PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

martedì 8 novembre 2016

giovedì 3 novembre 2016

I tre minuti di Gabriela

Lo scorso 30 aprile, evidentemente, dormivo.
E non mi sono accorto di un grande avvenimento accaduto al varco di frontiera americo-messicano di Friendship Park, a San Diego.

O meglio, a Cerritos, sobborgo di San Diego, California. A ridosso del confine (anzi, "sul confine") con il Messico.
Un punto dove il confine fra Stati Uniti d'America e Messico è netto.


Netto e labile, data la presenza del mare.
Ma sempre costantemente sorvegliato.


Comunque, incredibilmente, un punto di incontro, nonostante la cancellata di ferro che separa il povero Messico con i benestanti Stati Uniti.
Un punto che ogni domenica è luogo di pic-nic fra chi è riuscito a emigrare negli Usa e fra i loro parenti rimasti ancora in Messico.
Come ho già raccontato si tratta di un luogo - di un confine - quasi unico al mondo, dove si può assistere a scene che definire "commoventi" è riduttivo...


















Qui si incontra chi ha raggiunto il suo sogno (americano) e chi, invece, è ancora in Messico.
In attesa del momento migliore per raggiungere il congiunto che è "dall'altra parte", con un lavoro, una casa, un futuro per la famiglia...


Ma da questa primavera, da queste parti si respira un'aria diversa: il tutto grazie ad una Ong che si chiama "Border Angels", "Angeli della frontiera", organizzazione americana che si batte per una più aperta politica sull'immigrazione.


Il 30 aprile scorso, in occasione de "El dia del Nino", "La giornata dell'infanzia" questa Ong ha organizzato una iniziativa che si chiama "Aprire le porte della speranza". Che sembra una frase di Papa Francesco, mentre è di san Giovanni Bosco. 
Ma forse è solo un caso.

Insomma: in accordo fra le due parti - le autorità di confine statunitensi e quelle messicane - per la terza volta negli ultimi quattro anni le porte sono state aperte, permettendo a cinque famiglie separate dall'emigrazione di incontrarsi.


Anche se solo per tre minuti.
"Tre" minuti "tre"

Ecco il momento in cui la porta viene aperta.








Tutto era, ovviamente, perfettamente organizzato: gli operatori dell'Ong erano in maglietta rossa.
Gli immigrati ormai "americani" - selezionati dall'Ong - indossavano una maglietta azzurra.
I loro congiunti messicani, una bianca...

Amici di Aria Fritta: cliccate la freccia qui sotto, al centro dell'immagine.
Per un minuto e 23 secondi non c'è davvero bisogno di dire altro.


Gabriela Esparza vedeva quasi ogni domenica i suoi parenti, ma, finora, sempre con quella maledetta rete che li separava.
Questa volta invece ha potuto stringere e abbracciare madre e sorella, noncurante del fango putrido del Tijuana River che le ha imbrattato scarpe e pantaloni.
"Abbiamo praticamente solo pianto dall'istante in cui ci siamo viste a quando ci siamo salutate. 
L'ultima volta che avevo abbracciato i miei avevo 16 anni.
Ora sono madre.
Non riesco a credere a quello che mi è accaduto...".

Quando, bambina, arrivò clandestinamente negli Usa, Gabriela beneficiò di un "ordine esecutivo" firmato dal Presidente Barak H. Obama che offrì protezione per gli immigrati illegali minorenni.

Lo so, "tre minuti tre" possono apparire una "tortura": ma Il fondatore dell'Ong zittisce immediatamente chi intende fare polemica.
"So bene che queste persone avrebbero dovuto avere diritto a più tempo - ha detto Enrique Morones, direttore dell'Ong "Border Angels" -. Personalmente il mio sogno è che non esistano barriere e recinzioni. Ma io non voglio usare questo evento per fare polemiche e tanti discorsi. 
Mi basta pensare che favoriamo un momento speciale per dimostrare che l'amore non ha confini".

Insomma, come c'era scritto a caratteri cubitali lungo il confine, "Abbracci, non muri".






Con la massima serenità e senza polemica, dedico questo racconto a Donald Trump e a quei "galantuomini" del Ku Klux Klan che hanno indicato di votarlo.

Senza dimenticare i loro simpatizzanti italiani o coloro che, in Italia, hanno il coraggio di affermare che fra Trump e Hillary Rodham Clinton non vi siano differenze.




© dario celli. Tutti i diritti sono riservati