PERSONE CHE HANNO LETTO O CURIOSATO

martedì 22 luglio 2014

Su un colloquio di lavoro, l'amarezza e il brindisi di un giovane italiano


"Gentile dottore, lei non si ricorderà di me, ne avrà mandati a casa tanti... 

Si tranquillizzi: non le scrivo per perorare ancora una volta la mia causa, per chiederle di prendere in esame nuovamente la mia candidatura per quel posto nella sua ditta.
No, anzi: ho deciso, infatti, di scriverle questa mail per ringraziarla.

Sì, perché le sto scrivendo dagli Stati Uniti d'America. 
E precisamente dalla scrivania dell'azienda americana che proprio oggi mi ha comunicato l'intenzione di assumermi.


Non solo: la stessa azienda oggi mi ha anche detto di essere disposta contemporaneamente a 'sponsorizzare' la mia richiesta di Green Card, che - come forse lei saprà - è il permesso di lavoro e di residenza permanente negli Stati Uniti.
Quello che dopo cinque anni mi permetterà di diventare cittadino americano, visto che lavorerò, pagherò le tasse e contribuirò a far crescere e rendere ricco questo Paese.


Egregio dottore, ho ripensato tante volte a quei momenti, brevi ma intensi, durante i quali lei e altri responsabili di aziende come la sua, mi avete trattato 'dall'alto in basso', come l'ultimo degli inutili, uno tra i tanti, 
nel corso dei vari colloqui di lavoro che ho avuto in Italia
Quasi io fossi stato un pacco senza valore, da mettere - nella migliore delle ipotesi - ora qua, ora là.
Da questa scrivania - da quando la mia Compagnia americana mi ha comunicato che mi avrebbe assunto e soprattutto che si sarebbe presa carico delle spese per la Green Card - ho pensato a tutte le umiliazioni e alle situazioni ridicole che ho dovuto subire in Italia in questi anni, durante i miei numerosissimi colloqui di lavoro.

Dubito che lei abbia mai pensato a me: come ho appunto scritto all'inizio, ne avrà mandati a casa tanti di giovani come me. 
Ma voglio raccontarle cosa è successo dopo l'incontro che io e lei abbiamo avuto...
Deluso da lei, dai suoi colleghi e dall'Italia, ho deciso di tornare negli Usa dai miei parenti, e nel giro di pochi mesi e un bel po' di colloqui, varie Compagnie mi hanno detto che erano interessate ad assumermi.

E allora sa cosa ho fatto, dottore? 
HO SCELTO IO! 


Già, dottore, pensi: sono stato IO a scegliere la Compagnia migliore, quella che mi proponeva le condizioni migliori, la Società che ha più creduto in me e nella mia professionalità al punto di propormi l'assunzione e di pagarmi le spese per il visto di lavoro (qualche migliaia di dollari, dottore, mica bruscolini!) che mi permetterà di avere la Green Card e di diventare fra qualche anno cittadino americano. 



Ho scelto, dottore, la Compagnia che mi darà (e mi sta già dando, peraltro...) uno stipendio che in Italia non avrei potuto sognare nemmeno dopo quindici anni di anzianità; la Compagnia che ha dimostrato di stimarmi, di volermi valorizzare, di voler investire su di me.


Non immagina nemmeno che risate (educate, però...) io mi sia fatto in questi mesi quando ho ripensato a lei: suvvia, lo sa anche lei che voi, nella migliore delle ipotesi, mi avreste offerto qualche (finta) 'consulenza' e poi qualche contratto a termine: oltretutto pagato una vergogna da qualche agenzia di lavoro interinale. 

I suoi colleghi americani, invece, al momento dell'assunzione, mi hanno chiesto 'per cortesia' (esatto, pensi, 'per cortesia'!) l'impegno a restare nell'azienda almeno tre anni. 
Da non credere davvero!


Dottore, dica la verità: non ci crede neppure lei, vero?


A volte mi chiedo perché lei e il mio Paese non siate riusciti a darmi queste semplici gioie.

La "semplice gioia" di lavorare in cambio della mia professionalità che io avrei messo a disposizione per arricchire lei e la sua azienda.
E la nostra Italia. 
Non riesco davvero a trovare risposta... 


Ma forse è meglio così. 
Le soddisfazioni me le sta dando un altro Paese, quello che mi ha riaccolto a braccia aperte dopo averlo 'tradito' per essere tornato in Italia.

Si ricorda la mia storia, vero? 

Ero stato qui, in America da alcuni parenti per capire se potevo dare una svolta alla mia vita. E qui negli Usa lo avevo trovato, un lavoro. Poi, però, complice la nostalgia, ho voluto dare una nuova possibilità all'Italia. 
Ed ero tornato. E ne avevo fatti, di colloqui. 

E' in quel periodo che ci siamo conosciuti, dottore. 
Dai, se la ricorderà la mia storia, no? 
L'America, l'impiego trovato, la nostalgia e la volontà di voler lavorare per il mio Paese...
Per l'Italia...
Le raccontai la mia storia durante il colloquio, quando lei faceva 'sì' con la testa. Vagamente assente, un po' annoiato.
Ricordo benissimo quei minuti: quasi lei non vedeva l'ora che finisse quel colloquio. 
Non le dico io, dottore...


Ma ora basta con questi discorsi. 
Ora voglio solo brindare.
All'America, e a quest'altra giornata importante che l'America mi ha regalato.

Lo sapevo che avrei fatto bene a ritornare qui.

