PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

lunedì 18 aprile 2016

Bobbi e Nick: storia di musica, amore e anarchia...

Nello slogan c'era tutto il programma.
Sarebbero stati “Tre giorni di pace e musica”

Nelle intenzione doveva essere un "normale" (grande) concerto. 
Nella realtà diventò invece il manifesto di una generazione, il momento più “alto” della diversa - e radicalmente opposta - concezione di vita rispetto alle convenzioni borghesi dell'America di allora.

E basta scrivere una sola parola per farvi capire cosa sto per raccontarvi: Woodstock

Woodstock, dal nome di un piccolo paese (oggi di seimila abitanti) dello Stato di New York.

Simbolo dell’iniziativa era una colomba (della pace) appollaiata su un manico di chitarra, impugnato da una mano le cui dita fanno più o meno l'accordo "re6".
Come si legge nel poster, affisso a migliaia di copie un po' dovunque nello Stato di New York, l'appuntamento era per il 15, il 16 e il 17 agosto del 1969.

“Doveva vedere la strada da cui arrivano tutti: è ancora il primo giorno ma è uno spettacolo! Tutti qui parlano liberamente, tutti sono mezzi nudi!”, raccontava una ragazza (ovviamente nuda) ad un compassato cronista del New York Times tutto vestito per benino, che la intervistava mentre lei faceva il bagno in un laghetto insieme ad altre decine di giovani.

Anch’essi completamente, o praticamente, nudi.




L'idea venne a quattro giovanotti per bene (e forse un po' "hippy" nell'anima) di New York: Michael Lang, Artie Kornfeld, John P. Roberts e Joel Rosenman.

Dei quattro, erano questi ultimi due ad avere un po' di soldi da parte; denaro, dissero, che volevano investire in qualche iniziativa.
Redditizia, ovviamente, e (possibilmente...) divertente.

John P. Roberts e Joel Rosenman
Presentandosi addirittura come"Challenge International Ltd", pubblicarono una improbabile inserzione sul New York Times e sul Wall Street Journal: "Giovani con capitale illimitato cercano interessanti opportunità (legali) di investimento e proposte d'affari".
"Improbabile" ma comunque efficace con quel "capitale illimitato"... 
Oddio, forse lì avevano un po' esagerato. Ma doveva pur abboccare qualcuno, no?

E infatti i nostri amici John e Joel vennero contattati da due loro coetanei aspiranti discografici, Michaele e Artie, che da tempo avevano in testa un'idea "meravigliosa": aprire uno studio di registrazione in un piccolo centro della Contea di Ulster, Stato di New York.

 


Era, ne erano convinti, il paesino perfetto per questo genere di iniziativa.
Seimila abitanti, 145 chilometri a nord di New York, già ai tempi della sua fondazione - nella prima metà dell'800 - era teatro di un piccolo festival annuale, e negli anni venne scelta da artisti, scrittori, pittori e musicisti, proprio come luogo dove vivere e trarre ispirazione
. 
Le sue campagne, per esempio, ospitavano anche la casa "fuori porta" di Bob Dylan. 
Una (ancor oggi) graziosa cittadina che si chiamava Woodstock.


("Gli hippy sono sempre benvenuti")

Iniziando a discutere della cosa, ad un certo punto ripiegarono verso un'idea ancora più divertente (e meno impegnativa, in fondo...): organizzare un grande concerto, una grande kermesse musicale - a pagamento, si intende - con i maggiori cantanti e gruppi rock americani del momento. 
Un'idea, ne erano convinti, che sarebbe stata in grado di attirare financo alcune migliaia di persone paganti.

O almeno così speravano...

Iniziarono a contattare gli artisti e - non so come, visto che loro non si erano mai occupati di concerti - riuscirono a mettere insieme ospiti davvero "stellari".
Quasi i migliori di quei tempi. 

Peccato per chi disse "no": Bob Dylan (che aveva il figlio malato), John Lennon (che subordinò la sua presenza a quella di Joko Ono e Plastic Band), Led Zeppelin (che volevano essere l'unica band presente), Jethro Tull (pare che Jan Anderson odiasse gli hippies...) e i Doors (che in quel periodo avevano un po' di grattacapi con la legge; e poi pare che Jim Morrison fosse un po' agorafobico)... 

