Ha persino protestato il mio "compagno di banco" del Tg2, chiedendomi se avessi il Mac fuori uso (no, anche se lo devo sempre portare a far sostituire il video...).
E' che, dopo le dolorose emozioni dell'11 settembre, avevo bisogno di far riposare la mente: vedere tutto il dolore di quella gente, lo sgomento dei bambini che non capivano (come potrebbero, d'altronde, capire?), sgomento appena lenito dalla spettacolare retorica americana - in questo caso, provvidenziale - è stato duro.
Soprattutto perché io ero lì, in mezzo a loro, mentre mettevano i fiori, attaccavano le foto, accarezzavano il nome.
Mentre piangevano.
E allora ho avuto bisogno di una pausa...
Guardo da lontanto la Freedom Tower: incredibile, ma dall'altro giorno hanno già costruito un piano nuovo.
Per fortuna l'America, soprattutto in questi casi, sa tirarsi su velocemente.
Inizio dalla fine.
Oggi alla Barner's & Nobles - nella libreria di Union sq (aperta fino alle 23) - Michael Moore presentava "Stories from my life. Here Comes Trouble" (più o meno "Storia della mia vita. Ecco l'arriva guai" o "Ecco come sono arrivati i guai", non so...).
E' il suo ultimo libro, un'autobiografia attualmente in testa alle classifiche del New York Times.
Vado all'appuntamento con notevole anticipo, immaginando che sarebbe arrivata un bel po' di gente. Ed effettivamente, pur avendo due ore di anticipo, le prime cinque file erano già occupate.
La cosa era organizzata così: il privilegio di "sedersi avanti" - nelle prime 20 file - era riservato soltanto a coloro che compravano il libro; che per l'occasione, però, veniva venduto con il 20% di sconto (21,59 $ anziché 26,99$; 15,84 € anziché 19,80).
La cosa carina (e che trovo proprio una bella idea!) è che quando compri in questa libreria, con lo scontrino ti viene dato un altro scontrino con su scritto "You may also like..." ("Potrebbe anche piacerti..."): con cinque titoli di libri di argomento e stile simile. In questo caso politica e attualità, ironia.
Proprio, proprio una bella idea.
Tu sei contento perché magari vieni indirizzato verso quello che ti serve e che non sapevi che ci fosse; loro anche perché ti fanno spendere altri soldi...
Una volta accomodati, un addetto è passato fra le sedie per raccomandare a chi desiderasse poi farsi autografare la copia, di preparare già la pagina, aggiungendo che si sarebbe alzata una fila per volta, con le persone che avrebbero dovuto attendere il turno in coda.
Due ore di attesa, ed ecco Michael Moore che arriva, facendo i suoi piccoli show.
Saluta, apre il giubbotto per far vedere meglio la maglietta con su scritto "Michigan" che porta sotto, dice qualche battuta ad alta voce sostanzialmente incomprensibile, ma che fanno ridere tutta la sala.
Poi s'è messo a leggere alcune pagine del libro (dannazione! non in ordine di pagina!).
Ok, non dico bugie: a prescindere che parlava spedito come un missile, capivo più o meno una parola su dieci.
Qualcosa in più capivo se riuscivo a trovare il punto che stava leggendo.
Essendo il libro di 427 pagine, avrò i miei esercizi di inglese per i prossimi 20 anni...
Un po' di domande del pubblico (subito ovviamente sull'11 settembre): e su questo Moore ha sostanzialmente ribadito le sue perplessità che espresse già nel suo "Fahrenheit 9/11".
E così via...
Poi, finito tutto, è arrivato il momento degli autografi, immortalato dalla foto che ho messo su Facebook.
Mi presento, e gli dico che sono italiano.
E lui:
"Italiano? Ah ah ah ah ah ahhhhhhhaaaaahhh!!
Italia Berlusconii ah ah ah!"
- No, Michael! I don't like, Berlusconi, Michael!
"Really?"
- Yes, absolute!!
Volevo mettere la mano sinistra sul suo libro e alzare la destra in segno di giuramento, ma non sono stato pronto...
E allora, lui:
"Ok, give me a book: what's your name?"
E così ho un libro con su scritto "To Dario" e la sua firma...
Bene bene...
Si trovano italiani dappertutto, a New York, incredibile.
