L'appuntamento d'altronde ce l'ho all'una e il navigatore mi dà 42 minuti di percorso.
Confermando la prenotazione fatta il giorno prima, scelgo - un po' a malincuore - un modello "small": ma mica posso fare lo "sborone" andando a trovare un amico...
Quando la vedo, sorrido.
Mi dimentico il "concetto small" che hanno gli americani.
Da noi un'auto "small" è una Opel Corsa, una Micra o similari. Ma qui siamo negli Stati Uniti.
Mi trovo così davanti ad una Dodge Avenger color argento (questa, per intenderci..):
quattro porte, comoda per cinque persone, comodissima per 4, figuriamoci per me che avrei viaggiato da solo.
Appena salgo noto l'adesivo che annuncia "250$ up top" (sovrapprezzo di 181€uro) se si fuma in auto.
Prima di partire attacco il navigatore (altrimenti me lo davano loro per 15 dollari, 10,89€), cambio i chilometri in miglia, imposto di nuovo la destinazione (non si sa mai...) e scelgo la radio: fra tutte, in quell'istante la mia scelta cade su "Adult Hit 95,5 New York Plj".
Poi metto in moto, sorrido e parto.
Sono le 11,04, annoto.
Paradossalmente, quel gran casino che è New York è semplice da girare, almeno Manhattan. Tutte le vie sono numerate, dunque non c'è possibilità di sbagliare.
E' che i grattacieli alti "confondono" il segnale Gps, e dunque il navigatore all'inizio è un po' ballerino, con l'auto che si girava e cambiava strada sul visore.
Ma tanto sapevo dove andare: direzione, Lincoln tunnel, uno dei due tunnel che collegano l'isola di Manhattan (se guardate la cartina che ho messo nel racconto del 10 settembre vi risulterà più chiaro) con il vicino Stato del New Jersey, al di là del fiume Hudson, dove c'è un'altra delle meravigliose viste di New York.
Lo so, sono malato (ormai l'avrete capito): ma fermo nel traffico mi sorprendo a pensare che a Ny persino il traffico è sopportabile. E poi il cambio automatico aiuta.
Passo a fianco di un colossale parcheggio "mutlipiano" per gli autobus pubblici di Ny, poi ecco l'ingresso del tunnel.
Imparo un'altra parola, oggi. "Sudden stop", c'è scritto. Meglio stare molto distanti dall'auto che precede: capisco che vuol dire "fermate improvvise", quasi subito...
All'uscita, un cartello avvisa che si è in un'altro Stato: quello del New Jersey, appunto. Annoto il costo della benzina: 3,55 dollari al gallone (che vogliono dire 2,57€ per 3,78 litri, e cioè 67 centesimi di €uro al litro), ma più avanti vedo distributori che la vendono a 3,49, 3,47, financo a 3,39$ al gallone e cioè 64 centesimi di €uro al litro. Il diesel costa, invece, di più, in America: mediamente 40cent di dollaro in più a gallone).
Il navigatore mi guida verso la Interstate 80 West - che va a finire chissà dove, nel West - e poi mi fa prendere la State Road 3.
Qui si va più piano: il limite di velocità è di 55 miglia l'ora (88 kilometri l'ora!) e tutti, come di consueto, sostanzialmente lo osservano.
La cosa non smette mai di stupirmi. Il massimo della trasgressione, negli Stati Uniti, è superare il limite di 5 miglia all'ora. Anche perché la polizia c'è, e "stanga".
Si viaggia "comodi": pun non essendo una Interstate (una di quelle grandi autostrade che attraversano diversi Stati americani) la strada ha tre corsie di marcia e due di emergenza (una a destra e una a sinistra) per carreggiata.
Qui, da subito, a dieci minuti da Manhattan, è un susseguirsi di piccoli paesi con le tipiche villette monofamigliari con il prato davanti, l'ingresso doppio per il box e la bandiera americana su un piccolo pennone a parete.
Talvolta di bandiere ce ne sono due: quella americana e quella del Paese di origine della famiglia. E in queste zone, accanto alla bandiera stellestrisce c'è quasi sempre la bandiera italiana.
In un paesino un grande striscione che attraversa la Main Street (la strada principale) annuncia lo svolgimento dell'annuale "Macedonian folk festival", il festival di musica macedone.
Mi verrebbe da fare paragoni, ma mi fermo...
Entro in un altro piccolo centro e vedo un segnale che non avevo mai visto:
Significa - mi spiegheranno poi gli amici che avrei incontrato da lì a poco - che si è nei pressi di una scuola. E se uno spacciatore viene beccato da queste parti, automaticamente la pena (che è da 3 a cinque anni di prigione) passa da cinque a dieci anni.
Arrivo in anticipo all'appuntamento, fissato davanti ad un bar che si chiama "San Remo", e allora mi giro un po' il paesino.
