PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

venerdì 13 luglio 2012

Antonietta e Davide

Diciamola tutta: Antonietta e Davide non si può dire che non abbiano avuto fortuna, finora. 
Della fortuna hanno avuto due assaggi, un anno di seguito all'altro.
E che assaggi!

Antonietta e Davide hanno partecipato alla lotteria con la quale il Governo americano ogni autunno mette in palio 55 mila Green Card.

Ci partecipano svariate decine di milioni di persone in tutto il mondo, e mediamente vincono la Green Card qualche centinaio di italiani ogni anno.
Conosco chi tenta da anni la lotteria senza successo; mentre Antonietta e Davide nel giro di due estrazioni sono stati sorteggiati entrambi.
Prima lui e poi lei.

Insomma, non hanno nemmeno dovuto sposarsi per "passarsi" la Green Card vinta.


Un avvenimento straordinario che li ha colti - non lo negano - di sorpresa.


Davide adorava gli Stati Uniti: ci era stato molte volte per andare a trovare la sorella a San Diego, dove abitava da una quindicina d'anni. 
La sua passione per gli Usa lo aveva anche portato a tentare l'ammissione in una università statunitense; ma le possibilità di essere accettato in quanto straniero erano molto basse, e la pratica di "avvicinamento" chiesta da sua sorella al Governo per i suoi genitori e successivamente per lui si prospettavano molto lunghe.
Una decina di anni, per questi tipi di ricongiungimenti familiari.

"Nel 2008 partecipiamo alla lotteria. Io, personalmente, non è che fossi molto convinta al trasferimento, al cambio di vita,  anche se lo ritenevo inevitabile nella (assolutamente teorica, praticamente impossibile) eventualità che venisse estratto lui. Certo non avrei mai accettato che lui se ne andasse in America senza me al suo fianco.

E allora, per affettuoso dispetto, ho passato giorni a dirgli 'Tanto verrò estratta io, e tu, che quando si affronta 'un certo' argomento' fai sempre il vago, vedrai che verrai da me supplicandomi di sposarti!"

Questo a novembre.
Poi...

"Poi un giorno di maggio 2009 ricevo una telefonata da lui che, con una tranquillità incredibile, come se fosse stata una notizia qualunque, mi dice che aveva ricevuto una busta (a quel tempo la Lottery non si svolgeva in modo telematico nda) dal Kentucky, dal Kentucky Consular Center. Mi hanno estratto, sai? Ho vinto la Green Card!'.

Era veramente incredibile, la mitica busta di cui tutte le persone estratte parlano era lì, davanti a noi. Un momento indimenticabile, incancellabile.
Alla fine, quello che sembrava un 'gioco' impossibile proprio come le lotterie a premi, si è rivelato un fatto reale. A quel punto tutto ci sembrava possibile e ottenuta la carta per l'uno non potevamo che ritentare la sorte anche per l'altra.

Nell'autunno 2010, a novembre, tento di nuovo - mi racconta Antonietta -, senza troppe speranze, ovvio. Va bene provarci ancora, mi dicevo, ma quante possibilità potevo mai avere di essere estratta anche io? Pochissime, come quelle di tutti coloro che frequentano i forum sulla Green Card e raccontano di provarci da tre, quattro, cinque anni senza esito...".


A febbraio dell'anno scorso Antonietta accompagna Davide a Napoli, per espletare con diligenza tutte le numerose formalità che si devono affrontare dopo la fortunata estrazione: Davide ha così presentato tutti i documenti necessari, passato i tre giorni canonici fra visite, analisi sanitarie e colloqui, ha speso i soldi necessari per fare il tutto, per poi arrivare, al terzo giono al tanto temuto colloquio finale con il console.



Concluso positivamente.

"Ora avevamo solo un problema: risparmiare un po' di soldi (altri soldi...) per organizzare il viaggio che gli avrebbe permesso il ritiro della Green Card negli Usa e metterci nell'ottica di tornare sul suolo americano ogni sei mesi fino al definitivo trasferimento per non farla decadere, per non perdere la Green Card.
Sì, altri soldi..."

