Fra le mani, senza quasi io me ne accorgessi.
Pioveva "che dio la mandava", c'era vento, avevo quasi attraversato la strada, accanto a me passavano veloci decine di persone, quando ad un certo punto ho sentito, chiaramente, che se ne stava andando.
E' successo alla prima folata di vento "decisa": prima il rumore sinistro di uno strappo, poi un altro rumore vagamente metallico.
Non ho fatto in tempo a pensare "mi sta lasciando, cazzo!" che mi sono trovato in mezzo a Bleecker st, con in mano praticamente solo il manico, dell'ombrello, e il braccio (appunto) nella di cui sopra posizione.
Sono rimasto sotto la pioggia interdetto qualche secondo. E la scena non è sfuggita a due impertinenti giovani che si sono messe a ridere (maleducate...) come delle matte.
Un altro che stava passando aveva un'espressone metà fra il divertito e l'altra metà fra chi pensa "ma che cazzo pretendevi da un ombrello che hai pagato 3€uro e mezzo?"
Che poi lo sapevo, visto che non più di 24 ore prima l'avevo definito, fra me e me, "incauto acquisto".
Mantenendo un contegno molto "english" (e smoccolando sottovoce...) mi sono dunque diretto verso uno dei due supermercati vicini a casa, a due isolati (entrambi aperti giorno e notte, ma questo non c'entra).
Gli ombrelli, data la giornata, erano in bella vista.
Scartando quelli piccoli ("mi avete fregato già una volta, maledetti!") ho optato per uno di misura "media", anche se è in grado di proteggere da Giove pluvio un'intera famiglia italiana (Ve n'era un altro ma era davvero enorme, poco meno degli ombrelloni da spiaggia...).
La tela è un po' vistosa, effettivamente: grandi spicchi gialli e neri, praticamente in grado di essere avvistato anche dai più scalcagnati satelliti dell'ex Unione Sovietica.
L'ombrello è dotato anche di comodi "sfiatatoi" per il vento, dimodoché improvvise folate non possano trasformarmi in una "Mary Poppins" che vola sui tetti di New York.
20 dollari e 99 cent (15 €uro e 5 cent).
Con il nuovo ombrello in mano (che temo di dover lasciare nel sacro suolo americano, viste le dimensioni da giavellotto: è talmente lungo che non sta - nemmeno di traverso - dentro la valigia), mi sono diretto ancora nella sede dell'Acim-Acli che è vicinissima alla casa dove alloggio: dovevo anticipare alla fata degli italiani di New York il caso di una persona che si trova nel bel mezzo di un casino con un conto ospedaliero da pagare, di cui vi racconterò più avanti, se potrò.
E proprio mentre stavo uscendo, un signore piuttosto anziano ma decisamente ben messo, si è fermato per farmi passare. "Prego", mi ha detto in italiano
Ho sorriso, e ho riconosciuto immediatamente l'accento.
"Lei è di Torino, vero?" gli ho detto mentre gli ho ceduto il passo.
E lui: "Oh basta là! Si seeeentee?". :-)
Piero avrà una settantina d'anni. E' nato negli Stati Uniti da emigranti torinesi (anche i torinesi emigravano!). Suo padre ("l'era propri 'n bon om ma un peu faseul", mi dice; "era proprio una brava persona, ma era un po' ingenuo") con un tempismo davvero piemontese, decise di ritornare in Italia quando nel '39 capì che le cose per gli italiani in America non si stavano mettendo molto bene.
Così non appena ritornato a Torino, nel giro di pochi mesi lui, bambino, e la sua famiglia si trovarono ad essere internati a Carmagnola, in quanto, appunto "americani".
Finita la guerra, la prima cosa che fece il padre del sig. Piero fu quella di cercare i soldi per tornare negli Usa, dove dunque il nostro Piero è cresciuto.
"Ho fatto per tutta la vita l'operaio nella compagnia dei telefoni di New York", mi racconta come un fiume in piena.
Da buon torinese si lamenta. Non gli va proprio giù che quelli della "Famija Piemunteisa" non organizzino quasi mai niente, a New York. "Sun propri del buja nen" ("Sono proprio dei fancazzisti", si direbbe oggi a Roma). "Qui quelli della 'bassa' Ij sun semper lì a balè, a disnè, e alura vadu bele mi ansem lor" ("Qui quelli delle associzioni del meridione sono sempre lì a ballare, a mangiare, e allora vado anche io con loro").
Sorrido... Facevo una certa fatica a capirlo: saranno vent'anni che non sentivo più parlare piemontese spedito.
Mi racconta che ha 3 figli, e che è nonno: due suoi figli sono avvocati, uno abita a San Antonio, in Texas, a 1850 miglia da New York, praticamente 3000 chilometri.
Poi mi chiede cosa faccio, come mai sono qui e, ovviamente mi chiede (la stavo aspettando quella domanda, la fanno praticamente tutti gli americani con i quali si chiacchiera anche casualmente) "E lei perché non viene qui?".