Due pensionati (uno originario di Avellino e uno di Taranto) sono seduti ad una panchina di fronte alla mia. Fra loro non parlano: praticamente urlano! E' stato impossibile non accorgersi che erano italiani.
Posso non attaccare bottone?
Come sempre, anche loro non li si ferma quasi. Stesso destino: sono venuti qui negli anni '50, dopo la guerra. I loro figli sono qui (nel New Jersey, solita casetta di due piani con prato davanti e dietro, e doppio garage), mentre i loro fratelli sono rimasti in Italia.
Scontata la domanda, e consueta risposta: "Sì, vado al paese, una volta ogni tre, quattro anni. Perché i miei fratelli non sono qui in America? Perché sono testoni! Perché non torno? Perché mi piace la vita moderna e mi piace riposarmi ogni tanto ai Caraibi. E qui con nemmeno 300 dollari (220 €uro) ci posso andare quando voglio".
Stamattina, prima di uscire, ho scoperto che il mio roommate è un lavativo. Vedendo che lui non separava carta da plastica, da vetro eccetera, alla mia domanda lui mi rispose che qui non c'era riciclaggio. La csa mi aveva un po' stupito e questa mattina ho avuto conferma cheavevo ragione.
Al pian terreno, sotto le scale, c'è il vano immondizia, con i diversi bidoni per carta, pastica, vetro, metallo, organico.
Oggi è il giorno della racconta della carta: per strada, stasera, solo i sacchi trasparenti con carta e cartone.
Poi ho passeggiato un po' per le strade qui intorno: è incredibile quanti siano i negozi che vendono (o solo, o anche) prodotti alimentari italiani.
Murray's, since 1940, è uno di questi.
In realtà è soprattutto specializzato in formaggi: "350 tipi diversi da tutto il mondo", dice un cartello.
In vetrina c'è una colonna di forme di Parmigiano Reggiano, "The King of Italian Cheese", si legge sul vetro. E' in offerta a 15,99 dollari a libbra, dunque (fatemi fare calcoli e conversione...) più o meno 24 €uro l'etto. Non sono un consumatore di formaggio, ma mi sa che l'Italia, in questo caso, è più economica.
Davanti a Murray's passa una visita guidata sulla vita del Greenwich Village: la guida si ferma, illustra brevemente la storia del negozio, fa entrare il suo gruppo, per passare ad incassare lei, dopo, immagino.
Di fianco c'è "Faicco's Prork Store", che dal 1900 ha come insegna un maiale. Un'ottima referenza, ritengo.
Entro e mi faccio fare un panino al prosciutto. Ce ne sono di tutti i tipi, e c'è anche il nostro Rovagnati.
Immaginando quanto si possano "allargare" in questo caso gli americani, cerco di catechizzare per bene la signorina che c'è dietro al bancone.
"No cheese, please..."
"No cheese???"
"No, please!"
"Ok, tomatos?"
"No!"
"Butter or mayo?"
"Non butter and no mayonnaise, no no!"
"Shure???", "Sicuro??" (Aveva lo sguardo sempre più incredulo...)
"Mushroom?"
(E che c'entrano i funghi? E' mica 'na pizza!?!!?) "No no!"
Al che specifico: "Plain!", "Semplice, scondito, nudo".
"Allora deve pagare di meno!", mi dice la commessa, che va subito dal capo per capire come comportarsi di fronte a questa situazione davvero insolita.
Mi hanno fatto lo sconto di 50 centesimi (ho pagato dunque 3 dollari e 99, 2 €uro e 92) per un toast che era alto (vi giuro, non esagero!) tre dita.
Alla quarta fetta di prosciutto che tagliava, rassegnato ho smesso di contare.
So solo che il prosciutto era talmente tanto che ancora ora, che è notte, sento un grugnito di maiale nel mio stomaco...
Poco più avanti trovo la macelleria "Onofrio Ottomanelli & son Meat Market", presente al Greenwich Village di New York da 111 anni.
Entro per dare un'occhiata alla carne e ai prezzi: specifico subito che sono italiano, che volevo solo curiosare, ecc. ecc. Nicòlo (con la "o" e senza accento!) Ottomanelli allora esce dal bancone e mi porge la mano.
