PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

lunedì 5 dicembre 2011

15 - Su un incauto acquisto, una pausa di lusso, il carnevale afrocaraibico, una nuova pizzeria 
e, ancora, Garibaldi.

7 set, 8:52 m.



Quando piove, un po' in tutte le città è un casino.
 Quando piove a New York, lo è anche di più... 

Non tanto per il traffico, che rimane lo stesso, ma per le migliaia (anzi, milioni!) di persone in più che sembrano prendere la metropolitana. 

Non avevo nessuna voglia di uscire, questa mattina, con l'aria che tirava (e con la pioggia che cadeva). Ma per la miseria: sono a New York!
 Dunque mi sono armato di santa pazienza, mi sono bardato - ma non abbastanza, ho dimenticato di mettere in valigia il tranch coat prima di partire, e questa sera ero zuppo  - sono andato a comprare un ombrello e sono uscito.


Ecco la prima cazzata del giorno: l'ombrello...
 Siccome avevo visto le previsioni che danno la pioggia solo per due giorni, oggi e domani, ho pensato che non era il caso di investire chissà quanto. 
Dunque, in un negozietto sotto casa, ho optato per quello più economico, identico a quelli che non appena spuntano due gocce vengono venduti per strada a Roma.

 Prezzo, 5 dollari (3 € e 56 cent). 
Ma io avevo solo 4 biglietti da un dollaro o uno da cento. 
Ora, dovete sapere che gli americani quando si trovano di fronte ad un biglietto da cento dollari reagiscono come se tu avessi in pugno un coltello, o in mano una pistola. Dunque il tizio mi ha subito detto che andavano bene 4 dollari.

 Aperto il mio ombrello da 2€uro e 85 centesimi (che a malapena ripara il mio testone...) e mi incammino verso la metro.
Il delirio.

Stamane sembrava che tutta Nuova York si fosse riversata nelle viscere della città.
 Riemerso, nel giro di pochi minuti ho preso atto che l'ombrello che avevo comprato valeva esattamente per quello che l'avevo pagato. 
E' pur vero che a New York piove come più o meno come a Londra: l'acqua arriva da tutte le parti, ma le dimensioni ridotte ho scoperto presto che erano solo uno, dei limiti. Dopo quattro volte, infatti, l'ombrello non si richiudeva più bene e alla quinta volta si era già strappata vicino ad un bordo la tela.


Sufficientemente zeppo mi sono rifugiato nei saloni del lussuoso Warldorf Astoria Hotel, laddove i presidenti degli Stati Uniti hanno il loro appartamento che usano nelle notti delle loro permanenze newyorkesi.
 E' un altro dei consigli che io dò sempre a chi si reca a New York per la prima volta: quando avete bisogno di un bagno, o siete sfiniti, andate a riposarvi un po' nei saloni dei grandi alberghi. C'è talmente tanta gente che gira che nessuno vi dirà nulla, nessuno si accorgerà di voi. E poi potreste sempre diventare prima o poi loro clienti.

L'atmosfera è riposante: mentre fuori piove e New York è in delirio, un pianista suona tranquillo e la sua musica viene diffusa dovunque (anche nei bagni).
 Arredamento in stile classico, tappeti, a terra, giganteschi mazzi di fiori freschi su tavoli di cristallo, divani, divanetti e poltrone a volontà.


E poi, appunto, ci sono i bagni: nell'ingresso, campeggiano fotografie in bianco e nero di vip evidentemente ospiti passati dall'albergo.
In quello degli uomini, fra le altre, una foto  vede Gina Lollobrigida, anno 1973.
 Bagni - ça va sens dire... - puliti, perfetti: con asciugamani di tessuto piegati ad ogni lavandino, e un flacone di sapone di Aspery.
London, dal 1781.

Un addetto, terminata l'abluzione, spruzza un po' di acqua di colonia sulle mani. 

Approfittando del Wi-Fi gratis, mi sono dunque poi accomodato in una poltrona dalla posizione "cruciale", perfetta tra l'altro per osservare la gente.
 C'è un italiano tutto agitato che, al cellulare, parla di regista, fiction, produzione, banca... 
Proprio lì vicino c'era il divano con il quale, una decina di anni fa, chiacchierai con Lucio Caputo, il presidente dell'associazione che raggruppa esponenti economici italiani negli Usa.
 
La sede dell'associazione era, allora, in una delle due torri del World Trade Center.
Nel 2001, quella mattina di dieci anni fa, l'11 settembre, Lucio Caputo era nel suo ufficio a lavorare, al 76° piano, quando improvvisamente sentì un boato e ballare pavimento e pareti. 
Mi raccontò tutto quando gli telefonai dopo aver saputo cosa gli successe. 
Mi raccontò, dunque, che quando sentì quel finimondo uscì subito dalla stanza e d'istinto scese le scale. Si fece, di corsa, 76 piani a piedi, incrociando ad un certo punto i vigili che salivano per andare dai feriti ai piani superiori al suo.
In realtà di piani ne fece una ottantina, perché, sempre a piedi, dovette raggiungere la sua auto in uno dei sette piani di parcheggi sotterranei di cui le Torri Gemelle erano dotate. 
Non si ricordava, mi disse, quanto ci aveva impiegato ad arrivare lì: ma deduco che devono essere stati almeno una cinquantina di minuti. 
Sfinito dalla stanchezza e dalla paura finalmente arrivò al suo parcheggio, vide la sua auto, la aprì, la mise in moto, uscì dai sotterranei del World Trade Center a tutta velocità e telefonò alla moglie per tranqullizzarla.