Alla fine, comunque, misero su un cast di tutto rispetto: ben 32 cantanti e gruppi del rango di Joan Baez (che, tra l'altro era al sesto mese di gravidanza), Richie Havens, Country Joe McDoland, Janis Joplin, Arlo Guthrie, Santana, Canned Heat, Grateful Dead, The Who, Credence Clearwater Revival, Crosby Steel Nash &Young, Jafferson Airplane, Jimi Hendrix, Ten Years After, Joe Cocker, Ravi Shankar e vari altri.

Erano decisamente altri tempi, e la motivazione "spirituale" (e forse la giovane età degli artisti), spinse un po' tutti ad accettare ingaggi - resi noti solo l'anno scorso, 45 anni dopo - che in effetti, oggi, in alcuni casi fanno sorridere.

Il più pagato fu Jimi Hendrix, che ricevette 18mila dollari
Considerato (non a torto) la star del momento, lui esigette il cachet più alto e di cantare alla fine. 
Ma quest'ultima, come vedremo, non fu proprio una brillante idea...

Blood, Sweat & Tears, invece, vennero pagati 15.000 $, Joan Baez e Creedence Clearwater Revival 10.000 $, The Band, Janis Joplin e Jefferson Airplane 7.500 $, e via fino ai Canned Heat che ricevettero come compenso 6.500 $, The Who 6.250 $, Arlo Guthrie e CSNY 5.000 $, Grateful Dead 2.500 $, Joe Cocker 1.375 $. 
Infine, pensate: Carlo Santana accettò di suonare per soli 750 dollari.

Per quei tre giorni di “pace e musica” (e tanto "sessamore"…) i biglietti costavano, in prevendita, 18 dollari (equivalenti a 120 dollari attuali, circa 106 €uro), mentre ai botteghini il prezzo per l'intera "tre giorni" saliva a 24 $.
L’evento, in verità, sarebbe dovuto passare alla storia con il nome assai meno evocativo di “Festival di Bethel”, visto che il consiglio comunale di Woodstock - improvvisamente terrorizzato dalla calata di possibili cinquantamila "Lanzichenecchi" - tolse l'autorizzazione a poche settimane dal via, vietando con un inatteso voltafaccia l’uso del proprio territorio.
Un disastro.

Ma John, Joel, Michael e Artie furono fortunati: trovarono quasi subito una location differente e fecero appena in tempo a ristampare alcune centinaia di manifesti con la nuova indicazione della località: White Lake, località 
nella campagna di Bethel, cittadina di duemila anime che era ad una settantina di miglia da Woodstock.

112 chilometri più in là: manco a "due passi".
Poco meno della distanza fra Torino e Milano.

Questo grazie ad un giovane di Bethel che aveva già in mano il permesso di effettuare un concerto e che, dopo il dietro front delle autorità di Woodstock, provvidenzialmente si fece avanti.
Oddio: è pur vero che il permesso non riguardava "proprio-proprio" un concerto di musica rock. Per la verità, lì a Bethel, il giovanotto ogni anno organizzava per la pro-loco una (assai soporifera, diciamola tutta...) esibizione di"musica da camera". 

Certo, il genere musicale - e il pubblico - non sarebbero poi stati simili: in quei giorni, a Bethel, nell’aria non avrebbero risuonato infatti soavi e rilassanti arie classiche... Così come non sarebbero arrivati i soliti 150 spettatori (quasi tutti over 70...) che negli anni precedenti avevano sempre assicurato la loro presenza all'evento organizzato da quel bravo ragazzo.

Ma intanto dovevano risolvere un problema non certo secondario: dove farlo, quel concerto. Perché, diciamo, il "gazebo" in ferro battuto bianco che veniva solitamente montato sulla Main Street del paese, non era certo proprio adatto...

Ma furono tutti fortunati: provvidenzialmente, proprio da quelle parti (a "White Lake", località nei dintorni di Bethel) si trovava un grande appezzamento di terreno di proprietà di tal Max Yasgur che si fece avanti assai divertito all'idea di vedersi gratis un bel po' di big del rock di quegli anni. 

I quattro andarono a dare un'occhiata a quel "grande prato" e decisero che sì, il terreno a "conca" era perfetto, effettivamente adatto a contenere un bel po' di persone.

Il concerto dunque, quasi all'ultimo minuto, venne spostato qui, anche se i manifesti parlavano ancora di Woodstock.

Meno male che c'era la radio con i suoi notiziari locali...

