PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

lunedì 5 dicembre 2011

18 - Sul Wi-Fi libero e gratuito, sul mio Mac malato, sulla Freedom Tower illuminata e su domani, 11 settembre.

domenica, settembre 11, 2011

Ho rubato (suvvia, l'ho solo presa in prestito per un po'...) la connessione a LREI.
E' una delle 31 connessioni Wi-Fi che sono captabili di fronte a casa mia. La "Superseven" dell'appartamento dove alloggio, qui giù, per strada, non arriva.
Di queste 31, sette sono libere, senza lucchetto.

Negli Usa è abbastanza diffuso il movimento di coloro che lasciano aperto il proprio Wi-Fi proprio in nome di "Internet libero".
Avrei potuto comunque andare al McDonald's qui vicino (ma poi chi resisteva ai Chicken McNugget?), o al Porto Rico Importing Co. (caffetteria e torrefazione), ma ho preferito stare qui, a "Little Red Square", fra la 6a Avenue e Bleecker st, uno slargo sotto casa con una ventina di panchine davanti ad una scuola. (Magari se andate su Street View di Google potete anche vederlo...).
Poi è una zona di passaggio, dunque piena di "spunti".
E poi, diciamolo, (lo so, sono un cretino...), ma fa tanto newyorkese stare su una panchina e scrivere con un Mac...

Il mio Mac, il mio povero Mac... Ne ho combinata una delle mie.
Ieri me lo sono portato dietro, nello zainetto. Sono andato da un amico, sono stato in 5 metropolitane e quando sono arrivato a casa ho scoperto che il vetro dello schermo si era scheggiato al centro.
Mi è preso un colpo, ovvio.
Ho guardato su internet, ho visto che non è un evento raro (soprattutto se lo si porta in giro e non si fa attenzione...) e, dopo essermi ripreso, ho guardato dove fosse l'Apple store qui vicino, a Soho.
Dannazione, chiudeva alle 21.

Allora ho deciso di andare a quello che c'è sulla 5a, all'angolo con Central Park, mèta che gli italiani conoscono benissimo perché ci sono almeno una trentina di portatili a disposizione per navigare (gratis, of course, e quanto si vuole) su Internet.

Non mi ero mai adentrato nella parte riservata ai corsi (che si svolgono anche a notte inoltratissima); nè avevo dunque mai visto il "Genius Bar", il bancone dove si va a chiedere aiuto in caso di problemi e dietro al quale, appunto, ci devono essere dei geni o giù di lì.
Una signorina dalla maglietta d'ordinanza azzurra con la mela bianca (Mary Nonsocosa, da quel che diceva il tesserino con foto che aveva al collo) mi chiede di cosa ho bisogno, con io che ho subito detto che non sapevo parlare inglese molto bene. (E' sempre infallibile aprire la conversazione con un "Sorry, I don't speak english very well...", perché nessuno - ma davvero nessuno! - in America pare crederci. Salvo poi rendersi conto, alla seconda frase, che non avevo detto affatto una bugia!).
Dopo essermi espresso a gesti, a "mmmh", e aver tirato fuori il portatile, Mary Nonsocosa mi dice "No problem!" ("No problem, un par de palle, Mary!" vi confesso di aver pensato...) e mi porta davanti a Eric Nonsocosa che a sua volta, in un battibaleno, mi scarica davanti a Emily Nonsocosa (ma nessuno dei tre era parente di sicuro, essendo la prima bionda caucasica con gli occhi azzurri, il secondo asiatico, e la terza afroamericana con gli occhi nocciola).
Quest'ultima - praticamente addetta a quello che nei Pronto Soccorso si chiama "Triage" - finalmente, sorridendo mi porta davanti a tre computer, dove mi invita dunque a compilare on line una scheda per registrare il mio nome, cognome, e-mail, il computer che ho e il problema che ho...
A quel punto, sorridendo, dopo avermi detto "No problem!" (con io che ho pensato "No problem, un par de palle, Emily!"), dopo aver controllato sul suo laptop che risultavo il legittimo proprietario del MacBook Pro in questione, Emily Nonsocosa mi invita ad accomodarmi, mi assicura che sarei stato chiamato al mio turno, aggiungendo però nello stesso momento che la mia attesa (accennava leggendo il suo laptop con un sopracciglio inarcato, sempre foriero di brutte notizie...) non sarebbe stata inferiore a 40 minuti.
D'altronde, mi ha fatto capire con un gesto del braccio, guarda quanta gente c'è intorno a te!
Ma tanto, in fondo, non avevo niente da fare.