"Due mesi dopo la 'tre giorni napoletana' torno a casa con Davide e mi ritrovo una busta indirizzata a me. Pensavo fosse l'avviso della Biblioteca Civica che mi sollecitava la consegna di un libro. Ma quando vidi il mittente, quando lessi 'Kentucky Consular Center' mi prese un colpo. 


Stetti con la bocca spalancata e con la nebbia nella mente per qualche secondo.
O forse erano minuti.
O forse erano ore. 
Non lo so, il tempo mi si fermò.
,
Quando mi ripresi, quando riapresi a pensare, riflettei sul fatto che prima di allora io non è che impazzissi dal desiderio di andare negli Stati Uniti. Solo in quel momento mi resi conto che erano gli Usa a volere me".

E così nel febbraio 2011 Antonietta raggiunge due importanti obiettivi: "Mi laureo e torno al Consolato di Napoli, questa volta per la mia Green Card".

Proprio perché inattesa, la loro preziosa Green Card così fortunatamente vinta l'hanno tenuta nel portafogli, limitandosi ad andare negli Stati Uniti giusto il tempo per non farla decadere.


Non posso dire di conoscerli bene, Antonietta e Davide, ma posso immaginare che anche se non sono - come me, come quasi tutti i torinesi - piemontesi "doc", con il crescere da quelle parti abbiano acquisito inconsapevolmente nel dna un po' di quel maledetto bögia nen ("Noi autri i bögioma nen", "Noi da qui non ci muoviamo" disse il Conte di San Sebastiano di fronte alle truppe francesi sulla Piana dell'Assietta, il 19 luglio del 1747) presente nel sangue di tutti noi che siamo nati o anche solo cresciuti da quelle parti, dalle parti di Torino.


Quel maledetto elemento che, pur in presenza della voglia di provare strade nuove dirette verso orizzonti mai esplorati e lontani, ci fa andare piano, o addirittura ci paralizza (e che ci fa tanto incazzare).

- Posso immaginare come ti sentissi con quella opportunità più grande di te e di tutti i tuoi parenti messi insieme, che aveva davanti.


"Mah, se devo essere sincera fino al mio arrivo a New York non mi sono mai resa conto davvero di quanto fosse realmente importante avere quel documento, e forse non ho mai creduto fino in fondo di poter riuscire davvero in quello che poi ho fatto, in quello che sto facendo...". 

Posso immaginare come si sentiva mentre andava a fare lezioni e supplenze avendo nel portafogli quel biglietto della lotteria vincente che si chiama"Green Card"

Posso immaginare come si sentisse, con tutti quei parenti 
che le dicevano "In America???" o con quei suoi amici, qualcuno affettuosamente un po' invidioso, qualcun altro tutt'altro che affettuosamente.

"Beh, dire a tutti che sarei partita per New York, e non per 'vacanza', mi sono poi resa conto che per me era un modo per rendere a me stessa 'reale' il progetto ancora appena abbozzato e per portarlo davvero a conclusione, per realizzarlo". 

Per il suo primo ingresso negli States per conservare la Green Card, Davide fa il viaggio da solo, visto che Antonietta doveva completare ancora le pratiche. Arriva a New York e ci va con un amico.

"Tutti i nostri amici, sia chi c'era stato, sia chi non aveva mai messo piede in America, dicevano di amare New York... Ma quando ne sentivo parlare non riuscivo, sinceramente, a capirne il motivo. 'Tutta quella grande quantità di grattacieli, quel gran casino... Cosa ci sarà mai di bello?'

Poi Davide torna dal suo primo viaggio con un milione di giga di fotografie. 
Di solito, quando si vedono le foto di viaggi vissuti da altri, alla quarantesima foto uno inizia a sbadigliare. Io, invece, nonostante fossi un po' diffidente, mi sono sentita catturata, foto dopo foto. 

Passavano i giorni e mi tornavano in mente le immagini di New York vista dall'Empire, proprio come quella che tu hai come copertina di Aria Fritta. Quindi, visto che negli Usa c'ero già stata (a San Diego dalla sorella di Davide, a Las Vegas, a Los Angeles, nella west coast, forse troppa west coast...) decidiamo che a fare gli onori per il mio primo ingresso da 'permanent resident', sarebbe stata New York.