Pare che i genitori di Max, tipi un po' all'antica, non fossero inizialmente molto d'accordo: ma le loro perplessità svanirono all'istante quando si trovarono in mano un assegno di 50.000 (CINQUANTAMILA!) dollari, che equivalgono, praticamente, a 353.000 dollari di oggi, che significano più o meno 313mila euro...

Per la miseria! 
E chi li aveva mai visti, tutti insieme, quei soldi??

Certo, 50.000 dollari vi potrebbero sembrare tanti per l'affitto di un campo inutilizzato, dove non c'era nulla, e in piena campagna: ma bisogna tenere conto che i quattro ragazzi di New York, nella sola prevendita, di biglietti ne avevano comunque già venduto 186.000 biglietti.

E 186.000 per 18 dollari a biglietto facevano già (e solo di prevendita) 3 milioni e 348 mila dollari!
Tanto per capire: 18 dollari del 1969, oggi equivalgono a 120 dollari: dunque stiamo parlando complessivamente di 22 milioni di dollari di oggi.
Poco più (secondo il cambio del giorno in cui scrivo) di 19 milioni e 300 mila euro.

Porca miseria!

A Bethel, però, non giunsero soltanto le duecentomila persone che avevano comprato il biglietto in prevendita, e che erano state preannunciate alle autorità locali. 
Altre centinaia di migliaia di ragazzi acquistarono i biglietti, infatti, una volta giunti davanti ai botteghini.



I giornali, che prima di quel momenti avevano "snobbato" l'avvenimento ritenendolo solo un banale concerto di quattro capelloni, furono costretti ad occuparsene quando il traffico bloccò quell'intera parte dello Stato di New York

Quando poi gli spettatori che arrivarono raggiunsero quota 500mila, il meccanismo sfuggì dalle mani dei tre giovani promoter, andando gioiosamente “in tilt”. 
Regalando così a tutti gli altri che arrivarono lì ancora senza biglietto, tre straordinari giorni di, altrettanto straordinaria, musica gratis.

Sulle strade della contea di Sullivan, infatti, secondo la Polizia locale - che ad un certo punto praticamente si arrese di fronte a questa specie di "invasione aliena" e che era tentata di chiedere l'aiuto della Guardia Nazionale - si riversarono più di due milioni di persone.

Un milione soltanto la domenica.

Con la situazione sulla State Road 17B, la strada locale, che si presentava così...



Fu pazzesco.
Un evento mai visto.

Successe, appunto, che da tutto l'est degli Stati Uniti giunsero lì, con ogni mezzo, due milioni di ragazzi: un flusso tale di auto, pullman, gente a piedi, che provocò quasi per l'intera settimana la paralisi del traffico di quella parte dello Stato di New York.


Dove, praticamente per sette giorni, la situazione fu questa:  


Fu una mezza rivoluzione (pacifica).

Mai, nella storia degli Stati Uniti, era successo che centinaia di migliaia di ragazzi si trovassero tutti insieme in un luogo, dormendo, poi, dove capitava: in tenda, nelle auto, per terra, ai bordi delle strade di campagna, nei campi, sotto gli alberi. 

Giovani, giovanissimi che, nella maggior parte dei casi, anzi, quasi non dormirono affatto; visto che il concerto andò avanti per tre giorni 24 ore no stop.
Con pause tecniche soltanto per il cambio dei gruppi sul palco e degli strumenti (e per aspettare la fine di improvvisi e violenti nubifragi).

Ragazzi che, per la prima volta, si sentirono "comunità", se non "gruppo".

Furono davvero tre giorni e tre notti straordinariamente di "pace, amore e musica", e che nemmeno alcuni giganteschi acquazzoni - che trasformarono presto l'intera area in un immenso pantano - riuscirono a fermare.





Certo, un milione e più di giovani che per giorni fecero abbondante uso di marijuana, Lsd e alcool, poteva far presagire una vera e propria "apocalisse". 
Ma il bilancio, da quel punto di vista, alla fine fu di (soli) due morti: un ragazzo ucciso da una overdose di eroina ed un altro investito accidentalmente da un trattore mentre dormiva, praticamente invisibile, nel bel mezzo di un campo di grano.

Nelle stesse ore due ragazze incinte - che non avevano voluto rinunciare all’avvenimento nonostante l’avanzata gravidanza - si trovarono a partorire, con il rock che faceva da colonna sonora all'arrivo dei due neonati.

Impossibile, invece, quantificare le migliaia di sicuri concepimenti avvenuti in quei tre giorni a White Lake...