Seduto dunque come altre persone a parallelepipedi di legno instile "minimalista Apple", ho così avuto tutto il tempo per capire cosa mi aspettava.
Davanti a noi, tre o quattro ragazzi (anch'essi con la maglietta azzurra con la mela bianca d'ordinanza) consultavano ognuno un marchingegno elettronico più piccolo, tipo telefonino. E qui, dopo il Triage di cui sopra, i malcapitati venivano a turno chiamati per nome.
A voce, anzi, ad alta voce: un po' diciamo, "all'italiana", anzi, se mi si permette, "alla romana".
La loro voce doveva infatti soverchiare il brusio degli astanti, tutti in attesa di sapere il turno e l'esito della visita. Se a questo brusio prodotto da svariate decine di persone aggiungete i commenti e le urla dei bambini che erano stati accomodati davanti a dei computer con videogioci, i rimproveri delle madri e il pianto di un paio di poppanti, capirete quale musica ci fosse da quelle parti.
Il problema è che alcuni nomi proprio risultavano ai giovanotti con la maglietta azzurra davvero ostici ed impronunciabili.
Il povero Claudio Hernandez, per esempio, credo sia ancora lì in attesa da ieri sera (tanto l'Apple Store della 5a è aperto 24/7, come scrivono qui...), visto che il suo nome veniva sempre annunciato regolarmente storpiato e irriconoscibile.
Ho trascritto (tanto non avevo niente da fare...) il tentativo numero uno ("CADIOOO"); il numero due ("GLADIOOO" - giuro! - e al che mi pare d'aver sentito anche un italiano rispondere con "Eia Eia!"), financo ad un inascoltato  "LAUDIOOO".
Niente da fare: "Cadiogladiolaudio" non s'è fatto vedere.

Mi interrompono il racconto alcuni ragazzi e ragazze che passano davanti alla mia panchina in tenuta serale. Spicca fra loro una giovane con un vestito rosso lungo fino ai piedi e un'altra con un fiocco di tulle rosa sulla testa  del quale, dall'andatura, mi pare che lei vada molto fiera.

Mi riporta al "Genius bar" dell'Apple Store il ricordo del video che nel frattempo si poteva vedere da numerosi televisori installati nella parete dietro al bancone. Si trattava di un video di istruzioni con opzioni che mi sembravano incredibili e irraggiungibili.
Parrebbe, dunque, che il mio MacBook Pro sia anche in grado di fare la pizza. A patto di scaricare l'apposita app, ovvio...
Al lungo bancone in quel momento c'erano 16 giovani tecnici con la maglietta azzurra d'ordinanza, ognuno con il cartellino col nome, con una età presunta che variava fra i 27 anni (trattasi di coloro prossimi alla pensione...) e i 17.
Il più giovane, secondo me un tredicenne sotto mentite spoglie, aveva la tipica faccia dello stronzetto "voinoncapiteuncazzo".

Urlando, ecco che vengono chiamati Akira, Shorina, Kacy, sempre il solito introvabile Laudo Fernandez, Ilary, Oyu, il mio vicino Steven (che indossava una palandrana afro fino ai piedi - pur essendo bianchissimo di pelle -  e tossiva di continuo), Àndreo (con l'accento sulla "a"), Yogo, Alfred, Eldu e Jhon Hussein; nomi che precedevano quello del "malato da curare": IPhone, IPad, McBook...
E' dopo John Hussein che un ragazzo "Apple" ha urlato il mio nome.
"Deuriooooo!!!". Scattai in piedi come un soldato, felice come se avessi vinto alla lotteria.
Erano passati 35 minuti.

Mi trovai davanti un giovanotto gentilissimo che mi strinse la mano dicendomi il suo nome (Jermaine) e aggiungendo, ovviamente, il solito "No problem!". (Al che ho pensato: "Gliela dico anche a lui, la frase?").
Afroamericano, decisamente figo, pizzetto e occhi nerissimi, ciglia lunghe (secondo me c'aveva quella cosa là che le allunga...), cappellino alla Joe Jackson, sorriso a 45 denti, ha voluto sapere quale fosse il problema.
Con il Lis (Linguaggio italiano dei segni) gli accennai al primo: al fatto cioè che non riuscivo a mettere nel computer le foto che facevo con l'IPhone.
Lui mi guardò prima perplesso poi con uno sguardo che voleva dire (ne son certo) "ma proprio a me doveva capitare questo coglione...". Tirò fuori dal suo cassetto l'apposito cavo (che io ovviamente mi sono portato dietro) risolvendo il problema in un tempo inferiore a quello che voi avete impiegato a leggere questa frase.
E cioè semplicemente attaccando l'IPhone al computer.
"Et voilà!", disse pensando forse che in Italia si parla il francese.

Quando gli accennai al secondo problema, lo schermo scheggiato, la sua espressione di compassione (nel senso letterele del termine, patire/con)  mi indusse a pensare che erano cazzi acidi (pardon, ma quando ce vò, ce vò!).
Capii subito che non c'era niente da fare, che doveva sostituire l'intero coperchio.
Prezzo 453 $ più 39 di manutenzione. 492 $, dunque; pari a 360 €uro.