Il nostro albergo si trovava a Brooklyn, e ricordo perfettamente che camminando per il quartiere subito dopo essere scesi dall'aereo, ancora con i nostri pesanti trolley trascinati per mano mi sono fermata e ho detto a Davide 'Questa è la mia città!'.

Ma è stata una delle sere successive, poco dopo il tramonto al Broklyn Bridge Park, ad avere l'illuminazione definitiva. 

Ero seduta ad una delle panchine che danno su Manhattan sono stata in silenzio quasi un'ora (o forse erano solo dieci minuti, ma non so...) a godermi quello spettacolo di luci e vita che ho deciso che non mi bastava più fare la spettatrice, che avevo deciso di voler entrare a far parte dello spettacolo...".





Poi, il ritorno.

Antonietta ha iniziato a cercare lavoro negli Usa dall'Italia, con pochi risultati confortanti, per la verità. 
Influenzati anche, forse, dal "pessimismo cosmico" italiano che spesso ci porta ad una devastante inattività e che secondo me ci avvolge in una nuvola di negatività:

"Sì, ho iniziato ad inviare un po' di curricula negli Usa, 'random', quasi a caso, ma con risultati nulli", confessa Antonietta. Che a gennaio decide il grande cambiamento di rotta.


All'inizio di quest'anno, Antonietta e Davide hanno iniziato a fare sul serio, convincendosi che era venuto il momento del "grande passo". 

"Per evitare di arrivare ancora una volta negli States esprimendomi all'aeroporto con l'inglese di un bambino di un anno, in Italia mi sono iscritta ad una scuola di lingua. Contemporaneamente ho deciso di seguire un corso di cucina e di 'Tecnica di preparazione della pizza da pizzeria'. Nel frattempo continuavo le mie supplenze a scuola...".

Ammetto di averglielo consigliato io, il corso di cucina e pizzeria: c'è ancora richiesta di italiani, in quel settore: a patto che siano in regola con i visti, ovvio. 


Poi Antonietta e Davide si rendono conto che era arrivato il momento di "allungare davvero le radici negli Usa", di avere una casa a Ny dove abitare, di avere un indirizzo americano. 

Ma la ricerca su internet non aveva portato buoni frutti: o non arrivavano risposte, o arrivavano, racconta, palesi truffe. 

"Come quella volta che ci rispose un nigeriano che diceva di avere un appartamento libero da affittarci nientemeno che a Wall Street. Ma siccome in quel periodo era in Nigeria noi avremmo dovuto mandargli i soldi in Africa. E prima che lui ci spedisse chiavi ed indirizzo. Oppure ci rispondevano dandoci però un appuntamento in giornata".

Insomma, avanti così fino a quando agli inizi di giugno, proprio un paio di settimane fa, Antonietta e Davide si decidono: con un piccolo, piccolissimo gruzzolo partono per New York "a la ventura".


Seduti al finestrino non stanno nella pelle e non resistono a non fotografare quelle ali che li stanno portando lontano, tagliando quel cielo azzurro, che non può che non sapere di ottimismo...

New York li accoglie come la città accoglie sempre tutti: con quella confusione colorata, con tutta quella gente che corre chissà dove, con i suoi taxi gialli.

A dire il vero non è che le loro prime ore nella Grande Mela siano state molto rilassanti. Avevano prenotato una stanza in un ostello per una sola notte (a 104 $ a notte), visto che l'indomani avevano appuntamento con una ragazza che affittava una stanza. 
Che però, nel frattempo era già stata affittata. "Ci venne allora proposta una specie di topaia a 1200 dollari (953 €uro) al mese". A quel punto decidono di affidarsi ad una agenzia.

Che ha offerto loro un appartamento perfetto nel quartiere Badford-Stuyvesant di Brooklyn anche se a 15 minuti dalla metropolitana. 

Quando poi però hanno consultato le tabelle che le agenzie forniscono a chi cerca casa, quelle sui dati del quartiere (presenza di uomini, donne, celibi, nubili, divorziati/e, fasce d'età degli abitanti, presenza di bambini, scuole, servizi, animali domestici e dati relativi alla criminalità) hanno desistito: 
"Già: le dettagliate statistiche del New York Police Department dicevano che era una zona con un indice di criminalità più alto della media, a Brooklyn. 
No, grazie". 

