No, questa volta non scrivo di America.
La storia - un po' natalizia, in effetti... - che mi ha spinto ad uscire dal torpore (ma se un po' mi conoscete avrete capito che sono assai scostante, fin dai tempi della scuola - discorso che è meglio che lasciamo perdere, ma che mi pesa ancora evidentemente, se son qui 5 decenni dopo ancora a parlarne, dannazione! - ) la storia che ho deciso di raccontare, dicevo, non ha niente a che fare con l'America.
C'entra, invece, con un desiderio.
Ma trovo, ma non so bene perché (ci devo riflettere su...) che questa storia sia "un po' americana": forse perché, appunto, ha a che fare con un desiderio, con un sogno. E trovo che l'America molto abbia a che fare con "desideri e sogni", in fondo...
Oggi vi racconto dell'ultimo desiderio di Manola.
Manola è la nostra amica di oggi, e anche se ha 70 anni - è infatti nata nel 1952 - non se li porta molto bene, anzi.
E' degente in una Residenza Sanitaria per Anziani di un piccolo centro ad una ventina di chilometri da Firenze, ha mille acciacchi, e il mondo lo vede ormai quasi solo da una sedia a rotelle.
Ma così almeno non inciampa e non cade.
E ci mancherebbe solo quello, visto che ormai respira anche con difficoltà, tanto da essere costretta a portare sempre gli "occhialini", come viene chiamata in gergo medico quella cannuccia che si regge sulle orecchie, che si pinza all'attaccatura del naso e che soffia dentro le narici il provvidenziale ossigeno di una piccola bombola vicina.
Alla quale deve quasi sempre restare attaccata.
Insomma, la nostra Manola respira poco e male, e dunque riesce a parlare pochissimo e malissimo: gesticola e risparmia il fiato per riservarlo alle cose importanti.
Quelle necessarie a vivere.
O per raccontare i propri sogni.
Perché Manola ultimamente aveva sempre lo stesso desiderio, lo stesso sogno da realizzare: forse il suo ultimo sogno. Se può esistere un "ultimo sogno" nella vita di un essere umano...
Il sogno di Manola era vedere il mare.
Porca miseria: mi è venuto in mente ora - proprio adesso mentre (vi) sto scrivendo - che è un desiderio che spesso ho anche io: e infatti non raramente mi capita di prendere l'auto e andare fino a Fregene o a Ostia (che sono solo ad una quarantina di chilometri da casa, in fondo...) proprio semplicemente "per vedere il mare".
(Ecco - cavoli! - che improvvisamente ho capito perché la storia di Manola ha soffiato oggi sul mio cuore svegliandomi dal torpore creativo che mi attanaglia da tempo: mi deve aver inconsciamente portato alla mente quando a Torino, da ragazzino, andavo a "vedere i treni" alla stazione di Porta Susa, non lontana da casa mia: con i carabinieri che una volta mi fermarono chiedendomi che ci facevo lì - avevo l'eskimo, gli occhialetti che mio nonno portava nel 1920 e che porto ancora oggi, e i capelli a cespuglio, dunque dall'aspetto pericolosissimo, come da foto qui sotto - e con io che, forse un po' strafottente, ho risposto loro "Guardo i treni passare... Perché è forse proibito?".
Con i due militari che, capendo immediatamente di avere a che fare con un gigantesco giovane rompicoglioni, si limitarono a dirmi "No, non è vietato: ma vedi di non finire per sbaglio sui binari mentre passa un treno, ché poi sono grane per noi...").
Vabbè, smetto di di/vagare...
Torno a Tavernelle Val di Pesa, Firenze, da Manola e dal suo desiderio.
L'ultimo suo desiderio.
Che è stato esaudito - chissà se forzando un po' qualche regolamento ottuso - da tre angeli:
Sara, Operatrice della Rsa dove Manola vive da tempo;
Sandro, Assistente Sociale;
e dall'avvocatessa Aurora, la sua "amministratrice di sostegno".
Tre angeli, che in anticipo di 26 giorni hanno fatto a Manola il più bel regalo di Natale, quello che lei desiderava tanto:
vedere il mare.
fammi sognare,
e dimmi che non vuoi morire...".
Laddove il mare si fonde con il cielo.
Com'è profondo il mare"...
Con lo sguardo sognante di Manola.
Quanto sarà costata alla collettività questo regalo di Natale a Manola?
Nulla, in fondo.
Ma come lessi da ragazzo, 46 anni fa ormai, su un tavolo della sede di un gruppo della sinistra extraparlamentare che aveva sede in corso San Maurizio 27 a Torino:
in luoghi di poco conto,
facesse cose di poco conto,
la faccia del mondo cambierebbe...".
Allora non lo sapevo (ma secondo me non lo sapeva nemmeno chi l'aveva scritta incidendola con una biro su quel tavolo di legno...), ma era una frase che negli anni '60 scrisse il giornalista cattolico e poeta francese Raoul Follerau.
Vero?
© dario celli. Tutti i diritti sono riservati
Ben tornato! Direi che il ritmo di un post all'anno non è male, tutto sommato. Bellissima storia, quella di Manola. In un'epoca in cui affoghiamo nel mare delle notizie che ci propinano quasi in maniera violenta i social da ogni parte, leggere queste parole è rinfrescante, ti fanno respirare una boccata d'aria fresca. Anche per me il mare ha sempre avuto un posto particolare nel cuore, forse perché sono nato in Sicilia ed ho passato gli anni della gioventù in riva al mare, forse perché ho dato il mio primo bacio in riva al mare, chissà. Ora abito ad un centinaio di chilometri dalla spiaggia più vicina, e la nostalgia si sente eccome.
RispondiElimina"Il primo bacio di Camu": già ci sarebbe il titolo!
Elimina;-)
Le tue parole mi lusingano...
Grazie!
d.
Bentornato! Un post che non mi stupisce in fondo: io che ho mollato tutto, casa e lavoro, per vedere il mare tutti i giorni, non posso che capire questa dolce fanciulla invecchiata e ringraziare i 3 angeli
RispondiEliminaGià...
Eliminad.
Ciao Dario. Beh il problema della costanza non è solo tuo ma comunque è sempre un piacere rileggerti. Una bella storia di straordinaria normalità... eh si perchè sempre più spesso piccoli gesti di umanità (che ci si aspetterrebbe da appartenenti al genere umano) sono diventati straordinari. E' bello pensare che anche Manola, sebbene ad una veneranda età, abbia potuto perdere lo sguardo nell'orizzonte con quel senso di stupore tipico di bambino. Un saluto e buone festività. Enzo.
RispondiEliminaGrazie, Enzo!
EliminaUn grande abbraccio!
d.