PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

giovedì 26 gennaio 2012

"Domani me ne vado. Mi trasferisco in America"

Giordano ha 27 anni.
Giordano, domani, parte. 
Lascia l'Italia.


Giordano, domani, si trasferisce negli Stati Uniti.


Geometra ("Ho fatto una fatica per diventarlo...") Giordano abita vicino a Varese. 
Anche se abita in Lombardia, la sua è una famiglia di emigrati: la madre siciliana, il padre napoletano. E come quasi tutte le famiglie meridionali, Giordano ha parenti emigrati all'estero. E come molte famiglie meridionali, uno dei suoi zii da alcuni decenni vive negli Stati Uniti.


Parlare oggi con Giordano, significa parlare con una persona, un giovane, pieno di sensazioni in conflitto fra loro: euforia, paura, entusiasmo, preoccupazione, incertezza.
E rabbia.


Quando mi racconta la sua storia, quasi non sa da dove iniziare. 
Capisco che la sua è la storia di un giovane italiano qualunque: la scuola, poi tanti piccoli lavori, tanta precarietà, qualche concorso, tanti curricula inviati. Nessuna risposta, o quasi.
Ha iniziato presto, a lavorare, lui: andava ancora all'istituto tecnico per geometri. Al mattino, scuola; al pomeriggio lavoro.
Poi poco per volta il lavoro chiese spazio alla scuola: e allora per agguantare il tanto agognato diploma, Giordano si iscrisse alle scuole serali.
Già: in Italia esistono ancora le scuole serali...


Ha fatto di tutto, Giordano, in questi anni.
"Di tutto: il manovale edile, l'addetto alle pulizie, il geometra in una agenzia immobiliare. Ho fatto anche il vigile del fuoco, la guardia giurata e il militare in Marina. Ho anche avuto un piccolo negozio e per un certo periodo ho vivacchiato facendo creazioni artistiche artigianali.
Ma niente.
Erano tutti lavori provvisori, a termine, precari.
Ho inviato il mio curriculum dovunque pensassi di poter essere utile: ma anche qui, niente...".
L'ultimo qualche mese fa: "Sì, e poi o deciso di fermarmi: l'ho inviato ad una azienda di raccolta  smaltimento rifiuti che cercava geometri. Ma anche qui, niente. Nemmeno mi hanno risposto, quelli".


Come quasi tutti i giovani, dopo il diploma Giordano ha fatto anche il suo bel concorso pubblico: "Superato con il punteggio di 90/100. Ma questi ci hanno messi nel dimenticatoio...".


Giordano è arrabbiato.
E' arrabbiato come lo può essere un qualunque ragazzo che a 27 anni non capisce quale possa essere la sua strada. Anche perché le vede tutte sbarrate, lui, le sue strade.
"Me ne vado perché sono arcistufo, guarda. Non ce la faccio più. Io voglio vivere. Vivere una vita normale. Soprattutto una vita normale con uno straccio di futuro", mi dice.


In verità, una fortuna, lui, ce l'ha: ha uno zio negli Stati Uniti, in New Jersey, che partito dall'Italia come tutti gli italiani "in braghe di tela", ora ha una piccola azienda.
"Sì, l'ho sentito: mi ha detto 'vieni e vedremo. Se hai voglia di metterti in gioco e di farti il culo ce la farai, qui'".


Racconta che ci è già stato, negli Usa: "Sì, due volte, un mesetto ogni volta. E sùbito mi sono accorto che lì è davvero un altro mondo..."
E quando gli dico che anche lì non è che se la passino molto bene mi risponde di getto: "A parte che da un anno e mezzo le cose iniziano ad andare meglio, non è certo una crisi come quella italiana. Ma tu ci sei mai stato in America??".


Sorrido, lo lascio sfogare: "Guarda: quello è un altro Paese. Se le cose vanno male, là sanno come rialzarsi. E' come se te lo insegnassero fin da bambino. Qui in Italia, invece, le cose non cambiano mai. Io credo che le cose qui in Italia non cambieranno mai... Io, qui, mi sento stretto, mi sento rinchiuso in una scatola, senza possibilità di esprimermi. Da bravo artista là mi inventerò qualcosa: magari riuscirò a farmi assumere da qualche parte".