La casa, Antonietta e Davide l'hanno invece trovata su Craiglist, sito di annunci strafamoso, negli Usa: 


"L'annuncio di Marlon appariva perfetto: al mattino abbiamo risposto e nel pomeriggio avevamo già l'appuntamento. Era perfetta! Appena ristrutturata, molto grande con stanze ampie e luminose. 
Ovviamente noi occupiamo solo uno di questi ambienti mentre condividiamo bagno e cucina con altre sei persone. Una convivenza di massa che per fortuna non ci ha ancora messo in difficoltà, dato che al momento solo noi siamo in vacanza mentre i nostri coinquilini sono moto impegnati e quindi sempre fuori casa". 



Certo, è "solo" una camera. Ma che camera!

Grande, con una finestra che di giorno la illumina a dovere, parquet per terra... Ma per ora "va bene così". Si cambia casa tante volte in città come New York.

"Insomma, nel giro di 24 ore siamo passati dalla condizione di potenziali homeless a quelli di affittuari di una casa a Manhattan..." 

A quel punto possono finalmente fare i turisti, Antonietta e Davide. Passano ore (e ore, e ore) a passeggiare, a guardarsi intorno, a mangiare quella Grande Mela, morso per morso, coscienti che questa volta, loro, non sono più lì per vacanza, non dovranno tornare più tornare in Italia.

"Problema casa" risolto, "potevamo finalmente goderci la rimanente settimana da turisti prima di dedicarci alla ricerca del lavoro", anche perché il "piccolo gruzzolo" di risparmi che si erano portati dall'Italia stava per finire.


Certo, raccontata così - ancora una volta - tutto sembra facile. Ma quanto influisce l'educazione che abbiamo ricevuto (prima di tutto la mancanza di ottimismo e una piccola dose di incoscienza presenti invece nel dna degli americani) è facile, per noi, da immaginare.


Quello che ci frega è quella vaga sensazione di "paralisi" che si impadronisce di noi, in certe situazioni, e della quale ho già accennato.
..
"La scelta di buttarsi in questa avventura non è stata certo facile - mi racconta Antonietta - ma la forza di attrazione che ha avuto su di me questa città è stata troppo forte per non assecondarla. 
Prima di visitare New York avevo ovviamente sentito molte persone dire quanto fosse bella, anche se è riduttivo definirla così, o quanto fosse straordinaria: come ti ho già detto, sinceramente in me non era mai maturata la curiosità di visitarla. Poi, però, l’obbligo di entrare negli States ogni sei mesi per conservare la Green Card mi ha portata qui a giugno 2011 e ho subito sentito la necessità non solo di visitarla, ma di viverla in pieno, da 'abitante'".

Obiettivo per Antonietta e Davide, a quel punto, divenne "il lavoro".

Scrive una mail al responsabile di "Eataly New York", che le fissa un appuntamento per tre giorni dopo. Poi prende appuntamento con una persona che io ho conosciuto l'anno scorso, anche lui vincitore di Green Card, giovane, napoletano, che ha aperto un negozio di pizza al taglio. 
Nessuna raccomandazione: mi sono limitato a scrivere a quel mio amico chiedendogli se poteva ascoltare una mia amica e darle consigli, indicazioni. 

Difficile star dietro agli eventi che in questi frangenti spesso accadono negli Usa o a New York.


Antonietta arriva davanti al negozio dove doveva incontrarsi con il mio amico e vede il cartello"Help Wanted": "Così quella che doveva essere una normale chiacchierata amichevole fra immigrati, si trasforma all'istante in un colloquio di lavoro per stare dietro al bancone di una pizzeria al taglio di Manhattan". 
Si mette d'accordo per un giorno di prova, ma proprio mentre stava studiando il menù e gli ingredienti delle pizze, ecco che riceve una breve mail da parte di un cuoco che aveva incontrato il giorno prima. Una mail fatta di sole dodici parole: "I would like to give you chance to work with us": "Vorrei darti la possibilità di lavorare con noi".

"Improvvisamente ho dovuto mettere sul piatto della bilancia due offerte di lavoro. 

