stati, sia se vi siete limitati a leggere qualcosa, o anche solo queste pagine.
E' che ho l'impressione che in America i matti sono decisamente differenti dai "nostri".

Steve Duncan, per esempio.
Si definisce, anzi è, "storico ed esploratore urbano".
E' un giovane di 33 anni e il suo motto è tutto un programma: "Guerrilla History & Urban Exploration".

Non sappiamo quando sia nata la sua ossessione su "cosa c'è sotto": certamente prima di arrivare nel '96 alla Columbia University. Qui ha iniziato a visitare i sotterranei dell'antica università di New York nata nel 1754 per volere di Re Giorgio II d'Inghilterra, e i cui locali attuali del Campus nel 1800 erano un manicomio.

Non ho mai avuto il piacere di incontrarlo personalmente (attualmente abita in California, a Los Angeles, dove studia Storia Urbana e Beni Culturali), ma so che la sua curiosità lo ha portato a fare questo, come vedrete anche nel filmato, e a scoprire cose incredibili...
D'altronde lui vuole portare allo scoperto quello che c'è sotto.
Quello che è rimasto sotto.
Ma anche cosa si vede da sopra.

Vabbè, non posso anticiparvi tutto!
Steve vi porterà dove praticamente nessun newyorkese d'oggi è mai stato. E lo farà senza che lui abbia chiesto alcuna autorizzazione.
Il documento è stato girato con una normale macchina fotografica digitale (una Canon 5D) dal filmaker regista e documentarista Andy Wonder, altro pazzo che si è fatto tirare dentro a questo viaggio per esplorare ciò che c'è sotto (e sopra) New York.

Eccoli qui insieme, ospiti del "Today Show" di Willy Geist, alla MSNBC.

Il filmato dura 28 minuti. Ci vuole un po' a caricarlo ma, vi garantisco, ne vale il tempo d'attesa. E anche il fatto che lui racconti tutto in inglese non deve spaventare chi non conosce o conosce poco la lingua.
Bastan le figure...

E ora mettetevi comodi.
Buona visione!

(Per una visione più grande, cliccate su "You Tube" e dopo sull'apposito simbolo...)

venerdì 16 marzo 2012

La mia foto del giorno: destinazione Paradiso...

New York, 28 agosto 2011
Dopo il passaggio dell'uragano Irene
"Destinazione Paradiso..."

© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

giovedì 8 marzo 2012

Una "cupcake" (magari in piena notte)?

Se ne trovano tanti, negli States, di negozietti - normalmente messi su da giovanissimi - che producono all'istante e vendono Cupcakes.
Quello che in poco tempo è diventato una vera e propria "catena" è  "Magnolia Bakery", il negozio preferito dalle signorine di "Sex & the City"...




Io a New York ho fotografato - e assaggiato - solo queste (giuro!):


(Quando ho scritto "ho assaggiato queste" mi riferivo a quelle tre sopra, non a queste...)

Ma ciò che mi ha spinto ad occuparmi oggi dell'argomento, è l'aver scoperto che Sprinkles - una di queste catene - ha deciso di dotare il suo negozio di Beverly Hills, Los Angeles, California, di quello che io definirei un "Cupcake-mat", un distributore automatico di cupcakes aperto 24 ore su 24, che funziona proprio come un bancomat.
Perfetto per certi tipi di carenze notturne, no?
:-)

Nel filmato qui sotto,  tutti i dettagli.

Se poi volete provare a cimentarvi per farvele da voi, ecco le istruzioni...

Enjoy your cupcake!



P.S.: Sono disponibile per lavorare, gratuitamente, come "assaggiatore"... 

© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

La mia foto del giorno

San Francisco, California


© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

martedì 6 marzo 2012

La New York che ci stupisce...


L'ho scritto già un paio di volte e credo che lo scriverò ancora.



Quando ci si reca negli Usa, l'America è sempre lì pronta a sconvolgere le nostre certezze e metterci in crisi. Soprattutto se atterra con il bagaglio pieno anche di pregiudiziali culturali o ideologiche nei confronti degli States.
Succede anche a me, ogni volta che ci vado. E ho superato, se non sbaglio, le 14...

L'ultima volta mi è accaduta la scorsa estate, quando stavo per accompagnare una coppia di amici da"Katz's delicatessen". Si tratta di un ristorante newyorkese (l'indirizzo è Ludlow st. angolo East Huston) aperto nel 1888 e ristrutturato l'ultima volta nel 1944, diventato ormai una vera e propria istituzione.




