E' stato il racconto più letto della settimana (270 letture in quattro giorni, fino alle 23,50 di oggi, domenica 18).
Anzi, non so bene come mai, "Le lacrime di Carla" è sorprendentemente diventato il più letto del mese e addirittura l'ottavo in assoluto (su 120), da quando cioè questo blog esiste.
Un record, tenuto conto che appunto sono passati solo quattro giorni da quando ho raccontato la storia di una ragazza normalissima, come tante altre, diretta per la prima volta negli Usa dove sarebbe stata per due anni a fare la "ragazza alla pari" in una famiglia americana, incrociata per caso all'aeroporto, questa estate.
I commenti sono stati una quindicina. Alcuni li ho anche ricevuti al mio cellulare: "Ho letto la nuova storia di Aria Fritta. Non ti nego che mi hai smosso qualcosa dentro, e infatti mi viene da piangere e non so perché...".
Oh, se solo per questo, ho risposto, ha emozionato e non poco anche me scriverlo. E anche dopo, ogni volta che lo rileggevo...
Già, quel racconto "qualcosa ha smosso dentro".
Ma cosa?
E' che "io non sono coraggiosa, sono una fifona pigra!", ha aggiunto la giovane amica del messaggio di prima.
Ma chi è che non avrebbe "paura" in quei frangenti, quando cioè si tratta di partire non per una vacanza di uno, due o tre mesi, ma per uno, due o chissà quanti anni...
"La paura me la leggevano tutti in faccia, e appena incominciammo ad imbarcarci feci un passo indietro, e mi chiedevo se non era meglio tornare a casa", ha scritto qui in un commento Maria, negli Usa ormai da vent'anni.
"Andrebbe analizzato con la lente d'ingrandimento l'espatrio volontario di Carla - ci dice Chiara - alla ricerca di una felicità che evidentemente qui non è neppure più pensabile".
Già...
Il fatto è che quella "felicità", Carla, proprio non se l'aspettava e forse non se l'era nemmeno cercata tanto. Né aveva l'aria di una che "fuggiva". Aveva solo l'aria di una ragazza di vent'anni che partiva per fare un'esperienza.
Senza sapere che quella sarebbe probabilmente diventata un'occasione.
D'altronde, ripeto, io me la ricordo la sua espressione quando io le dissi "Sempre se avrai voglia di ritornare"...
Per me l'unico modo per "analizzare con la lente d'ingrandimento" questa "ricerca della felicità" - conscia o inconscia che sia - è raccogliere altre esperienze di questo tipo.
Senza tentare troppe analisi, che al massimo potremo (tentare di) fare insieme qui.
Perché so benissimo che non esiste il Paradiso terrestre...
Forse le motivazioni sono racchiuse nelle parole scritte nel commento di Maria e rivolto direttamente a Carla: "Come vedi sono ancora qua, ho fatto esperienze uniche, tante, che purtroppo non avrei mai potuto fare in Italia".
Ecco, forse tutto si spiega semplicemente in queste ultime otto parole.
Soltanto che noi non lo sappiamo.
O se lo sappiamo, facciamo finta di non saperlo.
Spesso per la paura di agire.
Appunto.
© dario celli. Tutti i diritti sono riservati
Un record, tenuto conto che appunto sono passati solo quattro giorni da quando ho raccontato la storia di una ragazza normalissima, come tante altre, diretta per la prima volta negli Usa dove sarebbe stata per due anni a fare la "ragazza alla pari" in una famiglia americana, incrociata per caso all'aeroporto, questa estate.
I commenti sono stati una quindicina. Alcuni li ho anche ricevuti al mio cellulare: "Ho letto la nuova storia di Aria Fritta. Non ti nego che mi hai smosso qualcosa dentro, e infatti mi viene da piangere e non so perché...".
Oh, se solo per questo, ho risposto, ha emozionato e non poco anche me scriverlo. E anche dopo, ogni volta che lo rileggevo...
Già, quel racconto "qualcosa ha smosso dentro".
Ma cosa?
E' che "io non sono coraggiosa, sono una fifona pigra!", ha aggiunto la giovane amica del messaggio di prima.