A New York. 
A Manhattan. 
Una come addetta al banco di una pizzeria al taglio e un'altra come 'pasta-maker'. Ovviamente non potevo che scegliere di portare oltreoceano un po' delle mie capacità e quindi ho scelto di fare orecchiette per otto ore al giorno! Certo, il lavoro è un po' monotono e ogni sera per le prime due settimane ho dovuto tenere il pollice nel ghiaccio per mitigare il dolore, ma non nego di sentire una certa soddisfazione nel pensare a tutte quelle persone che mangiano le mie piccole opere".

Anche il fidanzato di Antonietta, Davide, ha trovato un lavoro negli stessi giorni.

Come bus boy, il "grado" più basso fra i camerieri che lavorano nei ristoranti americani: quello che riempie d'acqua (e di una montagna di ghiaccio) i bicchieri dei clienti non appena si siedono ai tavoli. 

"Davide ha subito puntato un locale dove, anche lì per caso, abbiamo letto 'HELP WANTED'. Ci siamo guardati e i nostri occhi si dicevano 'Ma sì, dai! Entriamo, vediamo...'. Proprio in quel momento, dentro, c'era il proprietario che faceva i colloqui. Stewart, si chiamava così, ha subito dato a Davide il foglio con i dati da compilare. Poi è venuto a parlargli..."


"Hai esperienza come cameriere?"

- Veramente no...
"Apprezzo la tua sincerità. Ma se io ti insegno, tu impari?"
- Vedi il mio titolo di studio? Sono laureato in fisica teorica, sono un fisico, e la fisica insegna ad imparare..."

Mi sembra quasi di vederlo, il sorriso dell'americano Stewart, mentre Davide l'italiano gli diceva queste parole. 

Come è andata a finire lo immaginate, a questo punto: siamo in America, mica in Italia (perdonatemi...) e il padrone del ristorante ha dato ad un fisico teorico quel lavoro da cameriere.

Un lavoro provvisorio, perché a luglio Davide inizierà il dottorato in fisica a Newcastle Upon Tyne in Inghilterra. 

Un altro cervello che l'Italia si è lasciata sfuggire.

Una mattina Antonietta decide di tagliarsi i capelli: un taglio, netto, drastico, quasi a zero, modello Sinéad O'Connor. 

E quando una donna prende una decisione di questo tipo, significa evidentemente qualcosa...

"Che dire? - mi scrive Antonietta - Ora siamo a posto: abbiamo una bella casa e un lavoro a New York. Possiamo lamentarci?

Ci sentiamo presto.
Antonietta".

Poi mi manda questa foto...


"E' la mia prima busta paga americana. E' una paga per i miei primi tre giorni di lavoro. Ma già solo con questa, pago metà della mia parte d'affitto a (l'altra la paga Davide...). Prendo 310 dollari a settimana, 1240 dollari al mese, che comprendono anche i soldi dei pasti che faccio lì. Ancora una settimana e se non mi licenziano potrò finalmente sperperare il mio denaro in modo sconsiderato", mi dice ridendo.

"Lo so, i camerieri guadagnano ben di più con le mance, ma non hanno contratto e io sono assunta. E poi so che in America si cambia posto in fretta. E si migliora".




Sorrido...


© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

    18 commenti:

    1. si legge benissimo...ci si potrebbe fare un film su questa storia!
      buona giornata
      Titti

      RispondiElimina
    2. tutto ok ora

      quoto titti

      cristian

      RispondiElimina
    3. invidissimaaaa (si può scrivere!?) ... ma anche paralisi.
      la conosco bene, troppo bene, purtroppo... e anche il pessimismo cosmico ... italiano.
      sono stati fortunati ma anche pieni di spinta...
      quella ci vuole,
      grazie Dario..
      Penelope.

      RispondiElimina
    4. Grande storia scritta da sapienti mani, che ha per protagonisti due persone per cui serbo un affetto speciale, e che quindi per questo trovo davvero appassionante e coinvolgente.

      Su una cosa mi riservo di dissentire, conoscendo molto bene personalmente i protagonisti: che abbiano mai acquisito veramente quel famigerato bögia nen piemontese, che a due avventurieri come loro proprio non si addice.

      RispondiElimina
      Risposte
      1. Ce l'abbiamo tutti, dentro, quel "famigerato bögia nen", soprattutto chi è cresciuto dalle parti di Torino.
        Ci hanno anche riempito la testa fin da piccoli con quel "pisa pi curt" ("piscia, più vicino", "dove credi di riuscire ad arrivare?"), piemontesismo dell'italico "vola basso"...

