Oh certo: c'è chi dice che questo tipo di guida (grazie - o a causa - delle auto con il cambio automatico) sia noiosa. Ma io, invece, trovo sia raro guidare così rilassati, in strade tranquille, sempre con poco traffico.
E con le radio che trasmettono sempre musica magnifica.
Perfetta per viaggiare.
Senza stress.
Negli Usa, nell'arco di qualche decina di chilometri, si passa facilmente da strade così nei dintorni di Los Angeles...
(Cinque corsie, più una per "car pool" - auto con più di due passeggeri a bordo - e più due corsie di emergenza, una a destra e una a sinistra) |
a strade così:
Velocità costante, musica perfetta, traffico praticamente inesistente...
Panorami, silenzio, musica.
Viaggiavamo verso sud.
O meglio est-sud-est.
Partiti dalla California, ci siamo diretti verso la Death Valley e poi verso il Nevada.
Per gustare un piccolo assaggio di Utah.
Ma volevamo poi arrivare ancora più giù, verso l'Arizona e il New Mexico.
Uh, avessimo potuto avremmo viaggiato per mesi.
Per anni...
Davvero, cari amici: solo quando si viaggia sulle strade americane - con il fido atlante Road Atlas aperto (per decidere di andare un po' a caso, a zonzo) e il navigatore acceso (ché dà sicurezza...) - si capiscono intimamente le parole del dialogo scritto da Jack Kerouac nel suo "On the road":
"Sal, dobbiamo andare e non fermarci più finché non arriviamo...
- Per andare dove, amico?
Non lo so, ma dobbiamo andare...".
Se poi il viaggio lo si fa su un bolide come questo, enorme, sicuro, bellissimo...
(In uno dei prossimi racconti vi dico dove eravamo qui...) |
Insomma, viaggiavamo tranquilli, come quasi soltanto percorrendo le strade americane si può fare.
E così succede che mentre si cavalcavano le strade del sud New Mexico, ci si può trovare di fronte all'improvviso ad una vera e propria immagine "da cartolina".
E' accaduto quando siamo arrivati, ad un certo punto, nella Otero County, è lì, al confine con il Texas e il Messico. Territorio, oggi, amministrato degli Apache Mescaleros.
Avevamo passato da poco Alamogordo, e a 1400 metri d'altezza ci siamo trovati a passare laddove fino al secolo scorso sorgeva il paesino di Three Rivers.
Del quale, oggi, non rimane più nulla. Tranne la vecchia scuola del 1904.
Che è ancora lì.
Bellissima.
E' così, amici di Aria Fritta.
L'America è spesso così.
L'America ti regala, quando meno te lo aspetti, queste immagini.
Talmente belle da sembrare finte.
Ci siamo trovati davanti questa casetta rossa con quell'auto bianca parcheggiata davanti.
Attorno non c'era nessuno, e la porta di ingresso della vecchia scuola di Three Rivers l'abbiamo trovata così, aperta.
Alle finestre, vetri intatti.
Siamo entrati in punta di piedi, con la paura di rovinare quello che sembrava quasi un incantesimo: l'interno era vuoto, senza nessun mobilio.
Pavimento con listoni di legno grezzo e pareti candide.
Vi confesso che dopo la sorpresa, uno dei primi pensieri che mi è passato per la mente è stato immaginare in che condizioni sarebbe finito in Italia un edificio del genere, non recintato, e non chiuso a chiave.
Evidentemente, da queste parti, di vandali non ce ne sono. O c'è il giusto rispetto per il passato, patrimonio di tutti.
O non si scaricano rabbia e frustrazione attraverso atti vandalici.
O non lo so...
Guardate di nuovo la foto: persino la campanella sulla cima del tetto è ancora lì, al suo posto, quasi come se dovesse richiamare da un momento all'altro gli studenti nella sua unica aula.
Quell'auto degli anni '60 parcheggiata davanti, poi, sembrava essere stata messa lì apposta per far scattare una foto a due viaggiatori europei di passaggio.
E proprio mentre eravamo un po' increduli di fronte a tutto questo, a 574 miglia di distanza (quasi 1000 km più ad est, ad Oklahoma City) un gruppo di operai stava ristrutturando un'aula di una scuola simile, sempre di quell'epoca, di quegli anni.
L'Emerson High School di Oklahoma City è, infatti, del 1895.
La capitale dell'Oklahoma era stata fondata appena sei anni prima, ma divenne presto una cittadina importante abitata da più di quattromila persone.
Quella era una capitale, dunque è facile capire come la loro scuola superiore - prima scuola superiore pubblica della capitale dell'Oklahoma - fosse, intanto per dimensioni, assai differente dalla piccola scuola di Three Rivers, Nuovo Messico...
A ben pensare, la vicenda che vi sto per raccontare è paradossale: un bello scherzo del destino per la preside Sherry Kishore.
All'Emerson High School da tempo, infatti, erano previsti lavori di ammodernamento. Con un budget (ho letto e riletto la cifra...) agli occhi di noi italiani - e i lettori insegnanti me lo potranno confermare - gigantesco: 700 milioni di dollari. Qualcosa come 626 milioni di €uro.
Solo per sistemare questa scuola.
Vabbè...
Tra le altre cose, al posto delle vecchie nere in ardesia, la ristrutturazione prevedeva l'installazione di moderne lavagne elettroniche luminose.