E' come immaginavo: è formato in gran parte da tranquille villettine monofamiliari.
I miei amici le definiranno "modeste" rispetto a quelle del quartiere di lusso dal quale poi mi avrebbero fatto passare.
A me, invece, anche solo queste sembrano carine, tranquille, ben curate.
Niente cancelli, mura di cinta, sbarre alle finestre.
E' davvero così dappertutto, in America.
Mentre faccio la foto, vengo osservato con curiosità da due bambini in bicicletta che gironzolavano per queste stradine. Effettivamente non è che ci fosse molto da fotografare, lì!
Mi diranno, poi, una cosa che mi ha sbalordito e che mi ha anche fatto capire perché tutti negli Usa tengono così bene il proprio giardino e il prato davanti a casa.
Bisogna intanto dire che ognuno ne diventa orgoglioso, provocando fra vicini una sorta di "competizione": ma se c'è chi lo trascura lasciando che l'erba cresca troppo, allora - dopo la segnalazione da parte di qualche vicino e la relativa verifica da parte delle autorità della cittadina - arriveranno gli addetti comunali a tagliarla, l'erba di quel prato.
Che provvederanno a far spedire il conto al malcapitato.
Girovagando in auto in attesa dell'ora giusta scorgo da lontano un grande prato ai lati della strada (qui, siccome c'è una scuola nei pressi, il limite di velocità è prima di 25 miglia, 40 km all'ora, per poi passare a 15 mph, (24 km l'ora): e la cosa più incredibile è che tutti decelerano...). Solo avvicinandomi mi accorgo che si tratta di un cimitero.
Senza muri e senza loculi. Solo lapidi bianche immerse nel verde dell'erba.
Poi, finalmente, incontro G, il mio amico. Con lui due suoi amici, anch'essi italiani.
Uno è giovanissimo.
Nunzio non ha nemmeno 25 anni, ed è già qui, a lavorare in America, arrivato da poco.
L'altro, Salvatore è un tipo pazzesco: fa il decoratore-muratore-demolitore, ma mi par d'aver intuito che è una di quelle persone che sono in grado di far tutto, in una casa. (E sto parlando di lavori "veri", non di cazzate...).
Salvatore mi racconta che prima di regolarizzare la sua posizione è stato clandestino per tre anni, guidando, anche senza la patente americana. "Il trucco? - mi spiega vedendo il mio sguardo sorpreso -. Qui se non fai una stupidaggine la polizia non ti può fermare. Dunque basta andare sempre 10 miglia sotto il limite di velocità...".
G. vuole farmi vedere dove vive, ma soprattutto come vivono e dove lavorano gli italiani.
Migliaia da queste parti. Anzi, mi pare d'aver capito che sono l'80%.
Ma quando mi offrono il primo caffe della giornata, in quell'istante mi rendo conto di aver lasciato il portafoglio in bella vista sul sedile dell'auto: "Ma dove vai, stai qui - mi dice alzando un sopracciglio -: qui nessuno te lo prende, tranquillo...".
Entriamo in un supermercato: lo salutano tutti, perché lui, ora, lavora qui, nel reparto gastronomia, dove fa pizze sempre fresche.
Fino a qualche mese fa aveva una pizzeria sua, poi "annusando" l'aria della crisi americana che stava per arrivare, l'ha lasciata scegliendo di lavorare qui.
E' il classico monumentale supermercato di un centro commerciale americano.
Pulito, pulitissimo: vi dico solo che ha il parquet per terra...
E' il suo giorno libero e tutti fanno battute - in siciliano, in napoletano, in calabrese - sul fatto che è sul posto di lavoro anche nel giorno di riposo.
Passiamo davanti ad un distributore di film Dvd in noleggio: 1 dollaro al giorno per quelli normali (che poi vuol dire che il noleggio costa 70 centesimi di €uro), uno e mezzo per quelli in 3D (1,09 €).
E così, in questo clima, mi racconta la sua storia di fuoriuscito.
Di quando il padre, con la morte, lascia a lui e al fratello una piccola ditta di ortofrutta che lavorava ai mercati generali di una cittadina siciliana.
Di quando il padre muore, e di quando lui e il fratello ricevono anche le condoglianze di chi chiede loro il pizzo.
E che dopo il loro silenzio imbratta la porta della ditta.
E che dopo taglia le ruote delle auto della ditta.
E che dopo incendia il locale.
Quando lui e il fratello si rendono conto che le indagini delle forze dell'ordine non avrebbero portato da nessuna parte (soprattutto perché nuove minacce si erano spostate su figli e congiunti), entrambi decidono di gettare la spugna e di andarsene dalla Sicilia.
Vendono tutto: il fratello si sposta in una città del nord Italia, mentre lui arriva qui, in America.