Una decisione, la sua, maturata poco per volta: durante le telefonate che la sua famiglia fa per le feste con lo zio in America, ogni volta che prende atto che nessuno nemmeno risponde all'invio del suo curriculum, ogni volta che parla dell'argomento "lavoro" con gli amici, ognuna delle due volte che è stato negli Stati Uniti, ogni volta che suo zio è venuto in Italia, ogni volta che ha letto di ragazzi che se ne vanno dall'Italia, ogni volta che parla di "futuro" con la sua ragazza.
Già, la sua ragazza, Sara... Gli chiedo come l'ha presa e cosa gli ha detto della decisione.
"Mi vuole un gran bene, lei. Sa che saremo lontani, ma mi ha sempre spinto a seguire i sogni. E poi, i miei sogni sono anche i suoi, ora. Sappiamo che ci vedremo fra qualche mese, quando lei verrà in America a trovarmi".


Faccio "l'avvocato del diavolo" e gli chiedo come pensa di fare come il "visto"... Mi interrompe, raccontandomi che è stato fortunato. Forse è proprio vero che "la fortuna aiuta gli audaci".
"Già: ho fatto domanda per avere il 'B1-B2' (il visto che permette di stare per sei mesi negli Usa per "turismo o per affari", NdA), ho raccolto tutta la documentazione che era prescritta, che poi per quanto riguardava me consisteva sostanzialmente soltanto nella documentazione finanziaria della mia famiglia (certificato di proprietà della casa ed estratto conto del conto di suo padre, NdA) visto che sono disoccupato".
Salto sulla sedia: "Ma no che non ho detto che sono senza lavoro! Ho detto che andavo a trovare mio zio! Insomma, faccio la domanda on-line, così come previsto, e quelli mi fissano a cinque giorni dopo l'appuntamento per il colloquio con il console. Cinque giorni! Capisci?!?! Ho fatto la foto, tutti i documenti che richiedevano, ho pagato i 112 €uro della tassa consolare, e quella mattina mi sono messo in coda nel gelo milanese (e chiedo scusa, a Sara che mi ha accompagnato...) e poi mi hanno fatto entrare.
Guarda, già là dentro sembrava un altro mondo...".


Già, lo ricordo benissimo quel momento, quando anch'io chiesi il visto: tutto pulito, tutto moderno, televisori alle pareti che mandavano in diretta la Cnn, gli interruttori (e persino le maniglie delle porte) "americani", la cortesia delle impiegate e quella del console.
"Qualche domanda cortese sulla mia famiglia, sulla casa di proprietà, e mentre io me la facevo sotto mi ha sorriso e mi ha detto di passare a prendere il passaporto con il visto stampato.
Così me ne posso stare negli Usa per sei mesi, con la possibilità di estenderlo per altri sei. E mentre ero lì vedevo persone alle quali la domanda di visto era stata respinta per vari motivi: perché la documentazione non era regolare, o perché non completa...
Quando sono uscito, dopo aver conquistato il visto, mi sembrava di aver conquistato l'America".
In questi ultimo mese ha fatto "ripasso" più volte la settimana con alcuni suoi amici madrelingua americani, Giordano, per "rafforzare" il suo inglese. 


E ha venduto tutto quello che aveva di suo: "Guarda, sinceramente avevo poco... E poi non volevo pesare sui miei: mio padre fa fatica a pagare il mutuo, figuriamoci! Come potevo chiedere soldi a loro? Il computer l'ho venduto per ricavare i soldi del biglietto; poi ho venduto un po' di cose che avevo nella mia camera... Insomma, alla fine ci ho ricavato più o meno 300 euro. Meglio di niente, sono quasi 400 dollari". 


Voglio capire meglio il suo stato d'animo, le sue sensazioni: "Cosa vuoi che ti dica, non ti nego che ho paura. Sento un po' un vuoto se comincio a guardarmi indietro, misto alla sensazione di delusione, la sensazione di essere stato come tradito dal Paese in cui credevo tanto. Ed è questo che mi dà la spinta per farlo, questo benedetto salto nel vuoto!
Sono arrabbiato e deluso per il fatto che devo cercare altrove ciò che il mio Paese non ha saputo offrirmi. Sì, anche tanta rabbia: ma sicuramente starò meglio e non mi mancheranno certo personaggi dello spessore dei nostri politici.
Voglio smammare da questo Paese vecchio, con una mentalità altrettanto vecchia. Mi fa rabbia perché il MIO, e scrivilo in maiuscolo, il MIO Paese mi ha sempre ostacolato, non mi ha mai minimamente aiutato. Mi ha cercato solo quando c'era da pagare. Per il resto niente...".


