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lunedì 7 luglio 2014

La promessa di Bill: sanatoria per i clandestini di New York


Bill De Blasio, sindaco di New York, lo aveva promesso e (sembra proprio che) lo farà.
E sarà un piccolo terremoto per gli Stati Uniti. Con epicentro, appunto, la "Grande Mela".
La notizia riguarda quelli che in Italia qualche collega definisce ancora extracomunitari clandestini, tanto per capirci, e che negli Usa sono chiamati semplicemente "illegal", illegali, irregolari.
Ebbene, una legge dello Stato di New York permetterà a questi - almeno agli illegali che lavorano e risiedono nello Stato - di veder riconosciuta la "cittadinanza", e di conseguenza di godere di tutti quei benefici finora riservati soltanto agli immigrati "regolari": prima di tutto quello di essere muniti di documento di identità e di patente di guida americana.

Gli immigrati irregolari devono, in particolare, possedere tre requisiti fondamentali: 
- dimostrare di aver vissuto almeno tre anni nello Stato di New York;
- non avere avuto alcuna noia con la giustizia
- aver pagato regolarmente, in quel periodo, le tasse statali.

So cosa molti di voi ora sbarreranno gli occhi chiedendosi: pagare le tasse? Se si è clandestini?? 
Negli Usa, questa, non è un'eventualità impossibile o senza senso: non è affatto raro, infatti, che un immigrato irregolare - un clandestino, insomma - versi volontariamente le tasse frutto del proprio lavoro "irregolare". 
Perché, proprio nel caso di un'istruttoria per la sua regolarizzazione, il fatto che pur essendo un lavoratore clandestino abbia versato le tasse normalmente, questo può essere ritenuto dal giudice un fattore positivo, un atto di "buona volontà", un contributo volontario alla crescita della Nazione.
E dunque una sincera manifestazione di palese volontà d'integrazione. 

Io stesso, a Miami, ho conosciuto un italiano - da alcuni anni, appunto, irregolare negli Usa - che si comportava esattamente così: era uno dei tanti "clandestini" italiani negli Usa, rimasto dopo la scadenza dell'autorizzazione Esta concessa ai turisti italiani che vanno in America. 
L'ho conosciuto che lavorava in un ristorante e mi disse, appunto, che versava volontariamente la percentuale di tasse dei suoi guadagni prevista dalle leggi americane. 
Nel frattempo, aveva ingaggiato un avvocato specializzato in immigrazione perché seguisse e risolvesse la sua vicenda. Cosa che deve essere avvenuto visto che frattanto ha lasciato Miami e oggi abita in California, e lavora in un ristorante pizzeria che ai bambini serve la pizza a forma di Micky Mouse. (Ma non credo che Walt Disney si stia rivoltando nella tomba. Oddio, forse avrà qualcosina da dire Raffaele Esposito, l'inventore della pizza: ma, suvvia, era il 1889, e poi sarà stato sicuramente spiritoso...).

Dunque l'amico italiano era "irregolare" ma pagava le tasse. 
E, come è noto, le tasse negli Usa sono una cosa seria: e se per chi le evade son dolori (veri...), a chi le paga pur non essendone tenuto - perché illegale, appunto - quell'atto di volontà "gratuito" viene riconosciuto. 
In campagna elettorale, l'allora candidato democratico a sindaco di New York Bill De Blasio aveva annunciato che era sua intenzione proprio regolarizzare la posizione di quelle migliaia di newyorkesi che vivono e lavorano nella città - contribuendo non poco ad arricchirla - pur essendo illegal.
   
"Abbiamo adottato questa decisione dopo aver preso atto che il governo di Washington non intendeva, o non era in grado, di percorrere la strada che avrebbe favorito in tempi brevi un processo di opportunità, equità e dignità per tutti gli immigrati - ha detto Andrew Friedman, direttore esecutivo del Centro per la Democrazia Popolare -. Ma noi non potevamo certo aspettare che Washington si decidesse ad agire. A nostro parare - ha aggiunto - tutti gli Stati americani dovrebbero lavorare per raggiungere una migliore inclusione, che poi vuol significa maggior uguaglianza".
E meno emarginazione.
E meno sottomissione del clandestino alla malavita.

Un primo passo non soltanto storico, ma soprattutto dalla portata numerica enorme, se si pensa che nel solo Stato di New York sarebbero ben 2 milioni e 700 mila le persone che vivono e lavorano - legalmente o illegalmente - senza avere la cittadinanza. 

Non che tutto sia facile: ma negli Usa spesso le grandi riforme partono così. 
Da un singolo Stato.
D'altronde chi l'avrebbe mai detto, infatti, dieci anni fa - quando il solitario Massachusetts varava la prima legge che permetteva i matrimoni fra persone dello stesso sesso - che sarebbero diventati poi quindici gli Stati americani dove persone gay e lesbiche si sarebbero potute sposare legalmente?
Anche in quel caso - così come in quello della legalizzazione delle droghe leggere - tutto iniziò così: da una legge di uno Stato dell'Unione. 
Seguito, poi, da altri quattordici (per ora). 
Con  la legge che è stata poi confermata dalla Corte Suprema.

La prospettiva per i quasi ex clandestini di New York, a quel punto,è assai interessante: potrebbero votare nelle elezioni locali e statali, avrebbero i requisiti per l'assunzione negli uffici statali, potrebbero prendere la patente di guida e usufruire di benefici vari riconosciuti dalla Stato, compreso quello dell'assistenza sanitaria pubblica gratuita garantita dal Medicaid.

