E non solo a chi di noi si reca negli Usa per turismo, per qualche settimana o, chi è più fortunato, per qualche mese.
Ma anche per gli italiani che ci sono andati ad abitare.
Qualcosa che sbalordisce, stordisce, fa sorridere, fa piangere allo stesso tempo.
La prima volta che ho sentito quest'insieme confuso di sensazioni fu nel corso del mio primo viaggio negli Stati Uniti. Eravamo a Cody, in Wyoming, il paese di William Cody, generale in pensione conosciuto meglio, poi, con il nome di Buffalo Bill.
Che poi si diede al circo (grande Paese, l'America, e grandi gli americani! Ma voi ve lo vedete un generale dell'esercito italiano che, andato in pensione, mette su un circo e gira il mondo? Venne anche in Italia, a Perugia, se non sbaglio, Buffalo Bill...).
Era il mio primo viaggio, dunque non sapevo che ogni incontro sportivo, negli Stati Uniti, si apre allo stesso modo.
Eravamo a vedere un rodeo (siamo in Wyoming, mica cotiche!) e poco prima di iniziare si spensero le luci per riaccendersi due secondi dopo.
Due secondi durante i quali pensavo fossimo in mezzo ad un black out.
E invece...
E invece, quasi quello fosse stato un segnale (lo era, ma non lo sapevo ancora!) tutti gli spettatori si alzarono.
Fra i cavalli e i cowboy spuntò una ragazzina con un microfono in mano.
Venne presentata.
E questa iniziò a cantare.
Era l'inno americano, "The Star-Spangled Banner".
Onestamente - la prima volta per noi - non sapevamo cosa fare. Rimanemmo un po' stupiti, un po' imbarazzati.
Dopo le prime note, ci alzammo anche noi.
E mentre l'arena di Cody cantava, in piedi mi guardai intorno.
Ed è in quel momento che ho capito il vero segreto dell'America.
Intorno a me avevo bambini, giovani, adulti, anziani, in piedi che cantavano, con la mano sul cuore, la maggior parte.
Uomini, donne, ma soprattutto americani bianchi, d'origine europea, neri, d'origine africana, e poi americani d'origine asiatica, d'origine araba e nativi americani...
Tutti lì, in piedi, a cantare un inno che li univa.
Un inno che faceva sentire davvero un solo corpo di una Nazione.
Pensai al nostro inno, a quella marcetta che il maestro Novaro scrisse nella sua casa di via XX Settembre a Torino, all'angolo con via Barbaroux.
Pensai a come mi era sempre stato estraneo il mito della "patria", della Nazione: a me che cantavo spesso le parole "La mia patria è il mondo intero, il mio motto è 'Libertà!'...".
Noi che viviamo in un Paese dove, spesso, l'inno d'Italia è stato contrapposto ai tanti canti della libertà popolari.
Noi che di "inni nazionali" ne abbiamo cambiati almeno tre da 150 anni a questa parte.
Un inno che farà anche venire i brividi, ok, ma che bellissimo non è, dai, e che gli italiani cantano solo prima degli incontri della Nazionale di calcio.
Pensavo al significato differente che invece aveva, che doveva avere per forza, l'inno americano per quel migliaio di persone che avevo intorno.
Rimasi impietrito in quei tre minuti.
A dirmi che dovevo capire.
E che davvero, prima di allora (era il mio primo viaggio, ripeto), dell'America non avevo capito un'emerita cippa.
Continuai a guardarmi intorno e ad osservare un afroamericano con in braccio la figlia, e al suo fianco di un anziano, bianco;
e un nativo americano fiero, con i suoi capelli lunghi e corvini;
una signora che con i suoi capelli bianchi perfettamente cotonati sembrava uscita da un film;
e un gruppo di ragazzi con i capelli lunghi e colorati a fianco a due soldati in uniforme;
e una coppia d'origine asiatica accanto a un gruppo di tatuatissimi "bikers" con le loro barbe lunghe, i tatuaggi vistosi sui bicipiti e la bandana in testa.
Tutti lì a cantare le stesse parole.
