PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

mercoledì 31 dicembre 2014

Mica stanno a pettinare le bambole!

Care lettrici, queste righe, in particolare, sono per voi.
Anzi, guardate dove porto oggi la bambina che è (ancora?) in voi...
Perché, in fondo, da qualche parte, c'è ancora in voi la bambina che siete state, vero?

Peccato che io sia assai disordinato, perché - chissà dov'è... - la foto (o era ancora una diapositiva?) dovrei averla ancora da qualche parte.
Una fotografia che feci perché trovai davvero geniale l'idea.

Permettetemi però innanzitutto di sgombrare subito il campo dai moralismi: io, poi, non sono proprio la persona adatta a fare la morale.
Dunque lettori e lettrici, affrontate queste righe con leggerezza e non con il sopracciglio alzato e l'espressione vagamente severa e scandalizzata.

Insomma, vi voglio raccontare di quella volta che rimasi a bocca aperta davanti ad un negozio, che a prima vista scambiai per un normale, semplice, negozio di giocattoli.
E che era, invece, esclusivamente per bambine (uffa...!).
Un negozio (anzi, una catena di negozi) che nasce ancora una volta dalla stessa logica - consumistica, ok... - che potrete toccare con mano in un qualunque supermercato americano. 
Qualcuno obietterà che si tratta di "consumismo spinto all'eccesso" (ma qui si rischia di introdurre un discorso di lunghezza infinita, e queste pagine - lo ripeto - non intendono dimostrare niente né essere un trattato di sociologia politica...). 

Comunque - come ha capito chiunque di voi si sia recato negli Usa e sia entrato in un qualunque supermercato americano - la logica che guida il commercio, in America, è una: scovare, soddisfare, ogni tipo (OGNI TIPO!) di gusto, e cercare di interpretare, anticipare e soddisfare ogni tipo di tendenza, individuando e conquistando nicchie di consumatori le cui esigenze erano fino ad allora state trascurate. 

Le semplici patatine, per esempio: ora, certo, ci sono anche da noi le chips di vari gusti. Ma non vi immaginate quanto sia stato per me difficile, durante i miei primi viaggi americani, individuare negli scaffali dei supermercati Usa, le semplici patatine chips: quelle salate e bon.
Quelle che da noi, per lungo tempo, si sono chiamate semplicemente "Pai", dal nome dell'unica industria che in Italia le produceva.

In America, vi accorgerete, trovare quelle "semplicemente salate" è una mezza impresa, se si tiene conto che ci sono anche quelle "poco salate" o "senza sale"! 

E' comunque quasi più facile trovare, infatti, patatine chips al peperoncino, all'aglio, al bacon, all'aroma di carne barbecue, al mix "sale-aceto", "cipolla-aglio", "panna acida-cipolla", "mango salsa", per arrivare - spingendosi verso i confini più estremi dell'universo "gustativo" - alle "wasabi ginger", financo, poi...
... financo, poi alle patatine chips al gusto "cappuccino".
o:O

"Al cappuccino": avete letto bene.

Che no, non ho assaggiato: non ne ho avuto il coraggio. 
Non ce la facevo proprio...
Negli Usa, dunque, è così.
Si deve cercare di soddisfare ogni gusto, ogni tipologia di potenziale cliente trascurato.

E questo vale, ovviamente, anche per i negozi.
Anche per quelli di giocattoli.

Come sanno benissimo le nostre amiche lettrici, quello femminile è un vero e proprio "universo" fin da quando una donna è ancora bambina: è un mondo (pardon, un "universo"...) complicato, variegato, composto da mille sfumature.
E' un mondo a parte, insomma, sostanzialmente incomprensibile per noi poveri maschietti.

Noi, cosa volete, siamo (stati) più semplici: un fucile, una pistola (peraltro vietetissime a casa mia! Quanto era avanti la signora Rosetta, mia mamma, già negli anni '60...), qualche pacco di Lego o un'autopista elettrica Polistil.
Che quando di curve ne aveva più di tre era da far vedere agli amici.
E bon.

Voi bambine no.
Voi bambine siete "dolcemente complicate" fin da piccole.

Ora che ci penso, ricordo che a Torino c'era un negozio di giocattoli in via Carlo Alberto mi pare, che si chiamava "Il paradiso dei bambini": ecco quella in cui vorrei portarvi oggi è la versione laica, americana (e femminile!) di questo paradiso.

All'apparenza, dall'esterno, si tratta di un "normale" negozio di giocattoli ESCLUSIVAMENTE per bambine (e noi? Noi ci attacchiamo al tram, ragazzi...).

Il nome - e il colore della facciata - d'altronde non lasciano spazio ad interpretazioni differenti.
Entrando, una bambina lì ha proprio l'impressione di essere nel paradiso (terrestre..).
All'interno, infatti, si può trovare tutto quello che serve per rendere felice - e viziare - una giovanissima futura donna.

Bambole, ovviamente.
Bambole a non finire.
Ma che definire semplicemente "bambole" è un errore. 

Intanto vengono vendute bambole di ogni tipo: e non solo di ogni dimensione, ma anche di ogni etnia e di ogni "forma", ogni taglia.
E' da tempo che pedagoghi denunciano l'eccessiva,  diseducativa, magrezza della bambola Barbie, per esempio.

E allora ecco che all'American Girl, accanto alle classiche bambole taglia "Small", ci sono quelle "Medium size", le "Large size", fino a quelle più "formosette", taglia "XL".

Non solo. 
In ogni negozio American Girl c'è "l'ospedale", che poi sarebbe il reparto "riparazioni". 
Che infatti si chiama "American Girl Doll Hospital"
"Ospedale" con i suoi reparti specializzati dai nomi vagamente truculenti: ma chiunque abbia una bambina in casa sa che alle povere bambole ne succedono di tutti i colori.