Fra i clienti abituali ci sono vari ex Presidente Usa, fra i quali Clinton, ex candidati alla Presidenza come Al Gore e sindaci di New York di oggi e di ieri.
Ovviamente ci è passato anche l'attuale Presidente Barak H. Obama (quando non gli erano ancora venuti i capelli bianchi...).
La definizione farà storcere il naso a molti, ma Katz's è uno di quei luoghi dove si può assaggiare e gustare quella che viene considerata la "tipica cucina americana di New York".
Quello che è certo è che nel suo menù, che non sto qui ad elencare, la fanno da padrona i suoi straordinari sandwich di carne, in grado di fornire calorie, vitamine e proteine sufficienti per i successivi sei mesi o giù di lì...

Si tratta del pastrami, tipica ricetta che appartiene alla cultura culinaria ebraica dell'est Europa: due fette di pane di segala imbottite con una quantità industriale di tenerissima carne di manzo, normalmente condita con mostarda e sottaceti, giusto per non farci mancare nulla... Ma ottimi sono anche i loro hot dog.










La cosa bella di Katz's è che non si tratta assolutamente di un locale per turisti. Mangiare lì è un piacere, immersi come si è in una atmosfera autentica, circondati da impiegati in pausa pranzo, o amici o famiglie di sera.
Oddio, da qualche anno di turisti se ne trovano di più, effettivamente. 
Soprattutto dopo che il locale è stato utilizzato come location per "una certa" scena del film "Harry ti presento Sally".

Vabbè, come al solito ho divagato. Mi scuso...

Dunque, proprio mentre ero da quelle parti, ad un certo punto, tra l'Avenue A e l'Avenue B, sono arrivato su East Huston st, al numero 250. In realtà gli abitanti del quartiere conoscono questo punto con un altro nome: "Red Sq.", piazza Rossa.
Rosso era infatti il palazzone che attirò la mia attenzione, un condominio che ricorda molto l'edilizia popolare sovietica, con quell'orologio quadrato alla sommità. 
Scoprirò poi che il condominio, su progetto dell'architetto Tibor Kalman, sorse laddove fino alla fine degli anni '80 c'era una stazione di servizio. 

Attraversai la strada e riuscii ad intrufolarmi all'interno. Sarà stato il pronunciare la parola magica "italian", sta di fatto che il custode mi permise di entrare, almeno nell'atrio.
E così mi trovai sorprendentemente in un palazzo che dell'"anonimo edificio in stile sovietico" non aveva proprio nulla!


Entrato, mi guardai intorno e rimasi sbalordito.

La zona ascensori lasciava senza fiato: 











E l'interno degli ascensori? Uno era a tema "marino", l'altro a tema "artropodo"...


































E che dire della maniglia del portone del palazzo? Non è, solo lei una straordinaria opera d'arte?

Sì, è davvero sorprendente, New York.
In verità ad attirarmi dentro al palazzo del 250 East Huston st. (che detto per inciso, come avrete capito, non ha nulla a che fare con l'edilizia popolare sovietica, anzi, è da considerarsi un condominio di lusso) fu altro.

Da lontano mi attirò qualcosa che spuntava alla sinistra del terrazzo dell'ultimo piano, che in questa foto si intravvede solo, somigliando qui più che altro ad un puntino...
Ma più mi avvicinavo, più la cosa mi pareva incredibile...

Va bene che l'America è sempre lì pronta a stupirci e a coglierci in contropiede; 
va bene che durante il periodo di "Occupy Wall Street" avevo visto a New York giovani (e meno giovani) americani sventolare bandiere rosse;
ma tutto mi sarei aspettato fuorché vedere il leader della Rivoluzione Russa, Vladimir Ilich Ulianov detto Lenin, salutare trionfante da un tetto di Manhattan!
Così ho scoperto che Lenin fu messo lì da Michael Shaoul, il costruttore del palazzo. Questi comprò la statua in Russia, da Yuri Gerasimov, lo scultore che la realizzò dopo averne ricevuto l'ordine poco prima della dissoluzione dell'Urss.
Fu così che gli restò sul groppone, senza che nessuno in Russia e repubbliche vicine se la volesse prendere e acquistare. Per fortuna che un giorno del 1994 dalla sua dacia di campagna dove aveva parcheggiato Lenin, passò quell'americano mezzo matto... 

Scommetto che lo stesso Gerasimov nella sua vita tutto avrebbe pensato fuorché sarebbe stato un americano a comprarla, a portarla in America e a piazzarla nientemeno che su un tetto di New York.

Quando la installò sul tetto del suo palazzo, con sottile perfidia politica, Michael Shaoul decise di rivolgere la statua di Lenin verso Wall Street, il tempio del capitalismo mondiale.
Anche se qualcuno dice che, nella stessa direzione, più avanti c'è la Statua della Libertà...










© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

venerdì 2 marzo 2012

Sull'America

"L'America non è soltanto una parte del mondo. 
L'America è uno stato d'animo, una passione.  E qualunque europeo può, da un momento all'altro, ammalarsi d'America".
(Mario Soldati, da "America: primo amore", 1935)