Fatti un centinaio di metri, dallo specchietto vide "la sua" torre crollare.

"Mi sono sentito svenire, mi sono fermato, sono rimasto impietrito". Quel giorno, lui, ha davvero visto la morte...

 
Il pianista del Warldorf cambia ritmo e allora mi ritorna in mente la giornata di ieri, passata in gran parte a Brooklyn a vedere la "Labor day parade", detta anche "West Indian Carnival". Il corteo in costume è durato ore, l'atmosfera, pazzesca: migliaia di persone ballavano in costume a volte ridottissimo (sempre quando c'era...) precedendo o seguendo carri dai quali uscivano ritmi caraibici, sudamericani, africani a tutto volume.
 Attorno altre decine di migliaia di persone ballavano e cantavano, sventolando bandiere del Togo, di Trinidad, del Venezuela, della Sierra Leone, del Brasile...
 Per capire (un pochettino!) di cosa si è trattato date un'occhiata al filmato che ho messo su Fb...

 Poi, sempre a Brooklyn, sono andato a vedere quella che presto sarà una nuova pizzeria italiana a New York.
 Luca, giovanissimo, non ha 35 anni, in Italia faceva l'attore di teatro: un altro che ha mollato tutto e che nel giro di pochi anni ha partecipato alla lotteria, ha vinto la Green Card, si è trasferito qui con Laura, la sua giovane moglie - anche lei in Italia attrice e che qui fa mille cose (fra le quali insegnare italiano "culinario") - diventando nel frattempo cittadino americano.

Ormai la Pizzeria Sottocasa è pronta, e domani avrà il controllo (che si preannuncia severissimo!) dell'ufficio di igiene. Si accettano scongiuri e riti propiziatori anche dall'Italia...
Parquet per terra, pareti a mattone, forno a legna fatto arrivare dall'Italia e messo nel locale con una gru che ha scavalcato l'intero palazzo per farlo passare dal retro. E' sempre acceso, in questi giorni, il forno: si deve de-umidificare, si deve scaldare, si deve "cuocere" per bene per essere pronto a cuocere per bene le pizze.
 Che non vedo l'ora di mangiare.
"Devo ricordarmi di portare all'inaugurazione un fazzoletto con il sale grosso, da mettere in un angolo", penso mentre mi alzo dal comodo divano del Waldorf Astoria.
Piove troppo, prendo il taxi (che alla fine pago 9 dollari con la mancia, 6€ e 40).
Mi spiace non passar da Washington sq, la piazza nella quale ho appuntamento con la sera di New York.
Ma è certamente deserta, con la pioggia, oggi.


Ieri sera, invece, era sempre popolata di musicisti, pubblico che ascoltava e cantava, giovani e meno giovani che chiacchieravano. 
Due ragazzi, ad un certo punto ieri sera hanno preso i loro skateboard e fatto a gara su chi sarebbe riuscito a superare i due gradini alla base della statua di Garibaldi.
 
Con la risistemazione del giardino, l'anno scorso gli hanno cambiato posizione al nostro eroe nazionale: ora, Garibaldi, non ha più il viso rivolto ad est, verso l'Italia, come avevano voluto i lettori del Progresso Italo-Americano, il quotidiano italiano a New York di allora, che insieme al giornale finanziarono il monumento con una colletta.

Da un anno l'hanno spostata, la statua di Garibaldi, collocandola - leggo in un cartello di spiegazione - in una "posizione che appare più coerente con il disegno della piazza".

Dunque Giuseppe Garibaldi, oggi da New York non guarda più verso l'Italia, ma ha il viso rivolto verso ovest.

Esattamente dalla parte opposta.


Giuro che ieri sera sembrava mi sorridesse...

1 commento:

  1. #3 00:38, 08 settembre, 2011
    Qui dall' Italia dita incrociate per il controllo "Sottocasa"!!! Kiss Laura
    utente anonimo (IP: 81dd09a91e6879a)

    #2 16:07, 07 settembre, 2011
    Non so chi tu sia, ma hai ragione!!!
    (Ma giuro, non sono tirchio! Ma come me lo porto, poi, sull'aereo l'ombrello??)

    d.


    #1 14:51, 07 settembre, 2011
    ma quanto sei tirchio che risparmi pure sugli ombrelli?

    hihihihi

    ciaoo
    utente anonimo (IP: 5ae238db41550fe)

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