E infatti all'"American Girl Doll Hospital" c'è il reparto "Testa nuova"
il "Corpo nuovo (torso e arti)"
il reparto"Reinserimento della testa"
quello "Reinserimento del torso e degli arti";
infine il reparto "oftalmico": "Ricollocazione oculare".
Dello stesso colore dell'originale, però. Niente bizzarrie genetiche, per cortesia, ché come vedremo più avanti non mancano anche in questo negozio.

Interventi effettuabili con tariffe agevolate per le piccole clienti assassine recidive...

Naturalmente, al termine di ogni "ricovero", la bambola viene dimessa con il "Certificato di buona salute" e, per ricordo, alla mamma-bambina vengono lasciati il "Doll Hospital ID bracelet" (il braccialetto identificativo assegnato alla bambola durante il "ricovero"), la "Doll Hospital gown" (il camice da notte della bambola) e la "Get Well Card", la cartolina di "Auguri di pronta guarigione".

In ogni negozio "American Girl", è poi disponibile personale specializzato per applicare orecchini ai lobi delle orecchie delle bambole, 
ma anche per dotare di apparecchi acustici le bambole di bambine con problemi di udito
così come sono in vendita bambole senza capelli per quelle piccole che in quel periodo subiscono trattamenti antitumorali,
e bambole in carrozzina per non far sentire sole le bambine con difficoltà di deambulazione.
Temporanea o meno...
Che mi venga un colpo!  
Non smettono di lasciarmi a bocca aperta, questi americani...

Naturalmente, all'interno di tutti gli "American Girl" (presenti in una ventina di città americane) ci sono ristoranti e locali disponibili per feste, immagino off limits per i poveri maschietti.
Da frequentare con i genitori o baby sitter.


I prezzi, tutto sommato, sono sopportabili: 
antipasti da 4 a 7 dollari (3,38-5,75€), 
piatto principale da 8 a 18 dollari (6,57-14,80€), 
dolce da 4 a 7 dollari.
15,50 dollari a persona per un brunch completo,
16,50 dollari a persona per il lunch, il pranzo, e per il dinner, la cena, e 12 dollari per il the (pasticcini compresi).

Che in pratica significa che le bambine possono stare in quel paradiso rosa quanto tempo vogliono e mangiare rispettivamente con 12.50, 13.57 e 9.86 €uro.
Mancia (e tasse) escluse.

Poi, nei negozi "American Girl", c'è il "reparto acconciature".
Dove, cioè, alcune parrucchiere pettinano la bambola - non prima di averla fatta accomodare sugli appositi seggiolini - copiando esattamente la pettinatura della loro giovanissima mamma. 
E così, bambina e bambolina, diventano praticamente gemelle... 



Per puro dovere di cronaca (sono un giornalista, in fondo...) devo segnalare che, negli anni, l'attività dell'"American Girl" non è stata esente da polemiche (politiche) seppur squisitamente "americane".

Come quando nella collezione arrivò "Addy", il primo bambolotto afro-americano dell'"American Girl": il problema è che rappresentava uno schiavo, e questo non è andato giù alle associazioni antirazziste.
Anche se, successivamente, alla fine della rappresentazione della Guerra Civile, Addy venne dichiarato "uomo libero". 

Poi quando vennero tolte dalla collezione storica "Cécile Rey" e "Ivy Ling", rispettivamente personaggi afro-americano e cinese-americano.

Nel 2005 a lanciare strali contro "American Girl" furono invece alcuni gruppi cattolici Usa, che criticavano duramente l'azienda per i fondi che assegna ad associazioni che sostengono sì ragazze madri e povere, ma che contemporaneamente promuovono anche il diritto all'aborto o i rapporti fra persone dello stesso sesso. 

La "American Girl" è comunque costantemente attiva in progetti di beneficenza: annualmente sostiene una raccolta di fondi per la costruzione e l'ammodernamento di ospedali pediatrici, così come ogni anno dona 500mila dollari (più di 411mila €uro) alla "HomeAidAmerica", associazione 
"no-profit" che costruisce gratuitamente abitazioni per senzatetto.

E così, polemizzando, ridendo e scherzando, da quelle parti si fanno i soldoni.

Basta pensare che in un solo negozio - quello di Atlanta (Georgia), per esempio - ogni anno fatturano qualcosa come 17 milioni di dollari
Quasi 14 milioni di €uro!
Mentre, complessivamente, i 19 negozi della catena, hanno incassato nel 2012 - dati più aggiornati -  567 milioni e mezzo di dollari.
Che sarebbero più di 466 milioni di €uro.

Mica stanno a pettinare le bambole, questi qua!

Anzi, sì.
E fanno palate di soldi proprio così.



© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

5 commenti:

  1. Polemiche a parte, trovo molto bella che venga dato spazio alla diversita' e che la bambina senza capelli possa acquistare una bambola uguale a lei. Il vero problema e' il prezzo, le bambole American Girl costano piu' di 100$ e gli accessori sono carissimi....altrimenti le avrei gia' prese tutte! :-D

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  2. Ho paura a crescere figli qui in America per queste cose...

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    1. Beh, tutto sta nel tipo di genitori che i figli hanno, no?
      Al massimo, ogni tanto, si fa uno strappo alla regola.
      Questo lo concedi loro, vero?
      Ciao, Emanuele!


      d.

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  3. Beh, se fosse esistito un negozio del genere quando ero bambina io di sicuro mi sarebbe stato vietato. Spendere soldi per le bambole? Mia mamma l'avrebbe giudicato un insulto alla povertà ^_^

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  4. A me fanno proprio simpatia questi americani :)

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