"Io ho pure dato tre anni della mia vita allo Stato... E pensa un po'... Proprio ieri, sì, ieri - mi dice alzando il tono della voce e scandendo le parole - dopo un anno che avevo fatto il concorso per entrare nei Carabinieri mi hanno risposto. E mi hanno detto che l'avevo passato..."
Ho capito bene?
Hai fatto il concorso per fare il Carabiniere e l'hai passato? gli chiedo.
"Sì, ma io avevo già fatto il colloquio con il consolato, avevo già comprato il biglietto. L'ho considerato un segno del destino. Li ringrazio pure del fatto che non me l'abbiano inviata prima la risposta, altrimenti non so... Credo sarei stato obbligato ad accettare. Avrei dovuto fare servizio militare volontario per quattro anni, e poi sarei potuto entrare nei Carabinieri. Per cosa?
Per un posto "sicuro", pagato 900 euro al mese, per essere trattato di merda o da gente 'fissata' o da gente 'senza sogni', per fare oltretutto quello che non volevo e voglio fare.
Guarda, io odio le gerarchie, odio le guerre... Faccio fatica ad amare questo Stato che non mi ha dato niente.
Mio padre, per esempio: è dovuto emigrare, lasciare la sua terra per lavorare come un mulo per una vita, a casa lavora solo lui e ora quasi non riesce a pagare il mutuo della casa, quella casa che ha sempre considerato la conquista della sua vita".
Mi sa che i tuoi non l'hanno digerita bene, queste due tue decisioni...
"Quasi non mi importa, se devo essere sincero. Voglio provarci, ho questa possibilità e voglio sfruttarla, viverla. Voglio dire di fronte ai miei amici 'Oh, io voglio di più. Io ci provo. Io voglio, devo, rifarmi una vita'.
Se penso alla vita che ha fatto mio padre mi viene da piangere... Io non voglio fare la stessa fine e non voglio che la mia futura famiglia passi quello che ho passato io... E scusami dello sfogo..."


Sorrido, pensando a cosa riserva, a volte, il destino...
"Sì, è buffo, il destino. E' un casino la vita. Ma ho voglia di viverla, non voglio chiudermi in una caserma, 'SignorSì, SignorNo'... Io voglio vivere. Non esiste: questa volta non mi fregano. Devo fare di meglio, so che ne ho le capacità: voglio offrire qualcosa di meglio alla mia ragazza, e ai nostri futuri bambini..."
Cosa dice lei del concorso che hai vinto?
"E' rimasta un po' in silenzio, mi ha guardato negli occhi con una espressione un po' incerta e poi mi ha detto: 'Mah, meglio provare andare là'.
Guarda, so benissimo che là, in America, la vita è mica facile, ma 'sbattimento per sbattimento' preferisco farmelo negli Usa. Io ora sono 'troppo carico', sono carico di voglia di fare, di vivere. Certo, me la faccio anche un po' sotto perché so che là dovrò praticamente partire da zero.
Forse mio zio un lavoretto me lo trova, lui mi sta aspettando, forse lui ha i contatti e l'esperienza affinché io possa aprirmi una attività. Ma so per certo che dal primo istante mi devo rimboccare le maniche..."
E i tuoi amici? Che ti dicono?
"Dicono che mi invidiano. Parecchio. Stasera faremo la cena tutti insieme e poi domani, via...".


Mi dice che nella fortuna non ci ha mai creduto, ma che crede nelle sue possibilità, che è "strapieno di idee" e che non finirà come in Italia, dove nessuno lo ha finora ascoltato, dove quando voleva affittare un negozio gli hanno detto di "no" perché aveva poco più di 20 anni ed era troppo giovane.
Mi parla di "un Paese che ti preclude ogni possibilità e che ti tappa la bocca", "di un Paese di boccaloni che crede a chi dice che i ristoranti e gli aerei sono pieni...".


Poi mi saluta.
Ci sono gli amici che lo aspettano, per la festa di "addio". 
Ma soprattutto domattina c'è l'aereo che lo porterà a New York.


Mi dice che mi vuol fare un regalo, mi dice di guardarlo.
E' un file di You Tube.
Mi scrive: "Lo guardo a ripetizione in questi giorni... Ma anche se non arriverò là in nave, il mio viaggio è come il loro. 
Come le loro emozioni.
Che sono le mie..."