Ecco, in quei momenti capii che dovevo essere più umile e che dovevo sforzarmi di capire.
E di conoscerla meglio quell'America.
Un'America che davvero doveva essere stata la "Terra dell'Opportunità" per quelle persone, e per i loro genitori, e per i loro nonni...
Un'America che nonostante le loro differenze, tutto sommato, li faceva sentire "uno".
Cari amici, oggi vi porto a Louisville, in Kentucky.
E precisamente allo Hyatt Regency Hotel, moderno ed enorme albergo da 18 piani.
Fra i clienti, sono ospiti svariate centinaia di studenti delle scuole superiori che vi soggiornano senza sfasciare le sue 393 camere.
Sono lì ogni anno, in occasione dell'incontro della "Kentucky Music Educators Association".
Centinaia di ragazzi: stessa età di quelli che hanno assistito alla morte - comunque sia andata... - del loro compagno in gita scolastica a Milano.
E dei quali nemmeno uno è andato poi al suo funerale.
Che schifo di Paese è mai questo, dannazione?
Che schifo di Paese è mai questo, dannazione?
I ragazzi della "Kentucky Music Educators Association" a quell'ora escono dalle loro stanze e si affacciano tutti insieme alla balconata.
Saranno centinaia, giudicherete voi.
L'ascensore sale fino in cima: sentirete il "bip" che suona ad ogni piano.
Un brusio, il classico "ssshhh" per invitare al silenzio, e poi...
Sì, l'America, forse, non la capiremo mai.
Ah, alla fine dell'inno - quella sera a Cody, in Wyoming - un signore al mio fianco mi chiese da dove venissimo.
E quando lo sentì, mi disse: "Vi ringrazio per esservi alzati anche voi...".
© dario celli. Tutti i diritti sono riservati
Caro Dario, io questa America la capisco benissimo, però purtroppo vivo dalla parte sbagliata del globo. Invidio moltissimo il loro senso di Patria e il forte sentimento di appartenenza.....cose da noi sconosciute! Un caro saluto.
RispondiElimina"Il loro sentimento di appartenenza".
EliminaAppartenenza.
Questo è il segreto, credo.
d.
Ricordo ancora quando andai a Philly per vedere un incontro di nfl degli Eagles....se ci ripenso mi viene ancora la pelle d'oca! Sono sensazioni di cui una persona si dovrebbe nutrire piu spesso mentre come dici tu caro Dario, noi ci ricordiamo di essere Italiani solo ad un incontro della nazionale o al 2 giugno se va bene. Non concordo con il fatto che il nostro inno sia bruttino, secondo me è bello e dovrebbe essere cantato piu spesso per dare anche a noi Italiani un po di sano Patriottismo che male non farebbe. Danilo
RispondiEliminaSarà brutto, il Nostro Inno, ma a me fa rabbrividire tutte le volte. Faccio notare che prima di tutte le sette partite della finale di basket per il campionato italiano, per inciso vinto dalla Dinamo Sassari, prima che iniziasse l'incontro è stato cantato l'Inno d'Italia. Non me lo aspettavo e mi ha fatto piacere.
RispondiEliminaQuesto tuo post avrei potuto scriverlo anche io: non cosi` bene pero`! Condivido tutto e Grazie!
RispondiEliminaSei generosa, Claudia...
EliminaGrazie!
d.
Ogni mattini gli studenti, dal kindergarten in poi, iniziano la loro giornata con il saluto alla bandiera...
RispondiElimina"I pledge allegiance to the Flag of the United States of America, and to the Republic for which it stands, one Nation under God, indivisible, with liberty and justice for all."
Già... Ne avevamo già parlato.
EliminaMa mi pare così diverso.
Non so...
d.
Confermo quanto dice Renata, e l'abbiamo fatto anche noi all'open day di inizio scuola!! Mia figlia inoltre ha il diario consigliato dalla scuola e sopra ogni pagina c'è un presidente degli Stati Uniti con una breve biografia. Eh si, se l'America è così un motivo (ed anche più di uno...) ci sarà!!