        Che Antonietta e Davide non l'abbiano "mai acquisito veramente", sono d'accordo con te.
        E i fatti, infatti, sono qui a dimostrarlo. Soprattutto a coloro, torinesi e non, che tutti i giorni si sentono paralizzati...
        Di questo, comunque, un po' ne ho parlato con Antonietta.

        Grazie comunque, caro lettore, dei tuoi complimenti.
        Non so se le mie mani siano davvero "sapienti": come dice il nome del blog, in fondo questa è solo "aria fritta", e a me piace solo de/scrivere (ciò che al lavoro non mi fanno scrivere...).

        E' facile scrivere quando una storia è grande.
        E sono certo che per Antonietta e Davide, come urlavano gli studenti francesi nelle strade di Parigi nel '68, "Ce n'est q'un debut!".

        Non è che l'inizio...

        :-)

        d.

        Elimina
    5. Per MOM:
      Invidia......ma di cosa?
      Dell'aver vinto la green card o di aver fatto un qualcosa che li avrebbe resi felici? Se la risposta è la prima allora non ci sono problemi, ma se la risposta è la seconda allora non bisogna avere invidia, bisognerebbe avere il coraggio di fare quello che ci piacerebbe fare.
      "be careful what you wish for it might come true"

      RispondiElimina
      Risposte
      1. ("Stai attento a ciò che desideri, potrebbe avverarsi". Oscar Wilde)

        Caro/a amico/a,
        ovviamente MOM si riferisce ad una affettuosa invidia riferita, soprattutto, a quel doppio colpo di culo (chiamiamo le cose come sono!) toccato ad Antonietta e Davide.
        In quanto a coraggio, MOM ne ha a bizzeffe: chiunque ha due ragazzini in età scolare sa come è complicato, difficile (ma non impossibile, appunto) ricominciare la vita dall'altra parte del mondo.
        Come ha fatto lei.
        :-)

        In quanto al "bisognerebbe avere il coraggio"...

        Elimina
    6. Spettacolare come sempre, Dario... e sì, il doppio colpo di culo un po' di invidia la dà....

      RispondiElimina
    7. Complimenti, mi ha emozionato, ho le lacrime agli occhi.......come è bella la vita....

      RispondiElimina
    8. scusate, ma che schifo di culo che hanno avuto sti due...

      RispondiElimina
    9. Quanta fortuna nella storia anche questa

      RispondiElimina
    10. Non capisco la grande vittoria conseguita.
      Per carità, ognuno deve fare ciò che crede, ma qui si parla di due persone con un titolo di studio avanzato, che sono andati a fare i camerieri per uno stipendio da fame (meno di $1300 dollari, a New York poi), vivendo in un appartamento con un bagno condiviso con altre, diciamo, cinque persone?
      La "svolta" sarebbe il farlo a New York invece che a Milano, vivendo come manco i Bengalesi che spingono i carrelli fuori dai supermercati?
      Onore al merito per l'ibteaprel'intr, questo si, ma non mi sembra l'occasione della vita.
      Boh.

      RispondiElimina
      Risposte
      1. Caro AS,
        la storia, come avrai visto, l'ho raccolta nel 2012.
        E la risposta alla tua perplessità è contenuta nelle ultime righe dell'intervista, quando Antonietta mi disse:
        "In America si cambia posto in fretta. E si migliora".

        Dunque è doveroso un aggiornamento.
        Dopo un primo periodo di "stabilizzazione" a New York, e dopo essersi presi tempo per una ricerca più serena e mirata che rispettasse le loro aspettative, le loro capacità e la loro professionalità, Antonietta e Davide si sono trasferiti in California.

        Lei oggi fa l'"Interior designer" in uno studio, mentre lui è ricercatore di "fisica-matematica" applicata all'oncologia in un istituto universitario, un campus di una cinquantina di ettari.
        Non ti dico il suo stipendio perché non è elegante.

        Porterò ai miei amici "manco bengalesi" i tuoi cordiali saluti.

        Hai proprio ragione tu: boh...


        d.

        Elimina