Ma brindo anche a lei, dottore. 

Perché, in fondo, io la devo ringraziare. 

Penso, infatti, a come sarebbe oggi la mia vita, e a come sarebbe stato il mio futuro, se lei mi avesse assunto.

'Certo, mica subito, giovanotto!', speravo, allora, che lei mi dicesse. 
Magari dopo cinque, sette, dieci o quindici contratti a termine. Ovviamente sottopagati. 
Ero quasi pronto a tutto.
Quasi.

Ah, lo so cosa mi risponderebbe, oggi, dottore: che in Italia c'è crisi, e che mi avrebbe assunto volentieri, se solo lei avesse potuto...
E bla, bla, bla...
Proprio come poi ha assunto uno degli altri candidati.
Certamente più 'bravo' di me, vero?

Le confesso una cosa, dottore: ero pieno di rabbia, delusione, frustrazione, quando dopo settimane di silenzio ho capito che voi non mi avreste mai preso.


Ma lei non sa, dottore, quanto oggi sono invece contento che lei sia stato così poco intuitivo e lungimirante.

In queste ore, mi creda, non smetto di ringraziarla col pensiero.

Con immensa riconoscenza.
Un cordiale saluto dagli Stati Uniti d'America".





P.S.: Io mi sono limitato a raccogliere la testimonianza e a fare alcuni aggiustamenti "stilistici".
Ammetto, però: le prime due righe sono una citazione delle prime righe di "Lettera ad una professoressa" de La Scuola di Barbiana di don Milani.
Le ho messe perché mi sembravano assolutamente "calzanti".
E conosciuta la storia del nostro protagonista mi sono immediatamente venute in mente.

Ne avrà bocciati tanti, di candidati, quell'imprenditore italiano che - come l'Italia - ha regalato all'America un altro giovane, un altro lavoratore, un buon professionista. 

Avanti il prossimo.



© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

16 commenti:

  1. Questa lettera vorrei che la scrivesse mio marito al suo ex datore di lavoro tra un anno. Anche se è un'altra situazione. Ha inziato a lavorare in quell'azienda e a spaccarsi il fondoschiena come operaio quando aveva 20 anni ed è rimasto sempre con loro fino ad aprile quando si è licenziato perchè dovevamo trasferirci qui in Florida. 18 anni senza gratificazioni o incentivi. Un trasferimento obbligato. E quando ha saputo della magnifica occasione capitatagli la frase "mah, spero che le vada bene" quasi una velata iettatura. Non si preoccupi che andrà benissimo, grazie per l'interessamento.

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    1. (Tiè! Pussa via!!)
      :-)

      "La gente che non sa sognare non sopporta chi realizza i propri sogni"
      (Hillary Rodham Clinton)


      d.

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  2. Risposte
    1. Erano mesi che volevo raccontarla! Non ce l'ho più fatta!!

      d.

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    2. Ispirato? Non è la tua? L'ho riconosciuta alle prime righe. Mi emozioni sempre, sai con quanto piacere ti seguo e quanto sono contento di vederti soddisfatto. Poi Dario racconta e trasmette le emozioni in una maniera eccezionale. Grazie a tutti e due.

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    3. Grazie Dario, mi ritrovo molto nel ritratto che mi hai fatto. Quelle cose e' come se le avessi scritte io...prossimamente nuovi aggiornamenti sul mio blog. Lo ho trascurato un po' ultimamente a causa di vari impegni. Stay tuned!

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  3. E quante ce ne sono di storie così... purtroppo!
    Scrivevo poco tempo fa su facebook che l'Italia forma le persone ai massimi livelli e poi le lascia andare in giro per il mondo a portare quelle competenze altrove. Non so quando ci si renderà conto di quanta ricchezza - e intendo sia ricchezza umana sia economica - sia andata persa, sperperata...

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    1. Temo mai, cara Sabina.

      Grazie per essere passata da queste pagine!


      d.

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  4. Cosa ci riducono ad essere, quando non abbiamo un sogno

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  5. cazzuto ha fatto benissimo

    ciao cristian

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  6. complimenti per la scelta e anche per il coraggio..hai fatto benissimo ed è grande il modo di pensare che da una cosa negativa se ne possa trarre una positiva. Volevo solo accennare la mia situazione e magari dario e gli amici di aria fritta sapranno darmi qualche dritta. Sono abiltato all'insegnamento delle discipline pittoriche qui in italia, con il titolo è possibile insegnare nelle scuole americane? nelle scuole italiane in america o cose simili?lo chiedo perchè sono quasi 10 anni che aspetto anche solo una misera supplenza qui in italia.se qualcuno ha qualche dritta vi ringrazio anticipatamente...e un grosso in bocca al lupo a tutti quelli che vogliono svoltare!

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    1. Caro anonimo, cercami su fb.
      Troverai il link cliccando direttamente sul simbolino di Fb qui a destra, in fondo alla colonna sul copyright.
      Ah, quando mi mandi la richiesta di amicizia, palesati e scrivimi anche dicendo che sei tu!
      Ti aspetto!


      d.

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    2. purtroppo o per fortuna non ho fb...però se mi dici che non c'è altro modo per comunicare cercherò di rimediare. intanto grazie mille anche solo per aver cortesemente risposto. un abbraccio e grazie ancora per l ottimismo e la positività che invade il tuo blog.

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    3. Lascia la tua e-mail, e ti scrivo!

      d.

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    4. grazie dario la mia mail è artpop@hotmail.it

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