"Vedi - mi dice - qui si sta bene. Si lavora, non ci sono problemi, si mettono anche soldi da parte. Anche ora che c'è crisi. Ma noi italiani siamo geneticamente abituati a tirare la cinghia: soprattutto noi meridionali. Qui siamo tutte persone semplici che vogliamo una cosa semplice: lavorare, far studiare i figli e regalare a loro un futuro migliore rispetto al nostro passato e al nostro presente".
Lui ne ha due, di figlie: poco più che ventenni una è qui, in America, mentre l'altra, "che non si è mai ambientata", è tornata in Italia dallo zio.
Provate ad indovinare che delle due lavora e chi invece no?
Usciamo dal supermercato (solo il reparto surgelati contava di otto corridoi, dunque sedici pareti-frigo...) e andiamo in un circolo italiano, per il secondo caffè: "Tanto devi guidare poi fino a New York, stasera", mi dice. E così, tutti e quattro nell'auto, si ritorna a parlare delle stesse cose: dell'Italia, della nostalgia, di quanto qui in America costa una casa, un'auto...
Gli dico che per strada avevo visto un autosalone che vendeva una Ford focus del 2008 a seimila dollari (4350€uro): e il suo amico Salvatore mi dice "Naaa, ne compro tre, a quella cifra".
Ok, forse avrà esagerato un po', penso.
Poi il giovane Nunzio mi racconta divertito della sua prima auto che si è comprato un anno fa in America: per 800 dollari, 579€uro.
Poi un Ford Explorer XLT a 1000 dollari, 724 €uro.
Andando in giro, per strada, si vedono ancora gli effetti di Irene, l'uragano che secondo alcuni tg italiani è stato una "bufala": cataste di mobili distrutti, tracce di fango sulle pareti delle case.
Quelle vicino al fiume (che ancora è sopra il limite stagionale) non hanno avuto scampo.
E sono cose che l'assicurazione non copre, mi dicono.
Mediamente costa 2500 dollari l'anno (1820 €uro, l'anno): ma riguarda "tutte le cose fisse", come la casa, non il mobilio.
Da queste parti alcuni ponti sono stati travolti dall'uragano, ma sono già stati ripristinati.
Si sono interrotte anche le linee elettriche, visto che sono caduti un bel po' di pali della luce: per 4 giorni, qui, sono stati senza corrente. E allora chiedo loro se non abbia più senso seppellire i cavi elettrici e del telefono, al posto di vedere i pali di legno con i fili che vanno di qua e di là delle strade: mi rispondono che con i pali, in caso di riparazioni, non devono sbombellare una intera strada, con il pericolo di tranciare altri cavi o condutture che non c'entrano...
Vedo delle belle villette: mi dicono che costano intorno ai 300mila, 350mila dollari (217.000- 253.000€), mi dicono che qui comprano la casa perché la pagano con il mutuo che si può "scaricare" sulle tasse; e che se l'Iva, in Italia, è al 21%, nello Stato di Ny è al 7%, mentre in New Jersey è al 6%.
Chiedo loro della riforma sanitaria e delle cure mediche: mi dicono che Obama sta facendo quel che può, che gli americani sono terrorizzati all'idea di dover accettare un medico e un ospedale che non vogliono, e che al problema non pensano per nulla, soprattutto quando stanno bene.
Che se ad un ragazzo viene chiesto se preferisce 3 o 400 dollari in più al mese al posto dei versamenti per cassa sanitaria e pensione, quello chiaramente sceglierà "più soldi".
Mi dicono però che ogni ospedale ha il Charity Care, nel bilancio: cioè una voce che riguarda i soldi che devono essere impiegati perpagare le cure a chi non può permettersele.
Poi passiamo dalla zona di lusso del paese: "Qui ci sono quelli della terza generazione: sono le case fatte da quelli della seconda generazione, dopo i sacrifici dei primi..."
Sono case in muratura, enormi, da lasciar senza parole. E se si tiene conto che quello dove sono andato è davvero un paesino normale...
Termina con abbracci e promesse di rivedeci.
Riprendo l'Interstate 80, direzione New York.
Mentre guido passo una cittadina che si chiama Verona.
Ascolto musica e ripenso alla frase che Salvatore, forse senza rendersi bene conto del significato metaforico, mi ha detto salutandomi: "Ora che sai la strada, puoi venire..."
Mentre riprendo il tunnel per entrare a Manhattan, ripenso a quella frase.
E dentro di me sorrido.
Commenti
RispondiElimina#2 09:51, 20 settembre, 2011
sono capitata qui per caso...
mi sono fermata a leggere perchè quest'estate sono stata 20gg in giro per l'america e me ne sono totalmente innamorata, quindi la lettura del tuo post mi ha appassionata piacevolmente.
Tornerò sicuramente a "sbirciare" i tuoi racconti!
Buona giornata
Pepita80
#1 10:46, 18 settembre, 2011
..ora che sai la strada...è li che andrai a vivere fra 10 anni!! ciao cinzia
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