© dario celli

21 commenti:

  1. Però la nebbia è la stessa del comasco... :)

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  2. Grazieeee!!!!!! Mi hai fatto piangere.....

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  3. Giordano, le tue parole, la tua rabbia sono le stesse che prova la maggior parte dei giovani in Italia...
    In bocca al lupo e complimenti alla tua ragazza, forti e coraggiosi entrambi!!

    gio

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    1. E non solo i giovani... io a 42 anni quasi, cerco ogni giorni un modo per andarmene...

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  4. sono un po' perplessa....

    capisco la voglia di prendere e di venire in america e di cambiare, di aprire un'attivita' ecc.... ma si puo' fare con il visto tipo B?

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    1. Si, il ragazzo ha tanti sogni e desideri...ma si dovrà scontrare presto con leggi americane..

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  5. In bocca al lupo Giordano!
    (ho provato a commentare sul tuo blog ma non me lo fa fare :( )

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  6. Bravo Giordano, ce la farai. L'America, che tanti ne dicano, e' ancora una terra di opportunita' per coloro che hanno lo spirito avventuriero, coraggio e tanta volonta'. Bravo Celli, come al solito quando scrivi fai sempre breccia ai cuori. Il tuo non e' solo un mestiere, e' un dono... grande dono che usi in maniera eccellente. Spero sempre che tu possa continuare a scrivere su questo blog... ma da questa parte del mondo.... L'America... che tu conosci molto bene, forse quanto Roma! Un abbraccio dall'America!!

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  7. Leggendo la storia di Giordano, magnificamente scritta da Dario, ho provato una grande emozione, eppure di storie come questa ne ho lette o sentite a migliaia. Il mio amico Danilo di storie di emigranti o di "gente semplice" ne ha scritte tantissime e altrettante me ne ha raccontate, ma ogni volta è come se fosse la prima. Vivo in una cittadina dove negli ultimi 45 anni sono nati più miei concittadini a Solingen (D) che qui. Abbiamo 3.200 residenti, ma circa 4.000 persone originari della mia città vivono negli stati uniti. Moltissimi hanno fatto fortuna all'estero il loro lavoro, la loro maestria è stata premiata e valorizzata, stanno in tutti i sensi, però ogni volta che sentono ITALIA, SICILIA, TRAPPETO, sono assaliti da grande nostalgia, i ricordi di infanzia, gli amici, i parenti, i luoghi sono rimasti scolpiti nei loro cuori, nelle loro menti per sempre, grazie Dario, grazie Giordano.

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    1. E' la lacerazione che prova chi si sente legato alle proprie radici, ma sa che non può più, ormai, tornare indietro.
      E' la struggente nostalgia di chi sa che soffrirà per sempre, perché altrove ha trovato quello di cui aveva diritto.
      Un lavoro, il benessere, un futuro.

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  8. Vi ringrazio tutti...non ringraziate me perchè non ho fatto null'altro che prendere i miei pochi abiti e partire...un abbraccio sincero e affettuoso a tutti coloro che sanno cosa si prova... ciao dagli Usa..

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    1. com'è andata poi negli USA?

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    2. Ciao Giordano, il tuo racconto è toccante e quello che provi è la stessa amarezza che ho io nel cuore ... la stessa rabbia che mi ha fatto prendere la decisione di fare quello che hai fatto tu.

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  9. In bocca al lupo Giordano. Sei forte e ce la farai!!!

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  10. grazie.... tra due settimane parto anch'io.... che conforto leggere le tue parole

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  11. Leggendo questa storia mi sono EMOZIONATO molto !!! bella storia.. Anchè perchè un pò mi ci rivedo !!! Io lo zio negli States c'è l'ho pure , il primo viaggio negli States l'ho fatto !! E le lacrime all'Aereoporto di New York per il rientro in Italia non si dimenticano!!!

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    1. Grazie delle tue parole, amico/a.
      Torna in queste pagine, ogni tanto.
      E se decidi di tornare a trovare lo zio d'America, fammelo sapere e raccontami le tue sensazioni e i tuoi progetti, così da poter raccontare la tua, di storia...

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  12. Ciao Giordano,
    bella storia... adesso sei sempre negli USA?? T sei affermato??
    Anche io credo che faro', dopotutto mia moglie e' americana.
    Saluti

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