Tre giorni di musica, pace, libertà, fiori nei capelli, amore, spinelli, nudismo, sesso libero, autogestione, anarchia.
E anche di spensierata e allegra disorganizzazione.



Tre giorni di esperimento collettivo, di provocazione e di rivolta ideale, ma anche di pazienza e tolleranza.
In fondo, proprio quello che sembravano aver bisogno quei giovani sempre più insofferenti alle regole opprimenti della società borghese americana di fine anni '60. 

Quanta gente alla fine venne?
 


Complessivamente nei tre giorni - dissero i responsabili della Polizia locale che si limitarono (facendo gli scongiuri...) a fare qualche sporadico controllo e a vedere stupefatti quella massa di ragazzi che pacificamente aveva invaso Bethel e le strade dei paesini dei dintorni - fra il milione e mezzo e i due milioni di persone. 

D'altronde basta guardare le fotografie di allora: roba da far accapponare la pelle.









Due milioni di ragazzi che, pur senza dirselo, avevano deciso di trovarsi lì, in quel puntino sperduto dello Stato di New York, per il puro piacere di stare insieme.

E di stare liberi.

"Insieme e liberi di godere uno stile di vita che è in se stesso una dichiarazione di indipendenza", come scriveva in un editoriale di quei giorni il New York Times, cercando di interpretare e di spiegare ai lettori, assai sbigottiti, cosa diavolo stesse succedendo.

Doveva essere un normale concerto di musica rock, ma le strade completamente paralizzate della Contea e i temporali che provocarono continui black-out, mandarono presto in tilt l'allegra macchina da guerra di John, Joel, Michael e Artie.

Qualche cantante, infatti, non riuscì a raggiungere "White Lake", altri arrivarono solo grazie ad elicotteri.
Con la "scaletta" che così ne uscì allegramente stravolta, e con artisti che salirono sul palco con svariate ore di ritardo.

Ma si sbaglia a pensare che quelli furono tre giorni di "sola" musica.

Furono tre giorni che segnarono contemporaneamente
sia il momento più “alto”, sia l’inizio della parabola discendente di quell’epoca americana, pervasa da sogni e utopie:

il '68, in realtà nato negli Stati Uniti nel 1964 dal discorso dello studente italo-americano Mario Savio all'Università di Berkeley;

dai sogni musicali di Scott McKanzie che cantò l'amore universale e la spensierata bellezza dei fiori nei capelli dei ragazzi di San Francisco;

quella cresciuta con le libere cavalcate delle moto di "Easy Rider" negli infiniti spazi liberi americani;

quella dei giovani obiettori di coscienza americani che, una volta reintrodotta la leva obbligatoria - perché così esigeva la sciagurata guerra del Vietnam - disertarono,  andando in galera o scappando in Canada o in Gran Bretagna.

Di "politica", in realtà, durante i tre giorni di Woodstock se ne parlò poco o niente.
Anzi, il tentativo dell'attivista hippy Abbie Hoffman di perorare, durante l'esibizione degli Who, la causa del poeta beat John Sinclair - in quei giorni condannato a ben 10 anni di carcere per il possesso di due soli spinelli - fu interrotto da Pete Townshend con un violento colpo di chitarra che scaraventò il malcapitato giù dal palco.

"Ma fu solo perché quel tizio cercò di interrompere la nostra performance", si giustificò successivamente il leader degli Who...

Ecco qua.



E questo scatto realizzato da Burk Uzzle, fotografo del settimanale "Life" - proprio mentre, alle sei del mattino, Grace Slick dei Jafferson Airplane cantava "Somebody to Love" ("Non vorresti qualcuno da amare? Non avresti bisogno di qualcuno da amare?") - è forse il simbolo di questa parabola.

Il simbolo della fine di quell'epoca.

Una fotografia che è l'immagine di un grande movimento sfiancato, spossato.
Di due milioni e mezzo di persone sfinite dalla stanchezza al termine di quella pacifica ribellione (soltanto) musicale durata (soltanto) 72 ore.

E' l'immagine di due ragazzi consci che, forse, in quel momento tutto stava davvero finendo. 
"Tutto", e non solo il concerto. 
Due ragazzi che cercavano consolazione in mezzo a quel meraviglioso e faticoso disordine "post rivolta".

Due ragazzi che in quel momento sembravano dire: "Ecco chi siamo, noi di Woodstock.
Ecco chi siamo.