E' la quinta generazione a New York. Sa anche parlare italiano: anzi, proprio in quel momento partecipa ad una buffa diatriba fra un cliente di origine pugliese e uno di origine siciliana...
Qui, da Ottomanelli, si trova anche la "Prime", la carne classificata come "migliore" dai controllori del ministero dell'Agricoltura. E i prezzi sono adeguati.
La Porterhouse (bisteccazza con l'osso, dimensioni colossali) costa 16,99$ a libbra, dunque 25 €uro al chilo.
Il Filet Mignon 18, 99$ a libbra, poco meno di 28 € al chilo.
Il Pork tenderloin (filetto di maiale) viene 5,99, dunque 8,8€ al chilo.
Il Roast Beef, 6 €uro al chilo.
Poi basta passare davanti ad un ristorante italiano e dare una occhiata al menu (sento che abboccherò molto presto), per venire subito adescati dal "buttadentro".
Napoletano, 32 anni, aspirante clandestino.
Guadagna più o meno 1300$ la settimana di mance, cioè 5.200$ al mese. Che fanno 3816 €uro al mese.
Ma sta finendo il suo terzo mese a New York, dunque deve tornare in Italia.
Oppure diventare clandestino.
"Io non ci torno", mi dice.
Sta cercando una "moglie" americana che non gli chieda troppi soldi per sposarlo (e passargli la cttadinanza). Altrimenti, dice, "sto qui come clandestino fin quando le cose, magari, si sistemano".
Analogo problema (Esta in scadenza) ce l'ha una ragazza di una panetteria che espone cantucci artigianali fatti dal forno "a vista": "Sto cercando la soluzione. Io non torno".
Ma è fidanzata con lui che è qui, dunque niente matrimonio "finto". Nell'aria, radio Subasio, diffonde "Ti amo" di Umberto Tozzi...
Passo davanti ad un fast food davvero particolare: "Energy Kitchen go heatly" "Nothing over 500 calories!".
Dentro, nessuno. Nemmeno il "Bison Burger" (carne, insalata, una fetta di formaggio, due di pomodoro, 398 calorie) attira qualcuno.
Mentre tre ragazzi della New York Academy of Art fanno delle riprese per strada con la cinepresa (a pellicola), passo davanti alla Scuola "NostraSignora di Pompei", gestita dal 1930 da suore cattoliche italiane.
Dal 1987 fa corsi di italiano: 32 ore 405 $, 297 €uro, ma c'è anche il corso di ripasso di sole 14 ore, 260 $, 190 €uro.
Passo davanti al minuscolo Wiston Churchill Square Park (alberi, cespugli e quattro o cinque panchine) ma all'ingresso un cartello avvisa che la scorsa notte sono stati sparsi pesticidi per piante. "Ingresso vietato per 72 ore a bambini e cani".
La giornata è finita con Michael Moore.
E proprio nei giardini di Union Sq. sento una specie di comizio.
E' un "free speech" (mi pare si chiami così).
Un gruppo di matti simpatici, tre volte la settimana porta qui un microfono, un'asta, due casse e un amplificatore.
Chiunque può dire quello che vuole su un argomento libero, per un tempo illimitato. E, incredibile, c'è chi ascolta. Penso che possa anche essere terapeutico, in fondo.
Nel momento in cui arrivo c'è un giovane che parla di Dio, diavolo, peccati e conversione. Ma tutti, devo dire, lo ascoltano.
Poi arriva un tizio - nemmeno tanto giovane... - che si piazza davanti al microfono parla per qualche istante e po, improvvisamente, fa la dichiarazione d'amore ad una ragazza che è con lui.
Lei gli va incontro, si attorciglia praticamente a lui (e all'asta) e lo bacia.
Devo ammettere che qui l'applauso finale è stato decisamente maggiore...
Commenti
RispondiElimina#1 10:05, 15 settembre, 2011
iniziare la mia giornata con una nuova puntata della mia sit-com preferita è una bella spinta in avanti.
grazie.
buon risveglio (tra qualche ora, ovviamente)
Penelope
ps. ah.. dimenticavo..
non hai mai pensato di infilare il tuo amatissimo mac dentro uno di quei gusci di neoprene?
sono efficacissimi per attutire i colpi e in questo modo puoi continare a portartelo nello zainetto.
ciaociao
utente anonimo (IP: 0dcc6a322d8fab9)