La prima volta che mi recai negli Usa (era il 1992) chiesi consiglio all'amico e collega Giulio De Polo (che aveva abitato alcuni anni a New York) e a Gianna Pontecorboli, che conoscevo perché faceva la corrispondente dagli Usa per l'agenzia radiofonica dove lavoravo allora. A lei dissi, in particolare, che eravamo in quattro, avevamo 28 giorni a disposizione e un cambio "lira-dollaro" favorevolissimo. Aggiungendo che avevamo voglia di conoscere finalmente l'America, visto che di Europa ne avevamo basta. (Per non parlar dell’Italia...).
Lei si divertì a elaborarci un viaggio pazzesco, bellissimo, da sogno, con noi che osservammo praticamente alla lettera i suoi consigli e il suo piano.
Che prevedeva arrivo e partenza a/da Ny e in mezzo 13 (tredici!) voli interni.
Arrivammo a Nuova York - come la chiamava Ruggero Orlando - (e già lì, al terzo giorno dovetti confessare a me stesso che degli Usa, prima di allora, forse davvero non avevo capito una cippa...) e poi volammo a Charleston, in South Carolina, poi a New Orleans, poi a Denver, dove finalmente iniziò il nostro viaggio "on the road" per le strade e le cittadine delle Montagne Rocciose, e poi (sempre con il fidato e dettagliato atlante stradale “Road Atlas” aperto) il Colorado, poi il New Mexico, poi la California, e negli anni successivi il Nord Dakota, il Sud Dakota, il Montana, il Wyoming, e lo Utah, e ancora il Nevada, la California con San Diego, il Texas (dove - a Thurber, cittadina che oggi non esiste, più con i mattoni delle case che furono scalpellati uno ad uno per costruire la stazione di Dallas Fort Wort - era nata una vecchia "zia" torinese, amica di mia madre) e poi l'Idaho, l'Oregon, e la Pennsylvania, e lo Stato di New York, e il Massachussetts (o come diavolo si scrive!), e il Vermont e il Maine e la Florida...
Per tutto l'anno stringevamo la cinghia (praticamente niente acquisti, niente cinema, niente cene al ristorante) per mettere da parte l i soldi per il viaggio americano estivo.
E ogni volta, quando eravamo negli Usa, noleggiavamo un'auto e via.
A volte anche "a zonzo", senza una meta precisa. Un paio di volte senza nemmeno prenotare l'albergo della prima notte (sì, lo confesso, nel modulo da compilare in aereo mettevamo il nome di un albergo "a caso" di New York...).
Per strada mangiavamo dove vedevamo tanti camion fermi (ottima referenza anche negli Usa) o compravamo le cose nei reparti gastronomie di Kmart o Wall Mart, fermandoci poi a mangiare dove capitava, lungo la strada.
E dormendo (ovviamente) nei motel che incontravamo, riservando le prenotazioni solo agli alberghi delle città più grandi.
Nei primi viaggi (ancora "ovviamente") da buoni italiani ci beccammo tre multe per eccesso di velocità, mentre alla fine del pranzo per tre volte ci trovammo già pagato il conto da sconosciuti vicini di tavolo con i quali avevo/avevamo attaccato bottone e che sentendoci "parlare strano" ci chiedevano "da dove venissimo": vicini che facevamo sognare quando dicevamo loro di arrivare da Roma e da Torino, Italia, Europa.
Loro rimanevano a bocca aperta, come a bocca aperta rimanemmo noi quando, chiedendo il conto, ci veniva detto che il conto era già stato pagato (senza sapere quanto avremmo speso, tra l'altro!) dagli anonimi tizi vicini di tavolo con i quali avevamo scambiato due parole e che nel frattempo se n'erano andati.
Una volta, pensa, ci siamo fermati lungo una strada per fare una foto del panorama, lasciando l’auto a bordo strada, ovviamente con le frecce d’emergenza accese: e ad un certo punto da un’auto di passaggio una donna ha rallentato e ci ha chiesto “do you need a gaaas??”, “avete bisogno di carburante??”.
E noi, anche quella volta, ringraziando, siamo rimasti a bocca aperta...
In tutti questi viaggi ho incontrato un fotografo che fino a pochi mesi prima faceva il poliziotto, un insegnante di italiano di liceo che ad un certo punto si era licenziato mettendo su un'agenzia immobiliare, un poliziotto che l'anno prima era infermiere, un'impiegata di banca che si era licenziata per fare la capo del reparto vestiti in un grande magazzino e un giornalista che una volta andato in pensione si era re-iscritto all'università.