Guardateci: siamo noi, il movimento".
 
Una splendida istantanea, fotografia che, infatti, venne scelta come copertina dell'album - triplo, 21 brani - del concerto.

Una fotografia che sembra dirci
"Ecco chi siamo stati. 
Ed ecco cosa rimane di noi...".

Rimanevano quei due giovani abbracciati - al riparo da tutto il mondo, sotto la loro rassicurante coperta calda - colti in un momento di intimità quasi consolatoria, dopo tre giorni e tre notti di musica, amore, anarchia e libertà.
Quando si era convinti che la musica, e il rock, avrebbero davvero potuto cambiare il mondo.

Rimanevano quei due ragazzi abbracciati, che proprio in quel momento sembrano accorgersi che la strada per proseguire quel cammino passava all'interno del loro "privato". 

Della loro vita di coppia.

L'unica certezza che, in quel mondo così assurdo e incomprensibile, a quel punto sembrava esserci.
Non più la rivolta e la lotta collettiva, ma l'energia provocata dalla forza dell'amore, c
he nessuno - quella davvero nessuno, nemmeno il potere degli adulti o il potere di Washington - avrebbe potuto scalfire.

Nessuno.
E a culo tutto il resto.

Finito tutto, Max Yasgur, il proprietario del terreno, dichiarò stupito ai giornali americani che se gli adulti si fossero ispirati a quei ragazzi "potremmo superare quelle avversità che sono i problemi attuali dell'America, nella speranza di un futuro più luminoso e pacifico". 
Ed in effetti (sarà un caso...) nei giorni di Woodstock non ci furono né aggressioni, né i tanto paventati saccheggi. 

Quei due ragazzi immortalati nella più celebre foto di Woodstock, si chiamavano (anzi, si chiamano) Bobbi Kelly e Nick Ercolin
E in quel 17 agosto - quando il fotoreporter Burk Uzzle, all'alba, li fissò nell'obiettivo di Woodstock - avevano vent'anni.

Oddio
, non è che Bobbi e Nick fossero due "hippie": anzi, in verità non lo erano quasi per nulla, raccontano.

Ma avevano vent'anni, e anche loro ascoltavano quella musica e sentivano "dentro" quelle sensazioni, quel movimento. 
Quella confusione...
Quel disagio... 
Quella voglia di girare pagina...
Di cambiare tutto.

Oggi lei racconta che più che altro era, e si sentiva, una semplice ragazza di campagna, mentre il suo Nick era l'intellettuale che studiava al college. 
Nick che, per pagare il college, si sparava due lavori contemporaneamente.

E' una vita che raccontano agli amici la loro storia: di quando sentirono alla radio cosa stava succedendo nella campagna di Bethel, appena fuori New York, non molto lontano da dove abitavano loro.
Di quando, con gli amici Mike, Kate e Jim - quest'ultimo nemmeno ventenne e già veterano del Vietnam (dal quale, almeno, era tornato vivo) - decisero di andarci anche loro e di arrivarci passando dalle strade di campagna attorno alla casa di Jim. 

Solo che ad un certo punto intuirono che presto sarebbero rimasti bloccati. 
Raccontano di quando riuscirono a parcheggiare l'auto alla bell'e meglio a bordo di un campo e quando vennero poi caricati da un furgone di hippy.
Tutti nudi.

Arrivarono quando il festival era in pieno svolgimento:
"Era un oceano di umanità giovanile - ricordano Bobbi e Nick -: c'era chi, troppo lontano, ascoltava come poteva la musica del palco, chi suonava la chitarra, chi faceva l'amore incurante delle centinaia di persone che passavano accanto, chi fumava uno spinello, chi si vomitava anche il cervello. 
Era un bombardamento di sensazioni... 
Ma sì, in fondo erano buone vibrazioni".

"Good vibrations", appunto...

Visto che non abitavano lontanissimo, Bobbi e Nick aspettarono fino alla fine, e furono fra i (soli) duecentomila che riuscirono a sentir suonare Jimi Hendrix, il quale a causa dei ritardi dovuti ai temporali, ai black out, ai colossali ingorghi dei dintorni e all'allegra disorganizzazione - avendo voluto esibirsi per ultimo - alla fine scivolò alle nove del mattino di lunedì.
Quando ormai se n'erano andate almeno trecentomila persone.