Ma chi è che non avrebbe "paura" in quei frangenti, quando cioè si tratta di partire non per una vacanza di uno, due o tre mesi, ma per uno, due o chissà quanti anni...
"La paura me la leggevano tutti in faccia, e appena incominciammo ad imbarcarci feci un passo indietro, e mi chiedevo se non era meglio tornare a casa", ha scritto qui in un commento Maria, negli Usa ormai da vent'anni.
"Andrebbe analizzato con la lente d'ingrandimento l'espatrio volontario di Carla - ci dice Chiara - alla ricerca di una felicità che evidentemente qui non è neppure più pensabile".
Già...
Il fatto è che quella "felicità", Carla, proprio non se l'aspettava e forse non se l'era nemmeno cercata tanto. Né aveva l'aria di una che "fuggiva". Aveva solo l'aria di una ragazza di vent'anni che partiva per fare un'esperienza.
Senza sapere che quella sarebbe probabilmente diventata un'occasione.
D'altronde, ripeto, io me la ricordo la sua espressione quando io le dissi "Sempre se avrai voglia di ritornare"...
Per me l'unico modo per "analizzare con la lente d'ingrandimento" questa "ricerca della felicità" - conscia o inconscia che sia - è raccogliere altre esperienze di questo tipo.
Senza tentare troppe analisi, che al massimo potremo (tentare di) fare insieme qui.
Perché so benissimo che non esiste il Paradiso terrestre...
Forse le motivazioni sono racchiuse nelle parole scritte nel commento di Maria e rivolto direttamente a Carla: "Come vedi sono ancora qua, ho fatto esperienze uniche, tante, che purtroppo non avrei mai potuto fare in Italia".
Ecco, forse tutto si spiega semplicemente in queste ultime otto parole.
Soltanto che noi non lo sappiamo.
O se lo sappiamo, facciamo finta di non saperlo.
Spesso per la paura di agire.
Appunto.
© dario celli. Tutti i diritti sono riservati
io comunque continuo ad aspettare... e tu sai bene cosa!!!
RispondiEliminaDonna di poca fede!
Eliminacristian
RispondiEliminaHai perso le parole, Cristian?
Elimina:-)
Non credo tu ti debba meravigliare più di tanto sulla curiosità che ha suscitato il tuo post.
RispondiEliminaAlla base c'è un grande malessere collettivo, e queste storie ci fanno ben sperare sul possibile riscatto delle generazioni future, così lontane dalla generazione "valigie di cartone" eppure così simili.
Carla è stata coraggiosa e forte, pur essendo così giovane, partendo verso un Continente che ancora una volta attraverso i risvolti della sua storia, ci dà una ulteriore grande dimostrazione di quello che rappresenta ed è realmente l'America
Saluti.
M.A.
Sono una dei tanti che ha letto il tuo post, con un motivo in più. Mia figlia, laureata al Politecnico di Milano è fuggita dall'Italia, dove non è riuscita a trovare uno straccio di lavoro,è andata a studiare in un campus vicino a New York, comprensivo di tirocinio gratuito, per avere un'opportunità che qui non si trova. L'abbiamo lasciata in aeroporto in lacrime, non solo lei, terrorizzata ventitreenne che dimostra sì e no 18 anni. Adesso è felice, in due mesi parla bene l'inglese e dice che spera tanto di poter trovare lavoro e restare lì. Mi scuso per la lunghezza del post,è solo un esempio in più di ciò che i nostri ragazzi definiti incontentabili bamboccioni, sono costretti a fare per avere una vita secondo le loro, aspettative, inseguendo sogni che in Italia mai si realizzeranno.
RispondiEliminaCara Antonella,
Eliminami sarebbe invece piaciuto invece che il tuo intervento fosse lungo il doppio, il triplo...
Non ti nego che io preferisca i giovani che decidono di agire, di uscire dal torpore che questa vita (noi?) li ha obbligati.
Ma è una "costrizione" che fa crescere e che li rende migliori.
Basta vedere che passo diverso hanno i ragazzi quando poi tornano.
Sempre che poi tornino...