Tentò di giocarsi il jolly, il nostro bel Jermaine, dicendomi che aggiungendo solo 400 dollari me ne sare comprato uno nuovo (a 653 €uro?? Ho capito bene?), ma la mia espressione lo indusse a suggerirmi un'altra proposta: quella di andare in un negozio non Apple, ma specializzato nelle riparazioni e nella vendita di componenti d'occasione dei Mac. (Dove sono andato oggi e dove mi hanno fatto un preventivo più caro, 555$, 406€uro).
Ora, dipende da quanto l'operazione "sostituzione schermo" mi costerà in italia. Ma dubito che a Roma sia più  conveniente. Dunque mi sa che lo farò riparare qui...

Contravvenendo alle norme aziendali che immagino impongano al personale tempi spediti per accogliere più clienti, ma soddisfacendo quelle che indicano di essere cortesi con gli stessi, Jermaine mi chiese consigli per il suo viaggio di nozze, che l'anno prossimo farà in Italia. "E' davvero bella la Toscana?" mi chiese prima di farmi scrivere il mio e-mail, come si dice qui...

Esco dall'Apple Store e prendo la metro.
Un tavolinetto con due poliziotti alla stazione di W4 mi ha fatto ricordare che qui esisterebbe un "allarme terrorismo". Davanti al tavolo, un cartello con su scritto, in evidenza, "SECURITY ADVISORY PASSENGERS": "Collaborate con le forze di Polizia se vi viene chiesto di mostrare cosa contiene la vostra borsa, e scusateci del disagio", si leggeva.
Dietro un poliziotto sorridente scrutava fra le centinaia di passeggeri. Poco lontano un'altro, colossale, il pizzetto, i capelli rasta raccolti "a coda" dietro la schiena e un mitra in mano.
Il nostro ministro degli Interni Maroni, alla vista, sarebbe stato preso da un ictus.



Fra qualche ora, qui, iniziano le celebrazioni del decimo anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle: cerimonia "blindata" quella del mattino con il Presidente Barak Obama, che inaugura il monumento alle vittime.
Un piccolo bosco di duecento querce circonderà due gigantesche vasche quadrate, nere e profonde, con una perpetua cascata d'acqua che entra in un abisso.



Due vasche quadrate, identiche: l'impronta silenziosa delle Torri Gemelle del World Trade Center.
Hanno impiegato un bel po' i progettisti a cercare qualcosa di simbolico ed evocativo che potesse essere un simbolo di pace per tutti e che nello stesso tempo non fosse un richiamo religioso solo di alcuni, visto che le vittime erano di 87 nazionalità differenti.




Queste sera tutte le luci dei grattacieli attorno alla Freedom Tower in costruzione sono accese, mentre le luci del cantiere della torre sono rosse, bianche e blu, come i colori della bandiera americana...

A domani, allora: decimo anniversario del giorno che ha cambiato New York, l'America e la storia recente del mondo.



P.S.: Ieri ho parlato al telefono con la signora Marcella, che a Roma bada alla sanità della mia casa. Le ho detto che qui a New York ho incontrato tanti rumeni come lei. "Eh, caro Dario... Da noi si dice che 'Ognuno va sempre dove il pane è più dolce'..."





 

1 commento:

  1. sai cosa e' piu' triste di tutto dario? che tutto cio' venga ricordato dal mondo per le due torri... Non e' un dolore esclusivo, credo che ci siano migliaia di 11 settembre nei paesi arabi, tra quelle montagne dove saddam a avvelenato migliaia di kurdi, e dove gl i americani hanno bombardato villaggi ignari di quello che accadeva... l'11 settembre l'America dovrebbe ricordarlo fuori dall'America...

    utente anonimo (IP: dda9d17325523f2)

    #4 23:43, 11 settembre, 2011
    Mi sono divertita tantissimo ,oltre che aver respirato aria di NY.
    Un saluto.
    shewant

    #3 22:48, 11 settembre, 2011
    le querce piantate non sono 200 ma 400 (pressapoco il numero dei vigili del fuoco e dei poliziotti che hanno perso la vita quella giornataccia là - 340 - )

    buon 11 settembre :D
    goditi manhattan anche il tuo mac.

    ciao, penelope.

    utente anonimo (IP: 87cea2222bb69b8)

    #2 15:17, 11 settembre, 2011
    fiuu fiuuu
    dario.celli

    #1 12:37, 11 settembre, 2011
    ma con tutti i viaggi in america non hai ancora imparato a parlare americano?

    non è che la tua frasettina "Sorry I don't speack English very well..." è una scusa per fare il marpione con le ragzze di NY?

    ciao cristian
    utente anonimo (IP: 80f601ff6d95007)

    RispondiElimina