PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

giovedì 16 febbraio 2012

"Freedom, oh freedom..." (2). L'America del patriottismo (e delle libertà)

L'America era ancora spaventata, stordita.
Le macerie delle Torri Gemelle fumavano ancora, e dal giorno del più disastroso e sorprendente attentato mai avvenuto in territorio americano era passato soltanto un mese.


Mentre il Governo Bush annaspava ancora cercando di capire come tutto poteva essere accaduto, all'allora ministro dell'Istruzione Pubblica Rod Paige venne in mente intanto di istituire (anzi, in realtà di rilanciare) in tutte le scuole americane - dalle elementari alle superiori - la "cerimonia di giuramento di fedeltà alla bandiera". Si trattava, infatti, di una tradizione nata il 12 ottobre 1892, paradossalmente da una operazione pubblicitaria adottata da un giornale per bambini, che regalava un vessillo in ogni copia. 
Il ministro Paige, decise dunque che la sua operazione promozionale (della quale però gli Usa umiliati avevano proprio bisogno) dovesse partire proprio dal 12 ottobre 2001. In quel giorno, infatti, 52 milioni di bambini e ragazzi  recitarono all'unisono, nello stesso istante, dalle Hawaii al Maine, dalla Florida all'Alaska, il "Pledge of Allegiance", la "dichiarazione di lealtà" alla bandiera. 
Una cerimonia non obbligatoria e dunque solo volontaria, stabilì la Corte Suprema nel 1943, durante la quale gli studenti giurano "fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d'America e alla Repubblica che essa rappresenta: una nazione al cospetto di Dio, indivisibile, con libertà e giustizia per tutti".
A mettere in crisi il clima didattico/patriottico ci pensò, due anni dopo, una studentessa poco più che ventenne, Toni Smith, che frequentava l'ultimo anno di Sociologia al Manhattanville College di New York. Capitano della squadra scolastica di basket, lei, all'inizio di ogni partita - proprio al momento della diffusione dell'inno nazionale - decise, per protesta, di voltare le spalle alla bandiera.












Una iniziativa, la sua, che attirò al Manhattanville College di New York giornalisti e troupe televisive da tutti gli States. Aveva le idee chiare, Toni: per nulla intimorita, a tutti rispose più o meno sempre così: "Lo faccio proprio per patriottismo. La corsa alla guerra dell'amministrazione Bush rovinerà l'America, credetemi". Ci aveva visto lungo, la ragazza che, ricordo, quando provocò quel casino aveva vent'anni...

Su di lei si scatenarono polemiche infinite, con minacce di provvedimenti disciplinari (mai adottati, però). Contemporaneamente ci fu chi manifestò a suo favore inneggiando alla "libertà di opinione" garantita dal Primo Emendamento della Costituzione Americana...

La storia di Toni Smith, mi ha fatto tornare in mente quella di un'altra giovane, Natalie Young, alunna alla MS210, scuola superiore del Queens, New York.

Lei, 14 anni, lesbica, salì alla ribalta della cronaca perché un giorno del 2002 si presentò in classe indossando una maglietta nera con la scritta rosa che diceva "Barbie è lesbica".
Questa:
Possiamo facilmente immaginare tutto lo scenario possibile di un avvenimento del genere in Italia: l'intervento furioso del preside; 
il provvedimento disciplinare; 
gli articoli sui giornali; 
gli ammonimenti della Chiesa e il pontificare di pedagoghi dagli schermi televisivi, unitamente agli inevitabili interventi di qualche politico che, con sguardo severo, avrebbe stigmatizzato la decadenza dei costumi, della televisione e il mancato ruolo educativo di famiglia e scuola.
Infine, la richiesta di qualche parte politica di dimissioni del ministro unitamente a quelle del Governo  che avrebbero preceduto salutari elezioni anticipate...

In questo caso, davvero "tutto il mondo è paese": e infatti la nostra Toni venne effettivamente convocata dalla sua Preside non appena la notizia giunse all'orecchio di quest'ultima, che altrettanto subitamente decise di sospenderla dalle lezioni.
Ah! Possiamo anche immaginare quale sarebbe stata la fine della vicenda in Italia: la ragazza intervistata da "Porta a Porta"  durante la quale avrebbe chiesto - magari proprio di fronte al ministro - scusa alle istituzioni scolastiche.

Beh, se seguite con encomiabile costanza queste pagine immaginerete che la vicenda, negli Usa, non si concluse esattamente in questo modo.

La scuola la sospese? E lei, Natalie Young, rispose con una bella azione legale, dalla quale il liceo MS210 ne uscì con le ossa rotte.

Poco tempo dopo, un giudice del Tribunale di  New York riconobbe infatti che con il loro provvedimento disciplinare, preside ed insegnanti della scuola violarono il “diritto di espressione” della giovane cittadina Natalie Young,  diritto autorevolmente tutelato sempre dal Primo emendamento della Costituzione americana. 

Il Tribunale, dunque, censurò il comportamento della presidenza imponendo alla scuola di pagare alla ragazza un risarcimento di 30 mila dollari. 

La Corte fece poi sue le richieste dell’avvocato di Natalie, Ronald L. Kuby - uno dei più noti legali americani in fatto di difesa dei diritti civili - stabilendo che insegnanti e  personale amministrativo delle scuole dello Stato di New York avrebbero dovuto obbligatoriamente seguire da quel momento appositi e periodici corsi di aggiornamento didattico per essere in grado di affrontare adeguatamente il rapporto con i propri alunni/e gay o lesbiche.

La sentenza riconobbe contemporaneamente il diritto di qualunque studente di New York ad indossare liberamente magliette, distintivi, bandane e pins vari con slogan che esprimessero preferenze “ideologiche” personali. 

Unica restrizione: inneggiare o esprimere simpatia per Osama Bin Laden e Hitler...

© dario celli Tutti i diritti sono riservati



4 commenti:

  1. Anche questa è l'America! Mi piace. Grazie!

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  2. mi immagino la ragazza a "Porta a Porta" dietro il modellino di Vespa: una barbie con indosso una maglietta e un grosso punto interrogativo stampanto davanti.

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  3. solo una parola:

    USA

    cristian

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