Sorrido e ci salutiamo con lui che si solleva il cappello leggermente dalla testa e mi dice "Arr'vzze!".
"Arriverderci".
Con quell'"arrivederci" che mi ronza nel cervello vado verso nord, verso i grattacieli di Manhattan. Dovrei avere un appuntamento.
Uscito dalla metropolitana pioveva da tutte le parti: a New York la pioggia incomprensibilmente non rispetta nemmeno la legge di gravità.
Ora, per fortuna, molti atrii di palazzi sono adibiti a "spazi pubblici" dove chiunque si può fermare e sedere ai tavolini appositamente messi all'uopo.
La Bank Of America Tower è recentissima. Arrivato a casa mi sono documentato e ho scoperto che è il più ecologico building di New York.
Piazzato sulla Sisx Ave, ha 55 piani ed è una meraviglia di teconologia ecologica: vetri isolanti e assorbenti restituiscono l'energia al palazzo, una delle due guglie del grattacielo ha una turbina che sfrutta il vento e produce energia sufficiente quasi all'intero edificio, all'interno del quale vanno su e giù 51 ascensori.
Gran parte dell'atrio al pian terreno, dunque, è adibito a "spazio pubblico", come potete vedere dalla foto (sempre che io riesca a metterla).
Dentro una cinquantina di tavolini con sedie.
C'era chi mangiava quel si era comprato nelle vicinanze, chi si leggeva il giornale, chi un libro, chi scriveva, chi giocava a scacchi, chi si collega ad internet grazie al Wi-Fi ovviamente gratuito, chi semplicemente chiacchierava.
Attorno ai tavoli (e dentro la struttura di vetro) una foresta di piante.
Casovuole che proprio vicino a dove avevo trovato una sedia libera, ci fosse un altro gruppo "meet up" di amanti della lingua italiana.
E' stato molto più interessante ascoltare, questa volta, che intervenire.
Il gruppo era formato da sette o otto persone tutte americane, tranne un tizio con i capelli grigi e la coda di cavallo "arrivato qui negli anni '70", ha detto; (e rimasto così da allora, ho pensato...).
Presentavano la loro attività all'ultima venuta, una tizia sulla trentina albanese: "Parliamo in italiano di tutto, soprattutto di filosofia ("santi numi!", ho pensato...) - ha detto uno -, ma oggi, per esempio, abbiamo chiacchierato anche di cucina, ricette, di olio d'oliva e formaggi".
Parlando del più e del meno l'ultima arrivata dice incautamente, e con un coraggioso italiano incerto, di aver fatto uno strano sogno, ieri notte, ma che non sapeva se poterlo raccontare perché forse un po' scabroso.
Capirete che a quel punto le mie orecchie sono diventate pachidermiche, quando proprio in quell'istante mi è suonato il telefono che mi comunicava che l'appuntamento era saltato.
Non so come e perché, insomma, la nostra (nel sogno) si trovasse a nuotare nuda nell'East River (la parte d'acqua che è a destra dell'isola di Manhattan) dopo essersi tuffata da Roosvelt Island, una incantevole isola fra Manhattan e Brooklyn e che ha una vista "laterale" dei grattacieli davvero unica.
Sopra di lei passava, raccontava, "come si diecee: quella cosa che passa in altou"...
L'isola, infatti, si può raggiungere o attraverso la metro o in funivia (che non ho mai preso, ma conto di fare molto presto, perché pare ci sia una vista dall'alto bellissima).
Insomma, la parola "funivia" non veniva a nessuno, nemmeno all'italiano con la coda di cavallo il cui argomento preferito erano, invece, gli Ufo e la loro esistenza fra noi.
E allora ecco che era partito il gioco "scopri la parola". Con una fatica encomiabile, ognuno sfogliava mentalmente il proprio vocabolario: "Oouuu, si diecie flight machine?" e un altro: "vagone volantei? dici?",; e un'altra "tram?", "tram volantei?". Infine una disse, "Non si dicei forsei goundola?".
Meno male che ero girato, perché alla parola "gondola" non riuscii davvero a trattenere una sonora risata...
Lasciai l'allegra compagnia di amanti dell'Italia (ma quanti ce ne sono a New York...) quando quello con la coda di cavallo disse, a proposito degli Ufo, che "lo scettico rinuncia a sapere e resta in uno stato di limbo psicologico..."
Per me era troppo: me ne andai quando uno spiegava ad un altro la differenza fra "sciatica" e "scettico"...
Fuori, infuriava vento e pioggia ad intermittenza.
Una sirena ululava sempre più vicina per passare attraverso il traffico: il mezzo della squadra 18 dei Vigili del fuoco aveva tutte le luci in dotazioni accese, tutte le luci immaginabili. Sembrano una discoteca ambulante, 'sti bisonti che passano, con chi guida che attiva di continuo anche un clacson che produce un livello di decibel pari alle sette trombe dell'Apocalisse suonate insieme.
