PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

venerdì 25 aprile 2014

"Eccomi, amore. Arrivo subito..."

Questa storia inizia con una bugia. 
Quella raccontata da Kenneth e da Helen ai loro genitori.

Lo so, quasi non c'è nessuna cosa che un genitore non sopporta più delle bugie dei loro figli.
Insomma: quei due ragazzi, quella volta, hanno combinato un bel casino.

Invero il casino lo avevano provocato qualche tempo prima due loro amici, un ex fidanzato di lei e un'amica di lui, i loro due cupidi. 
Si misero d'accordo e decisero di presentare Helen a Kenneth, e viceversa. A Kenneth la cosa non è che piacesse molto, ma si lasciò convincere da quell'amica così premurosa: "Vedrai, ti piacerà", gli disse. E lui che aveva alzato le sopracciglia, un po' diffidente e ormai rassegnato alla sua "singletudine".
Poi se la trovò davanti e...

Come si può raccontare un colpo di fulmine? Soprattutto se consideriamo che i protagonisti della nostra storia avevano, allora, 15 e 14 anni. 
Lo so cosa penserete: a quell'età si è bambini, e un "colpo di fulmine" non può essere considerato tale, se colpisce due di quell'età...
Ma erano anche altri tempi: quando, cioè, a quell'età tanto bambini non si era affatto. Figuriamoci: entrambi potevano già lavorare!

Il "colpo di fulmine" durò. 
I nostri due ragazzi, infatti, si frequentarono per i tre anni successivi; nei ritagli di tempo, usciti da scuola, finito il loro lavoretto che faceva guadagnare loro un piccolo gruzzolo che davano in famiglia, continuavano a vedersi. 
E a stare insieme come potevano.
Ma presto iniziarono a scalpitare.
E chi ha figli adolescenti sa cosa significa avere a che fare con un diciottenne - o una diciassettenne - che scalpita.

Ah, mi sono dimenticato di dirvi che questa storia ci ha portati negli anni '30 e a Nashport, in Ohio: oggi poco più di 5000 abitanti, allora nemmeno un migliaio.
Precisamente qui, dove indica la freccia rossa:
Nel 1940 Kenneth si diploma alla "Jefferson High School" di Dresden, e scalpita scalpita, ad un certo punto lui e la sua Helen non ce l'han più fatta.
Il 20 febbraio del 1944 - mentre da noi piovevano bombe e si moriva di guerra - Helen e Kenneth decisero che era venuto il tempo di agire: ai loro genitori dissero che andavano a trovare il vecchio allenatore di pallacanestro di Kenneth nel vicino Kentucky.
In tasca avevano cinque dollari. 

Proprio due giorni prima - che combinazione! - Kenneth aveva compiuto 18 anni, l'età giuridicamente valida per convolare a nozze (Kenneth, amico mio, me lo sentivo che tu eri Acquario...). E i loro poveri cinque dollari - ma che combinazione! - erano più che sufficienti per la tassa di due dollari che a quel tempo bisognava pagare per sposarsi.
Avanzavano tre dollari per il pranzo.
Di nozze.

Fu così che Helen Marie Parks Johnson e Kenneth Eugene Felumlee diventarono il signore e la signora Felumlee.

No, ai loro genitori, Helen e Kenneth non dissero nulla. Mi sa che sentivano di averla fatta troppo grossa.
D'altronde avevano 18 e 17 anni, non dimentichiamolo.
Al ritorno dalla gita in Kentucky, infatti, ognuno tornò tranquillamente (più o meno, insomma...) a vivere a casa della propria famiglia.
Come se nulla fosse successo.
"Eravamo troppo nervosi per dire a tutti cosa avevamo combinato. Dunque per molte settimane restammo separati e vivemmo come prima, proprio come se nulla fosse accaduto, appunto", hanno raccontato cento, mille volte Kenneth ed Helen a chi nei decenni seguenti voleva sapere tutti i particolari di quella loro follia.
"Come se nulla fosse accaduto" fino a quando lui prese fiato (e coraggio) e andò a casa di lei: che impaziente - come sanno essere impazienti le donne in questi casi - aspettava il gran momento.

Diciamo che il padre di Helen, forse, se l'aspettava; d'altronde quel giovanotto era un bel po' che ronzava attorno alla sua bambina. E, in fondo, (ma sì...!) era un bravo ragazzo, era pure diplomato, così come la sua famiglia era ok. 
Certo però che quando se lo vide arrivare a casa con quella faccia un po' così e lo sguardo basso da cane bastonato, lui si aspettava che quel Kenneth si limitasse a chiedergli la mano della figlia: mica immaginava di essere costretto a prendere atto che la "frittata" era già stata fatta, per la miseria!

E in tutti i sensi, visto che oltre che con il certificato di matrimonio, Helen tornò dal Kentucky - ma se ne accorse solo qualche settimana dopo - anche incinta.


Che belli in queste due foto: giovani, allegri, incoscienti, vagamente strafottenti, come sanno esserlo - come è giusto che siano - i ragazzi alla loro età.
Quando hanno tutta la vita davanti...

Miei cari amici: come posso, in poche righe, raccontare i 70 anni di vita che Kenneth e Helen hanno passato insieme?
Come posso qui descrivere i particolari della loro esistenza con i loro otto figli: William, James, Robert, Richard, Douglas, Linda, Cody, Judith...
O con i loro ventitré nipoti...
O con i loro quarantatré pronipoti...