Insieme, ovviamente, a un vario campionario di giovani (o più o meno tali) "fuggiti dall'Italia": qualcuno vincitore dell'annuale Lotteria Green Card, qualcun altro al seguito della figlia che si era trasferita con il suo innamorato americano, qualcun altro ancora che ha aperto una pizzeria o insieme ad altri italiani una gelateria. E poi due gelaterie e poi tre e poi...
E, sempre (sempre!) ascoltavo, ascoltavo, chiedevo, cercavo di capire.
Perché ci sono sempre mille cose da capire, in America.
E dell'America.
E perché già dal mio primo viaggio avevo capito che c'era una enorme (enormissima, super mega enormissima!) differenza fra il vivere a Manhattan e vivere a Cody, in Wyoming;
fra vivere a San Francisco e a New Orleans;
fra vivere a Newport (Maine) e Taos Pueblo (New Mexico).
E fra vivere in un condominio della 23a st. angolo Broadway di Manhattan e Rochester (che è sempre nello Stato di New York), o fra San Diego (California) e Paterson (New Jersey), dove agli inizi del '900 avevano trovato rifugio decine di anarchici italiani quando furono costretti a fuggire anche dalla Svizzera, dicendo "Addio" alla loro "Lugano bella". (E da dove partì l’anarchico Gaetano Bresci, che dal 1898 si trovava a Paterson per lavorare la seta in una fabbrica, e che due anni dopo ritornò in Italia per uccidere il 29 luglio a Monza Re Umberto I°).
E ogni volta c'era sempre qualcosa che non avevo capito, degli Usa, così come c'era sempre qualcosa da capire.
Prima cosa fra tutte, caro Roberto Saviano - anche se so che non leggerai mai queste righe - che gli Stati Uniti d'America sono un "tantinello più complessi" di quello che crediamo.
Stati Uniti nei quali solo una volta, nei miei numerosi viaggi, mi è capitato di vedere una persona armata. Dalla quale ci siamo istantaneamente e istintivamente allontanati.
Ecco, questo direi a Roberto Saviano, che pur leggo e ascolto sempre con attenzione financo con partecipazione e solidarietà.
Suggerendogli umilmente anche di viaggiarli in lungo e in largo, gli Stati Uniti, visto che è lì e lui può.
E poi (poi...) ne riparleremmo.
E' sempre un piacere leggere i tuoi contenuti. Proprio leggendo le pagine di questo blog ha preso corpo il mio desiderio di andare negli States e alla fine ho conorato il sogno. Certo sono stato solo a New York (con una capatina nel vicino New Jersey) ma ho cercato di godermi l'esperienza non come turista ma come viaggiatore ed è stato un viaggio che mi ha arricchito tanto. Sono certo che ci tornerò e stavolta mi addentrerò nell'interno per conoscere le 1000 sfaccettature della società americana. Un saluto.
RispondiEliminaCaro anonimo lettore,
Eliminai tuoi complimenti mi lusingano.
Ti ringrazio davvero per la tua pazienza; encomiabile, tra l'altro, vista la mia incostanza. Ma ti prometto che cercherò di migliorare e scrivere di più.
Anzi, qualcosa è già in cantiere...
Mi farebbe molto piacere conoscere le tue impressioni del tuo primo viaggio americano, visto che (mi pare d'aver capito) sono fra i responsabili della crescita di questa tua passione.
E quando ti va, fammi sapere almeno il tuo nome!
A presto, allora!
dario
Ciao Dario, mi spiace ma l'altra volta non ho neanche lasciato il nome ma non sono molto avvezzo a lasciare post o a scrivere su blog. Sono Enzo... non è la prima volta che ti lascio un commento trascinato dai tuoi contenuti sempre interessanti. Si, certamente è stato anche merito tuo se alla fine mi sono deciso di visitare gli States; ho preparato il viaggio con cura cercando in rete ogni informazione utile e alla fine ho preso un appartamentino su Roosevelt Island (non mi andava di andare in albergo) e sono andato a zonzo per NY cercando di visitare i luoghi iconici ma anche quelli fuori dai percorsi turistici. Ho camminato tanto !!! NY è certamente affascinante, specie per uno come me che è stato cresciuto a pane e telefilm americani, un concentrato unico del mondo intero ma anche con tante contraddizioni e zone d'ombra. Mi riservo di ritornare negli Stati Uniti per visitare con un viaggio on the road l'interno e scoprire le tante Americhe che ci sono. Ti saluto e ti ringrazio ancora per le tue storie.
RispondiEliminaCaro Enzo, sono io che ringrazio te per essere passato da queste pagine.
EliminaCome ripeto spesso, se sono io fossi un po' meno pigro!
A presto, e ancora grazie!
d.
Great read
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