Devo stampare dei file che ho nella chiavetta: cerco un negozio che possa farlo e ne trovo uno proprio lungo la mia strada, mentre torno a dirigermi verso la parte sud di Manhattan, verso casa mia. E' una copisteria: la stampa mi costa 10 centesimi di dollaro l'una in bianco/nero e 75 centesimi di dollaro l'una quelle a colori. Che vogliono dire, rispettivamente, 7 centesimi, e 53 centesimi di €uro l'una.
Mentre cammino uno mi dice "Nice snickers!" ("Belle le tue scarpe!"), e siccome non mi sembrava fosse messo molto bene in arnese, per un istante ho temuto che la sua frase successiva sarebbe stata "Give me that!" ("Dammele!") detta, questa volta, con aria tutt'altro che sorridente...
Ho deciso dunque di sperimentare il complimento per vedere l'effetto, e devo dire che una signorina con le galosce di gomma rosa con paperelle mi ha restituito un bel "Tankyou" sorridente (Non è fare il "piacione": era un esperimento socio-antropologico!)
Mi faccio tutta la Quinta e su una cassetta della posta vedo che qualcuno - chissà perché - ha lasciato due "snowglobs", quelle palle di vetro con la neve dentro che si muove agitandola.
Nuovissime, con ancora l'etichetta adesiva del prezzo ($17,99, €12,95), erano abbastanza orride, devo dire. Nonostante ciò ho ingaggiato una sfida con un altro che le aveva viste nello stesso istante (erano due e ce ne siamo pacificamente prese una a testa).
Dentro alla palla, una mela arancione (arancione???) con da una parte la classica scritta "I ❤ Ny" e dall'altra un breve "skyline" multicolore, che si replicava più completo, alla base.
Made in China, manco a dirlo...
Arrivo verso il Flatiron (ora che ho imparato a mettere le foto vediamo se riesco a rifarlo, ma prima memorizzo...), famoso grattacielo costruito nel 1902 a forma, appunto, di "ferro da stiro".
Anche qui l'amministrazione ha piazzato, proprio dal punto in cui è stata fatta la foto, tavolini e sedie.
Dunque faccio una sosta "alla Cynar" (vi ricordate la pubblicità di Calindri che si beveva un Cynar seduto placido ad un tavolino in mezzo al traffico - "Contro il logorio della vita moderna"...?) dopo aver incontrato il figlio di uno dei soci di Eataly, gemello di quello torinese e di quello che sorgerà presto a Roma alla stazione Ostiense.
Dire che dentro c'erano un migliaio di persone non è una esagerazione. Mi ha fatto sorridere la coda degli americani per assaggiare la "specialità del giorno": un panino con la mortadella. 3 dollari, 2 €uro e 15. Ma si tratta pur sempre di autentica mortadella emiliana (mi sta venendo l'acquolina in bocca, porca miseria...) che ha sorvolato l'oceano!
Chiacchieriamo un po' sorseggiando un espresso (Caffè Vergnano, Chieri, Turin!). Mi racconta che è da un anno a New York ma che se ne andrà presto per aprire un altro Eataly da qualche altra parte nel mondo
Il suo sogno è un altro...
Passo davanti ad una palestra che regala, a chi è nato nel settembre 1974, stesso mese della nascita della palestra, un mese di prova.
Vicino c'è un negozio che vende magliette: oltre alle classiche ce n'è una che dice "I ♥ ASL", ma dubito che sia un innamorato del nostro sistema sanitario nazionale (anche se in confronto al loro non dobbiamo proprio lametarci, ma ne parlerò più avanti).
Scopro che l'Asl è l'equivalente del nostro "Lis, Linguaggio Italiano dei Segni" (anche se i segni, incomprensibilmente sono differenti!): "Asl" significa, infatti, "American Sign Language".
Quanto sono ignorante.
Arrivo a casa, apro il frigo per farmi il latte della buona notte e vedo che il mio "roomate" ha comprato la sua scorta di uova: sei (biologiche) 1,99$ (€1,42).
Mi metto a scrivere e combino il disastro.
Meglio che vada a letto, và...
Commenti
RispondiElimina#2 08:42, 10 settembre, 2011
P.S. Visto che dato che sei lì conviene approffitare e imparare un po' l'inglese.... roomate di scrive roommmate......
Come vedi anche a me viene fuori l'anima da rompicoglioni......e non sono a NY:
P.
utente anonimo (IP: 7033c16b0c9f772)
#1 08:39, 10 settembre, 2011
Con l'"aura" che ti ritrovi per un momento ho pensato che il morto ti fosse capitato sul serio......
E la scena delle snowballs.....mi ha fatto sorridere: il tuo occulto "lato barbone" è emerso alla grande :)
D'altronde dove se non a NY uno può essere veramente quello che è?
Take care.
P.
utente anonimo (IP: 7033c16b0c9f772)