E allora, intanto, vai di mazza e scalpello: via le sottili contropareti di legno e di cartongesso per far passare canaline e cavi in fibre ottiche delle nuove lavagne...
E qui la sorpresa, che ha lasciato a bocca aperta i nerboruti muratori, nella norma assai inclini a buttar giù tutto.
E chi s'è visto, s'è visto.
La loro prima mazzata al muro aveva evidenziato chiaramente che "sotto", dietro a quella sottile parete, c'era qualcosa...
E allora hanno iniziato a lavorar di fino.
Insomma, dietro c'era una lavagna. Dove c'era ancora scritto qualcosa!
Macché "una" lavagna!
Era l'intera parete ad essere "a lavagna"!
E l'intera lavagna, l'intera parete, portava scritte a gesso.
Frasi, calcoli, disegni...
Chiamati dai muratori, gli ingegnanti della scuola, preside in testa, arrivarono di corsa per ammirare, sbalorditi, quello che era uno straordinario reperto di "archeologia scolastica".
La sottile parete della scuola, infatti, era stata sovrapposta alle lavagne di un secolo fa, contribuendo a conservare intatto tutto quanto era stato scritto e disegnato sulle loro superfici.
Come se non fosse passato nemmeno un giorno.
E si trattava di cose, come si legge in quell'appunto di un insegnante di quel tempo, scritte nel novembre del 1917, il 30 novembre del '17.
E così sono venuti alla luce disegni di alunni...
e una tabella con le previsioni del tempo per le settimane successive.
Poi sono rinate le annotazioni di insegnanti, con i loro appunti per gli studenti.
Come questa scala musicale...
E poi una caravella, disegnata il giorno in cui un'insegnante ha evidentemente parlato in classe di Cristoforo Colombo...
E poi altri disegni, che rappresentavano uomini e donne in abiti allora in uso...
Poi una gallina che "vigila" su alcuni esercizi di aritmetica...
Infine una strana tabellina "a ruota", probabilmente per esercizi sulle moltiplicazioni...
"Non ho mai visto questo metodo in vita mia", ha detto sbalordita ai suoi colleghi la preside, la prof. Sherry Kishore.
Alla quale, poi, è venuta un'idea.
E' andata a casa, tornando in quell'aula con la madre 85enne, alla quale non le aveva preannunciato nulla.
Quando l'anziana donna si è trovata davanti a quelle lavagne con quei disegni, con quegli appunti, ha sbarrato gli occhi, incredula.
E ha sussurrato che sì, quelle erano "le cose" che aveva studiato quando, lei bambina, andava a scuola.
Poi non è riuscita a dire più nulla.
E ha pianto.
Cosa ci faranno, di quelle lavagne, non so.
Ma, conoscendo gli americani, so che saranno capaci di valorizzare al massimo questa scoperta.
E so che ne avranno cura.
Come loro sono sempre in grado di fare...
Risalimmo sull'auto, noi.
Eravamo passati da Three Rivers non per la scuola (della quale non sapevamo dell'esistenza) quanto per le oltre 21mila incisioni rupestri tracciate sulle rocce dai primi abitanti della zona, gli Jornada Mogollon.
Si tratta di una popolazione nativa che viveva in questa zona del New Mexico (e in generale nelle regioni a nord del Messico) fra il 300 e il 1300 dopo Cristo.
Erano "i vicini di casa" degli Anasazi, popolazione nativa pre-colombiana che si era invece installata più a nord, in New Mexico, Arizona, Utah, Colorado.
Il ricordo che i Mogollon hanno lasciato ai posteri lì a Three Rivers è emozionante.Più di 21mila petroglifi - disegni incisi su pietra - che raffigurano umani, e mani, e piedi, e animali e sole e luna.
Si può stare lì, a passeggiare in mezzo a queste meraviglie, per ore.
Era tutto lì, inciso sulle rocce ai nostri piedi.
C'è un volto, che la forma della pietra sulla quale è stato inciso rende quasi tridimensionale...
Rocce che portano incise figure umane e di animali...
Pezzi di storia dell'America.
Che un passato ce l'ha.
(E che qui sono stati gli spagnoli, a cercar di cancellare...).
© dario celli. Tutti i diritti sono riservati
Lo sostengo sempre, io, che la storia qui c'e`! Diversa, forse piu` recente (forse, dato che non riusciamo a risalire a tempi passati come succede in Europa) ma c'e`! Senza ombra di dubbio!!!
RispondiEliminaGran bel pezzo, come sempre!
Un abbraccio!!!
L&M
Grazie!
Eliminad.
stupendo come sempre ciao cristian
RispondiEliminaEsagerato...
EliminaCiao!
d.
Amo, adoro il tuo modo di raccontare. L'America, quella vera, quella che viene dal cuore. Mi fai emozionare, sognare e vivere quello che per ora posso solo immaginare, attraverso le tue bellissime parole e le tue fotografie. Grazie, di cuore.
RispondiEliminaMamma mia...
EliminaAnche se scrivere, in fondo, è "una tecnica", la mia tecnica è, sì, scrivere con il cuore.
E perché io possa con/dividere ciò che vedo.
Le mie emozioni.
Grazie, Laura.
d.
P.S.: Giuro che non l'ho pagata e che non la conosco...
:-)
Bellissimo racconto.
RispondiElimina:-)
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