Una riforma storica (che oggi è allo studio anche in Illinois, Oregon e Maryland) che poi limiterebbe fortemente la collaborazione con le autorità federali che si occupano di immigrazione. 
Una cosa che in Italia sarebbe inconcepibile.

"Ok, non è detto che sarà un provvedimento di vigore immediato - ha commentato con realismo il senatore democratico Gustavo Rivera, il presentatore della proposta al Senato dello Stato di New York - ma nulla di così coraggioso passa immediatamente".

Intanto, dopo aver annunciato l'iniziativa qualche settimana fa, lunedì scorso Bill De Blasio ha incontrato il Presidente Barack H. Obama per discutere della questione e illustrargli i dettagli e i piani di applicazione della riforma. 
E dalla dichiarazione che il sindaco di New York ha rilasciato al termine del vertice, si evince che Obama non è contrario alla sua iniziativa. D'altronde il Presidente americano lo ha sempre detto, dopo la sua rielezione: il Congresso Usa deve varare una nuova legge sull'immigrazione, che non lasci in balìa della malavita chi non è in regola con le leggi sull'immigrazione. 
E se il Congresso non agisce - ha detto più volte in questi mesi il Presidente Obama -  lo faccio io.
E, infatti, al termine dell'incontro Bill De Blasio ha detto: "Se al Congresso non interessa intervenire su questioni nazionali così cruciali come questa, questioni che hanno un fondamentale impatto sul nostro futuro, il Presidente ha tutto il diritto ad agire in ogni modo possibile".
Come dire che lui, come sindaco di New York, intanto fa la sua parte... 

D'altronde Bill Di Blasio aveva sempre ricordato, in campagna elettorale, la vita di sacrifici che vissero i suoi nonni, emigrati dall'Italia. 
E che la sua vittoria era davvero frutto del "sogno americano".
"Per me, questo è il sogno americano. 
Ho avuto due nonni arrivati qui, dall'Italia e dalla Germania, poverissimi, e io oggi ho la possibilità di diventare sindaco della più grande città degli Stati Uniti, della più grande città del mondo.
Ho un solo pensiero triste: che mio nonno, mia nonna e mia madre oggi non siano qui a vedere...".

A vedere non solo la sua elezione - che ha del miracoloso - ma anche la realizzazione del suo sogno più ambizioso: rendere protagonisti, togliendoli dall'oscurità, migliaia di lavoratori immigrati che vivono e lavorano senza dar nell'occhio.
Anche se un provvedimento di questo tipo fa storcere il naso a coloro che "si sono sudati" la regolarizzazione seguendo la legge. Ma, in fondo, è sempre così...

E intanto, ovviamente, c'è chi fa già i conti.
Se da una parte i detrattori affermano che regolarizzare gli illegal che vivono nello Stato di New York costerà ai contribuenti una cifra colossale - dai 106 ai 173 milioni di dollari in un anno - i sostenitori rispondono che nel conto andranno messi anche i 145 milioni di dollari annui derivanti da nuove attività economiche, ai quali si dovranno aggiungere almeno altri 100 milioni all'anno in versamenti assicurativi.

E si sa: negli Usa, non c'è miglior argomento come quello dei conti che "tornano".



© dario celli. Tutti i diritti sono riservati

5 commenti:

  1. Grrr, dovevo prendere coraggio e fare la clandestina!! :)

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  2. Quindi questa strana nazione che non ha una storia millenaria, non ha ruderi da esibire a testimonianza della sua antica civiltà ma ha soltanto università e centri di ricerca dai quali sono scoccate le scintille che hanno dato modo di fare scoperte, più che in qualsiasi parte del mondo, nel campo della scienza, della medicina e delle tecnologie industriali, questa strana nazione, dicevo, è formata da stati che possono fare leggi adottabili poi dall'intera nazione? Ma può essere che, a causa del nostro legame con il passato millenario, questo ci freni per fare un passo verso il futuro?

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    1. Caro Elio, sono due giorni che penso alla risposta da darti.
      Gira e rigira la definizione perfetta sull'argomento la diede Aldous Huxley, scrittore inglese che negli anni ’30 visse in California.
      Nelle sue “Impressioni di viaggio”, Huxley notava che per un turista americano il maggior fascino di un viaggio in Europa consiste forse in quella specie di stordimento che sente di fronte alla grande concentrazione di Storia che c’è nel Vecchio Continente rispetto alle sue, tutto sommato, piccole dimensioni geografiche.
      Un europeo, invece, “sentendo su di sé il peso oppressivo di un indiscutibilmente splendido, ma spesso fatale, passato” è come se si sentisse più leggero, più “libero”, in un Paese come l’America “dove la Storia è tanto immensamente esigua, quanto immensamente enormi sono le sue dimensioni geografiche”.

      Trovo che questa sia la definizione perfetta.
      Che ne dici?


      d.

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  3. Sono d'accordo, è perfetta. Penso però che anche i nativi d'America abbiano una storia millenaria ma, a differenza della nostra, forse perchè proiettata verso la natura e il suo rapporto con l'uomo, più impalpabile, meno tracciabile e documentabile.
    Però anche tu.....suvvia......spendere due giorni del tuo tempo......sono onorato, comunque grazie perchè imparo sempre qualcosa leggendoti.
    Grazie della tua amicizia.
    Elio

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    1. Elio, hai ragione, ovviamente.
      La presunzione dell'uomo bianco è stata senza fine.
      E le conseguenze della "conquista del west" gli Usa, in fondo, la stanno pagando ancora ora.

      Grazie a te perché passi di qui, invece!

      d.
      d.

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