Poterono ascoltare, però, quello che è ritenuto uno dei capolavori di Hendrix: la provocatoria, volutamente distorta, scandalosamente anticonvenzionale, dissacratoria versione dell'inno degli Stati Uniti.
La sua protesta contro un'America che combatteva in Vietnam e che poco rispettava i diritti delle minoranze: quella nera prima fra tutte.

E' una bella storia, questa, cari amici di Aria Fritta.

Una storia di musica, anarchia e amore.

Perché Bobbi e Nick, oggi, stanno ancora insieme.
Sono sposati da una quarantina di anni, hanno due figli, i quali hanno regalato loro due nipoti.

Dopo i giorni di Woodstock, Bobbi lavorò come infermiera in una
scuola elementare; mentre Nick, il suo ragazzo, dopo il college fece il falegname.

E tutti e due ora sono in pensione.
Lui si è pure candidato alle scorse elezioni del proprio comune.
La loro vita si svolge ancora ad appena 45 minuti di distanza da dove fu scattata quella celebre fotografia.

Mi ricordano un po' 
Paolo e Sibilla, miei compagni di scuola che stanno insieme dai nostri, assai turbolenti, anni del liceo (anni "post Woodstock", diciamo...), e che anche loro hanno due figlie, ormai laureate.

E che abitano ancora lì, a cinque minuti dalle aule del Quinto, il nostro mitico liceo di Torino.
"Mitico" non solo perché eravamo giovani pieni di speranza, desideri e sogni...

 
Ogni tanto (ma solo ogni tanto, magari solo per portarci qualche loro nuovo amico...) Bobbi e Nick vanno ancora là, a White Lake.

Dove oggi non va quasi nessun turista, preferendo la famosa Woodstock: la cittadina che però tradì, rifiutando il concerto. 



A White Lake, invece, quel grande prato, c'è sempre.
Là dove loro, e un'intera generazione di giovani americani, vissero quei giorni senza troppi pensieri.
Giorni che entrarono nella storia del movimento giovanile mondiale.

Là dove, loro, giovani innamorati (e con tutta una vita davanti), vennero fotografati e messi sulla copertina di un disco che vendette in giro del mondo decine di milioni di copie.


E dove oggi un cippo di cemento - con quella colomba sul manico di una chitarra - ricorda il luogo dove due milioni di ragazzi americani, dal 15 al 17 agosto del 1969, vissero tre giorni di straordinaria, magnifica, utopia.

Fatta di gioventù, musica, fratellanza universale e sogno.

E pace.
E amore.
E giustizia.
E libertà... 

Aggiornamento:
Bobbi Kelly Ercoline, la dolce Bobbi del disco Woodstock, ci ha lasciato oggi, 24 marzo 2023. 
Ma il suo sorriso, i suoi sogni di un mondo di gioventù, musica, fratellanza, pace, amore, giustizia e libertà non moriranno mai...

Mai.


© dario celli. Tutti i diritti sono riservati 

11 commenti:

  1. Emozionata e commossa.
    Mi fa bene sapere che quei due sono ancora insieme!
    Magia.
    Grazie mille, Dario. Grazie Davvero.

    Esau_Rita

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  2. :-)
    L'amore, a volte, è più forte di tutto.
    Del potere, del tempo, della stanchezza.
    Un po' come i sogni...

    Ciao, Rita!


    d.

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  3. una bella storia di vita e d'amore

    ciao cristian

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  4. Avevo neanche otto mesi allora. Ma leggere questo post mi ha fatto emozionare. Grazie.

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    1. E a me hanno fatto emozionare le tue parole.
      Davvero.
      Ciao, Condensatore!
      E gira un po' fra queste pagine...


      d.

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  5. Le coincidenze (chissà se lo sono, coincidenze). Mi trovo a Derry, nel Bogside, a due minuti da Rossville St e dalle ferite di questa città. Alloggio in un b&b il cui nome, qui, è un fiore nei capelli..."Serendipity", una bella storia di amore, di un padre e un figlio, che hanno scommesso sulla pace e la libertà.
    È la forza della vita, no?

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    1. Sorrido...
      E se le coincidenze non fossero affatto tali?
      ;-)
      Grazie per essere passata da qui!
      Ora gironzola pure in libertà, e quando ti va scrivi quel che pensi, mi raccomando!

      d.

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  6. Risposte
    1. Grazie!
      E ogni tanto fatti un giro fra queste pagine!

      d.

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