EliminaMarco da Buford! ��
Mi resta così difficile da capire. Io che non ho mai amato queste manifestazioni e che ci leggo sempre un "noi siamo migliori e gli altri non sono nessuno"
RispondiEliminaScusa se faccio spesso il bastian contrario, mi sembra bello scambiarsi anche opinioni diverse.
Non ti devi scusare affatto, Luciano!
EliminaAnche io, scrivevo qui, sono rimasto a lungo perplesso di questo.
Guarda: queste cose - soprattutto in America - possono avere diverse chiavi di lettura.
Quella che io leggo (forse anche più volentieri...) è davvero solo un senso di "appartenenza".
Una cosa del tipo "siamo persone provenienti dagli angoli del mondo, 'affannati, disperati, miserabili rifiuti del loro lidi affollati' - come c'è scritto alla base della statua della libertà - pelle di colori diversi, occhi di forme diverse, culture di nascita differenti e ora invece siamo un popolo. Uno. Che rispetta, però, le differenze".
"Abbiamo eletto il figlio di un emigrato alla Presidenza degli Usa: e voi? Manco li fate votare, i figli degli emigrati...".
Ecco: forse, in questo, sono davvero migliori.
Continua pure a leggere Aria Fritta (e a criticare, se lo ritieni!).
A presto!
d.
cit
Elimina"Abbiamo eletto il figlio di un emigrato alla Presidenza degli Usa: e voi? Manco li fate votare, i figli degli emigrati...".
Ecco: forse, in questo, sono davvero migliori"
Non e' proprio cosi', nemmeno tecnicamente. Il padre di Obama non e' mai stato un immigrato, venne negli Stati Uniti solo per studiare e lui e' stato eletto perche' e' nato cittadino americano (natural born). Solo i nati cittadini americani possono diventare presidente degli Stati Uniti. Schwarzenegger, ad esempio, si e' fermato a governatore e mai potra' diventare presidente anche se cittadino americano perche' la cittadinanza l'ha acquisita in seguito. Esiste comunque una bella fetta di americani che non vede bene l'attuale presidente, anzi.
Caro Gnamo, io penso che la storia di Barack Obama e della sua elezione alla Presidenza degli Usa dimostri come gli Usa siano un Paese straordinario.
EliminaE conosco benissimo la sua storia e la storia del padre.
Mettiamola così: pensa ad un giovane - che so, senegalese, anzi no, keniota proprio come il padre di Obama - che viene in Italia a studiare, che sposa una giovane italiana e che ha un figlio in Italia.
E pensa a quel giovane che ritorna al suo Paese perché vuole contribuire a cambiarlo.
E pensa a quella ragazza madre italiana che tira su il suo bambino, e lo fa studiare, e poi il liceo, e poi l'università e poi il master.
Dai, sono certo che immaginerai che - quand'anche in Italia venisse modificata la legge sulla cittadinanza - lui potrà diventare facilmente Presidente della Repubblica, vero?
E, a proposito della "bella fetta di americani che non vede bene (anzi!) l'attuale presidente" io la definirei - a conti fatti - una fettina: tanto è vero che Barack Obama è stato scelto dagli americani per due volte!
Oserei dire che Barak Obama passerà alla storia per essere stato uno dei più importanti presidenti degli Stati Uniti.
Alla faccia della "bella fetta"!
Grazie per essere passato da qui, Gnamo!
d.
Guardi che la mia osservazione era solo per dire che anche in USA esistono limiti e difetti pur essendo migliori dell'Italia... per alcuni aspetti. Anche io considero Obama un grande presidente, purtroppo quella che lei chiama fettina è piuttosto ampia poiché in media alle presidenziali vota il 60% degli aventi diritto. Non credo che questo paese sia oggi la terra delle opportunità come lo era una volta o almeno non lo è per tutti. La situazione negli ultimi 20 anni è notevolmente peggiorata.
EliminaCaro gnamo,
Eliminaforse (e sottolineo "forse"...) gli Usa non sono più la Terra dell'Opportunità come una volta, ma il raffronto deve essere fatto con i Paese dai quali la gente scappa.
Per quanto riguarda la "fettina", in una democrazia chi perde perde.