Posso dire che Kenneth, prima di godersi la pensione, ha lavorato prima come Ispettore di macchina per una compagnia ferroviaria, e poi come postino.
E che nel frattempo allenava la squadra "pulcini" di baseball del paese, mentre la domenica insegnava catechismo con la sua Helen nella Chiesa Metodista di Nashport e che a Nashport, Kenneth, divenne membro del Consiglio di istruzione, mentre Helen era la più anziana nel Circolo degli amici della Chiesa. 
Posso dire che Kenneth, per decenni, ha fatto due lavori, e a volte davvero dormiva non più di tre ore per notte per guadagnare abbastanza. E che nel frattempo era anche sempre pronto a fare, gratis, piccoli interventi di idraulica per i suoi vicini, o a mettere le mani nel motore di qualche automobile che faceva i capricci.
Posso dire che Kenneth è sopravvissuto ai fratelli Jack e Ralph, e alle sorelle Ruth, Gertrude e Virginia.

Su Helen posso dire che ha passato questi 70 anni a tirar su gli otto figli, e poi a tenere i nipoti, e poi i pronipoti, e che amava curare la casa e a dedicarsi al giardino e ai suoi fiori, o leggere e ad allevare e nutrire uccelli.
Posso dire che preparava da mangiare ogni giorno per la propria famiglia e per quelle bisognose della sua zona. E che quando nasceva un bambino era lei che correva nelle loro case per insegnare alle giovani mamme sole come cambiare i pannolini, come dar il latte.
Posso dire che in questi anni ha perso le sorelle Ruth, Mary, Dorothy e Nancy.

Posso dire che per 70 anni Helen e Kenneth hanno sempre (sempre, accidenti...) dormito nello stesso letto.
Anche dopo aver litigato.
Anche quando in un traghetto sarebbero stati costretti a dormire in due cuccette, uno sopra e l'altra. Naaa, non era roba per loro, dormire così distanti.

Posso dire che quando il suo Kenneth è andato in pensione, visto che i figli ormai erano grandi e sposati, lei ha voluto iniziare a viaggiare e a vederla il più possibile, la sua America.
E che in pulmann, insieme, hanno visitato tutti i 50 Stati americani.

Helen, che ogni anno scriveva di suo pugno gli auguri di buon Natale ad un centinaio di conoscenti e vicini, ai quali ad ognuno riservava un pensiero, un ringraziamento, un saluto.
Helen che con Kenneth andava la domenica a far una breve visita agli anziani della locale casa di riposo.

Santo cielo: dopo 70 anni, dicevano, erano ancora innamorati. 
Proprio come ai tempi della loro fuga in Kentucky.

Poi le cose si sono complicate: perché non è che la vecchiaia sia poi tanto differente, in America.
(foto AP)
Ai tempi di questa foto con i figli - scattata il 29 dicembre 2012 - Kenneth era già stato operato ad una gamba per dei dannati problemi di circolazione.
Gamba che gli venne amputata.
Dopo l'operazione fu la sua Helen il suo angelo custode. Helen che non lo lasciò mai solo.
Nemmeno per un momento.
Helen che lo aiutava a vestirsi.
Helen che spingeva la sedia a rotelle. 
Helen che ogni pomeriggio gli serviva la tazza di the.


"Ma ormai, ultimamente, la mamma quasi non riusciva a fare più niente di tutto ciò - ha raccontato ai giornali americani la figlia Cody - anche se lei cercava di non tirarsi mai indietro".
Così come ha cominciato a dormire sul divano per stargli vicino, quando negli scorsi mesi lui venne ricoverato in ospedale, visto che le sue condizioni di ultra novantenne erano diventate sempre più difficili.

Quando praticamente lo teneva per mano sempre, anche quando dormiva.  
Quando lei, giorno dopo giorno, lo vedeva spegnersi.
Lei che ogni giorno perdeva un po' di forze, vendendo Kenneth in quelle condizioni.
E che bello scherzo ti ha fatto la tua Helen, vero Kenneth?
Tu, proprio sabato scorso, sei rimasto sorpreso quando hai capito che lei se ne stava per andare.
Prima di te, porca miseria.

Perché Helen Marie Parks Johnson è morta sabato 12 aprile, nella casa dove abitava con Kenneth.

So, Kenneth, cosa devi averle sussurrato quando stava per chiudere gli occhi per sempre.
Sono certo, perché lei, in quel momento ha quasi sorriso. 
Ha sorriso quando le hai detto "Arrivo subito, amore".

E so anche cosa hai pensato in quelle prime ore passate, da 70 anni a questa parte, senza lei al tuo fianco: "Che noia star senza di te, Helen", ti sarai ripetuto minuto dopo minuto, ora dopo ora.
Poi hai detto soltanto: "Eccomi, amore...".


Kenneth Eugene Felumlee è morto domenica 13 aprile, 15 ore dopo Helen, la sua donna di sempre.

"E' stata una bellissima festa di addio", ha detto la loro figlia Cody.

I funerali di Kenneth e Helen Felumlee si sono svolti insieme, nella chiesa qui sotto, la United Methodist Church di Nashport-Irville, Ohio.
E insieme, come hanno vissuto, riposeranno per sempre qui, uno accanto all'altra, nel verde del Frazeysburg Cemetery, Ohio.



© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

7 commenti:

  1. Quanta stupenda umanità nel tuo modo di raccontare le storie!
    Hai mai scritto un libro con tutti questi racconti? Se l'hai scritto lo voglio, se pensi di farlo lo prenoto.

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  2. Mentre noi ci sposavamo, loro morivano

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    1. Il passaggio di testimone.
      La vita, contro la morte...

      Vi voglio bene...

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  3. ooooooh pianto come una fontana!!!!!!!!!!!!!!

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  4. Mi hai fatto commuovere....che bellissima storia! Grazie per averla raccontata con il cuore.

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  5. Allora non si aveva paura di vivere la vita, quella vera.

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