E il numero di chi non va a votare non si può sommare a quello di coloro che hanno votato contro al Presidente.
Chi perde, perde.
Chi vince, vince.
Almeno negli Stati Uniti, per la miseria!
Obama, poi, non può essere responsabile della situazione degli ultimi 20 anni. Se si tiene conto di quello che gli aveva lasciato il giovane Bush ha fatto dei miracoli.
d.
Non conosco i loro programmi scolastici, ma immagino che anche l’ora di educazione musicale sia organizzata in modo serio, a differenza delle nostre scuole dove, a parte rari casi, è un’ora ‘a perdere’ e, quindi, fa piacere anche solo ascoltare gli americani cantare. Ma, pur con tutte le loro contraddizioni, loro sono sempre stati un esempio per tutti, non si spiegherebbe altrimenti il desiderio, che noi ‘non americani’ abbiamo, di provare ad assomigliarli. Non sono perfetti, lo so, lo sappiamo, ma siamo sempre in ritardo, rispetto a loro, nella ricerca scientifica e medica, nelle tecnologie, nei trasporti, nell’istruzione, nella giustizia, altrimenti dovremmo concludere che le decine di milioni di persone partiti da ogni nazione, e che hanno fatto, fanno e faranno di tutto per andarci e possibilmente restarci, siano veramente pazzi e squilibrati mentali! E questa nuova storia mette in evidenza le nostre differenze: noi siamo italiani ma l’Italia è nostra? Dario, tu che sei uno che sa (e strasà) me lo puoi dire? Un saluto in trepida attesa…..
RispondiEliminaCaro Elio, amico mio.
EliminaIo so solo che sottoscriverei ogni tua riga.
E mi fai una domanda difficile: penso che l'Italia sia in trasformazione.
Ma dovremmo vivere almeno altri 150 anni per fare un (primo) bilancio.
Grazie come sempre!
d.
Eravamo in spiaggia a Chicago, prima di una manifestazione aerea tutti coloro che erano lì si son messi a cantare l'inno.
RispondiEliminaPelle d'oca.
:-)
Eliminain italia l'inno e la bandiera per molti anni sono stati messi da parte perchè considerato fascista cantare l'inno ed esporre la bandiera
RispondiEliminafino a pochi anni fa al 25 aprile c'erano bandiere rosse e non italiane nei cortei...
in usa bandiera ed inno rappresentano tutti gli americani e ne vanno orgogliosi tutti gli americani della loro bandiera e del loro inno
ciao cristian
Più che "fascista", direi "nazionalista", nel senso negativo della parola.
EliminaGli Stati Uniti, caro Cristian, se lo sono guadagnato, questo amore da parte dei suoi cittadini.
Che tutti si sentono "parte".
Ciao!
d.
Carissimo Dario,
RispondiEliminaIl fatto è che gli italioti di fondo sono persone di merda.
Non è nemmeno lontanamente paragonabile la realtá sociale italiota con quella statunitense o canadese o francese o tedesca o belga o britannica... insomma l' itaglia è un paese demmerda per via della natura perlopiú escrementizia degli abitanti che lo popolano. E nell' ultima decade la nazione e la societá italica è persino peggiorata il che è tutto dire, pensa un po' il livello medio. Qualunque paragone risulta impietoso e non solo se raffrontato alla grande realtá statunitense, l' itaglia ne esce fuori conle ossa rotte... malamente rotte. E sai qual'e' la cosa triste in tutto questo ... che gli italiani la merda che hanno creato se la meritano tutta. Un paese moralmente fallito.
Saluti
Caro Aristide,
Eliminapreferisco non risponderti.
Perché altrimenti non potrei che essere d'accordo con te...
d.
Grazie Dario,
EliminaIo poi quando parlo di quello che è diventato lo stivale ( purtroppo ) ... tendo a incavolarmi non poco (come hai notato) diciamo che non ho mezze misure, o forse ho davvero finita tutta la scorta di pazienza e cortesia di facciata (si badi bene ... di facciata) che sono cosi' care ai compatrioti "mediterranei".
Salutoni